Turismo

AGRITURISMO, UN LEGAME CON LA NATURA E IL TERRITORIO

Rispetto al 1985, anno in cui è stata promulgata la legge nazionale sull’agriturismo, molto è stato fatto. Le nuove tendenze, ma anche le esigenze normative dalla tutela del nome a un regime di controlli meno opprimente, spiegate da Carlo Hausmann, coordinatore tecnico di Anagritur

24 gennaio 2004 | T N

Per attività agrituristiche si intendono esclusivamente le attività di ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del codice civile, singoli od associati, e da loro familiari di cui all'art. 230 bis del codice civile, attraverso l'utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarità rispetto alle attività di coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali. Lo svolgimento di attività agrituristiche, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, non costituisce distrazione della destinazione agricola dei fondi e degli edifici interessati. Rientrano fra tali attività:
a) dare stagionalmente ospitalità anche in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;
b) somministrare per la consumazione sul posto pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri ivi compresi quelli a carattere alcolico e superalcolico;
c) organizzare attività ricreative o culturali nell'ambito dell' azienda.
Questa la definizione di agriturismo della legge nazionale 730 del 1985.
È spettato poi alle regioni legiferare ed emettere regolamenti d’attuazione creando così un panorama molto variegato, che rispecchia anche le diversità territoriali delle singole regioni, a cui però è mancato un coordinamento d’intenti che ora crea difformità a volte incomprensibili per il turista rurale.
Diversità che si rivelano anche dall’ultimo studio presentato dalle Associazioni di categoria durante l’Agrietour ad Arezzo nello scorso anno.

Uno sguardo sulle aziende agrituristiche
L’agriturismo coinvolge soprattutto aziende di medio-grandi dimensioni (solo il 20 per cento utilizza una superficie agricola che supera i 50 ettari), la conduzione è familiare, integrata dalla presenza di salariati, 5 volte su 10 è specializzato nella coltivazione di cereali (50,4 per cento) o in coltivazioni permanenti (olivi 59,7 per cento, vigne 39,9 per cento). 7 volte su 10 adotta metodi di produzione a basso impatto ambientale: il 45 per cento del campione pratica la coltivazione biologica (50 per cento al Sud e 48 per cento al Centro) mentre il 27 per cento si affida all’agricoltura integrata. Tra le attività, la trasformazione delle proprie coltivazioni coinvolge il 70 per cento delle aziende (86,5 per cento al Sud), impegnate per il 52,5 per cento nella produzione di olio (77 per cento al Sud e 60 per cento al Centro) per il 41,5 per cento nella produzione di vino e per il 48 per cento nella preparazione di conserve di frutta. Circa il 60 per cento di questi prodotti sono certificati biologici secondo la normativa comunitaria, o si qualificano marchio d’origine comunitario (DOP/IGP) e/o nazionale (DOGT/DOC/IGT). A completare la filiera, la vendita diretta (61,1 per cento) e le degustazioni (37,9 per cento).

Per le ultime tendenze, per commentare le novità normative e fornirci un quadro d’insieme quantomai aggiornato su un settore molto dinamico Teatro naturale ha interpellato il Dott. Carlo Hausmann, coordinatore tecnico dell’Anagritur, che raggruppa le tre associazioni di categoria sull’agriturismo: Terra Nostra, Turismo Verde e Agriturist.

- Il 2003 è stata solo un'annata difficile dovuta a una congiuntura economica sfavorevole oppure c'è aria di una crisi più profonda, strutturale del sistema turistico rurale?
I dati relativi al 2003 non sono omogenei al momento, quindi non possiamo asserire con certezza che è stata un’annata di crisi. Sicuramente il settore ha risentito dell’annata difficile, ma la contrazione delle presenze si è soprattutto concentrata nei territori storici dell’agriturismo, soprattutto alcune province della Toscana, in cui sono venuti meno i turisti stranieri, in particolare statunitensi. I vuoti lasciati dai mancati arrivi di presenze internazionali sono inoltre stati colmati dagli italiani, gli americani torneranno a viaggiare presto, quindi siamo ben lungi dal parlare di crisi profonda e strutturale. La situazione non è allarmante né particolarmente preoccupante.
Tuttavia, siccome il numero delle aziende agrituristiche è andato sempre più crescendo negli ultimi anni, là dove si è andata concentrando la presenza di strutture ricettive, parlo nuovamente della Toscana, si comincia ad avvertire la concorrenza tra le varie imprese, fatto nuovo nel nostro settore.
Certo non siamo più negli anni del boom, ma il settore ha ancora performance decisamente superiori all’offerta turistica classica e questo dato è estremamente confortante.
- Un punto di debolezza è rappresentato dalla scarsa qualificazione professionale anche degli stessi titolari che si improvvisano imprenditori turistici, per arrotondare il reddito agricolo, senza avere in realtà specifiche conoscenze o competenze. Quanto le associazioni avvertono l'esigenza di creare maggiore professionalità?
Sicuramente è necessario dare maggiore professionalità al settore. Le aziende agrituristiche sono all’altezza, il percorso fatto dall’Italia è un modello per gli altri Paesi. Il livello di comfort medio delle imprese italiane è ottimo, superiore rispetto all’offerta dell’extralberghiero e alle volte dell’alberghiero stesso. Per quanto riguarda la capacità di accoglienza degli operatori è necessario, prima di tutto, fare una considerazione. Se l’agriturismo è e deve restare un’attività complementare all’agricoltura, bisogna allora ricordare che gli operatori non sono albergatori o ristoratori, ma agricoltori. Per essere concorrenziali certo è necessaria professionalità ma non una specializzazione esagerata.
Un rilevante punto di debolezza, collegato alla qualificazione degli operatori, è l’estrema frammentazione del settore, le aziende non sono legate da una logica di squadra, non sono un sistema ma una pluralità di imprese su territori molto diversi, come pure è eterogenea la dimensione e la tipologia, sia extra sia interaziendale, in Italia non abbiamo due stanze arredate nello stesso modo. Non è facile operare in maniera professionale con condizioni così difformi e singolari.
Certo le associazioni avvertono l’esigenza di formare e qualificare gli operatori, sia a livello di approccio col mercato turistico-ricettivo, con corsi di 100-120 ore che danno una prima infarinata, sia per percorsi di studio più specialistici, soprattutto sul management delle imprese.
- Cosa consiglierebbe a chi intendesse aprire un agriturismo quest'anno? Su cosa punterebbe? Su quali servizi per l'agriturista?
Possiamo distinguere due casistiche principali.
La prima di una famiglia coltivatrice che intende trasformare la propria azienda. Il primo consiglio è programmare, avendo prima esaminato le risorse disponibili, non solo economiche, ma prima di tutto umane. Le competenze specifiche di ogni singolo componente della famiglia sono basilari. Quindi risulta indispensabile analizzare l’offerta potenziale di prodotti alimentari che la mia azienda può proporre. Terzo punto, a volte ancora più importante dei due precedenti, il territorio, le sue risorse paesaggistiche, culturali, gastronomiche… Dopo aver tratto le somme, posso pianificare e progettare la mia struttura, decidendo su quale mercato puntare.
Bisogna anche tenere presente che le aziende vincenti sono quelle che lavorano per più target, per più mercati, non solo quindi solo per una singola categoria (stranieri, coppie, famiglie…). Essere elastici e duttili premia.
Il secondo caso riguarda le persone estranee al mondo agricolo che intendono investire sul settore, magari anche solo per un’operazione immobiliare. Sono molti, sempre di più negli ultimi anni. Queste persone spesso non hanno una cultura agricola, magari hanno facilità di pubbliche relazioni, ma non hanno idea di quanto sia importante il background agricolo nell’agriturismo. Prima di progettare le stanze o la sala ristorante, è necessario pianificare le attività agricole e diventare, prima di tutto, agricoltori.
Un’azienda agrituristica moderna ormai combina servizi esterni con quelli interni. Massimizzare le proprie risorse interne ma volgere lo sguardo all’esterno, cogliendo le necessità del pubblico e trovando risposta a queste sul territorio. Il maneggio del vicino o l’artigiano fuori dal paese possono costituire servizi interessanti e qualificanti. L’azienda agrituristica si trasforma così in una mini agenzia turistica, collegata a tutto il tessuto economico della propria zona.
- A proposito di regole, ritiene che le nuove norme che dimostrano la principalità dell'attività agricola sull'agrituristica (ore lavoro, investimenti) siano utili o dannose? Perchè?
Parlo a titolo personale. Ritengo che la 730, legge che in Italia ha istituito l’agriturismo sia fatta molto bene. Ha bisogno di essere attualizzata, ma è ancora molto moderna per intuizioni.
Grandissime novità non ci sono. L’articolo 3 del decreto 228 che ha interpretato alcuni principi già definiti dalla 730, ha soprattutto permesso le attività extraziendali, l’attività didattica.
Il parametro più semplice e più corretto, dal punto di vista metodologico, per dimostrare la principalità dell’attività agrituristica è indubbiamente il tempo lavoro. È un parametro elastico che consente anche a aziende in zone svantaggiate, di montagna, di poter fare agriturismo purchè le normative regionali si attivino in tempi rapidi per dare dignità anche al lavoro nei boschi, alla silvicoltura.
Rimane tuttavia una grande esigenza normativa nel nostro settore, come la protezione del nome “agriturismo”. Si parla molto di quanto sia poco agricolo l’agriturismo senza badare a tutte quelle aziende, anche commerciali o completamente svincolate dal mondo rurale, che si fregiano di questa denominazione per entrare in un mercato molto appetibile.
I controlli sono un altro punto dolente. In mancanza di indirizzi precisi tutti gli organismo sono autorizzati a eseguirne sugli agriturismi e si giunge al paradosso che un’azienda può essere sottoposto, nello stesso mese, ad accertamento della Guardia di Finanza, della provincia, del comune, dell’Asl, della Siae e via discorrendo. Un esempio positivo è dato dal Friuli Venezia Giulia che ha istituito un corpo di ispettori delegato al controllo negli agriturismi.
- Quali canali per acquisire clienti? (agenzie, promozione e pubblicità diretta, guide…) Vantaggi e svantaggi.
È una nota dolente per gli imprenditori in quanto il nostro settore è ancora ancorato al passaparola, al rapporto fiduciario tra azienda e cliente.
Funziona molto bene Internet nel nostro settore in quanto salta gli intermediari, agenzie o quant’altro, che assorbono per i loro servizi gran parte del reddito. Al pari tuttavia di altri media, giornali e televisioni, non offre garanzie, non permette realmente al potenziale cliente di sentirsi rassicurato rispetto alle informazioni proposte. Questo soprattutto perché manca una sufficiente standardizzazione del settore, tale da rassicurare l’utente sui prodotti e servizi offerti. Il lavoro di alcune regioni sulla classificazione dei servizi aiuta sicuramente molto, ma siamo all’inizio di un percorso. Ancora questa garanzia, nel settore agrituristico, è data principalmente da un rapporto interpersonale.
Sono utili anche le guide, canale classico, purchè siano serie, come quelle delle associazioni, che mandano sempre un ispettore a controllare i dati e le informazioni pubblicate. Non si può dire altrettanto di tutte le altre 30 guide distribuite oggi in Italia.
- Sempre più vengono pubblicizzati sui media mega agriturismi, relais di gran lusso. Non ritiene che questo possa creare false aspettative nel turista rurale che si aspetta servizi di gran lusso in tutti gli agriturismi?
L’agriturismo italiano è una realtà molto complessa ed eterogenea, si va dall’albergo di lusso a una sorta di ostello della gioventù, pur con tutte queste differenze in Italia si chiama tutto, allo stesso modo, agriturismo. Questa complessità di offerta è certamente una complicazione in quanto si tratta di spiegare al pubblico tutte le difformità e disuguaglianze esistenti.
L’agriturismo ha un appeal molto forte in termini di immagine, tanto è vero che sempre più la pubblicità si appropria di questa immagine di ruralità per poter vendere di tutto, dalle macchine alle merendine. Quindi, al momento, l’attrattiva dell’agriturismo è più forte rispetto al resto dell’offerta turistica.
A fronte di questo mercato molto allettante troviamo anche investimenti estremamente ingenti che trasformano ville di campagna in strutture di ospitalità anche molto raffinate. Di fatto queste sono diventate un segmento di mercato a sé. Esiste, ed è reale, tuttavia il pericolo di omologare l’immagine di agriturismo a questo tipo strutture. Si possono quindi creare delle false aspettative da parte del turista, ma non si risolve il problema abolendo i relais o gli alberghi di campagna. Si può invece risolvere questo problema con una corretta ed approfondita informazione. Questo settore ha bisogno di essere raccontato in modo molto dettagliato, purtroppo nel nostro paese non è mai stata fatta un’opera d’informazione completa e reale, tutto è ricaduto sempre sulle spalle delle singole aziende che hanno creato credibilità attraverso un rapporto diretto.