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TRADIZIONE E ORIGINE. GLI AMERICANI NON SONO COSÌ INDIFFERENTI, ALMENO QUANDO SI TRATTA DI PROTEGGERE LE PROPRIE DENOMINAZIONI

La Corte Suprema della California è in procinto di emettere la sentenza riguardo alla tutela del nome “Napa”. Una menzione geografica difesa da regolamenti e leggi sia nazionali sia federali. L'assoluto e incontrastabile liberalismo economico vale quindi soli per gli altri?

12 giugno 2004 | Alberto Grimelli

Negli Usa il nome "Napa" evoca qualità e tipicità, al pari di Barolo, Chianti, Amarone etc in Italia. Menzioni geografiche che, in sede di WTO (organizzazione mondiale del commercio) proprio gli Usa hanno contestato con i toni più apri e polemici. Il concetto di libero mercato, evocato dai funzionari e politici americani, non consente infatti che esistano condizioni privilegiate per un prodotto, anche se questo si lega indissolubilmente con un luogo o tradizioni consolidate. Proprio nel tentativo di creare un’atmosfera più serena e collaborativa l’Unione europea, qualche mese fa, aveva deciso di cedere sulle menzioni geografiche tradizionali.

La filosofia liberalistica, così largamente e diffusamente condivisa, secondo i governanti americani, viene però a cadere allorchè si scontra con gli interessi di un’intera comunità e di circa duecento viticoltori che hanno dato il via ad un procedimento legale contro la Bronco, una grande azienda vitivinicola che usa tre marchi (Napa Ridge, Napa Creek and Rutherford Vintners) che fanno riferimento alla Napa Valley senza che l’uva provenga da questi evocativi luoghi. Infatti la ditta Bronco possiede 35000 acri vitate nella Central Valley, meno prestigiosa e con un prodotto decisamente meno costoso.

Pochi sanno che negli Usa esistono delle leggi federali, quindi valevoli sull’intero territorio americano, che richiedono che un vino, che utilizzi un nome commerciale con menzione geografica, come il summenzionato Cresta di Napa, sia fatto con almeno 75 percento le uve dalla regione citata.
Un sistema di protezione simile a quello europeo. Anzi, l’impianto normativo del vecchio continente è decisamente più restrittivo e serio in quanto obbliga il vitivinicoltore a rispettare anche un disciplinare di produzione.

In particolare, il punto controverso della disputa fra la Bronco e l’Associazione dei viticoltori di Napa (NVVA), arrivata alla Corte Suprema dello Stato della California, riguarda la possibilità o meno di utilizzare marchi, con riferimenti a una menzione geografica, creati prima del 7 luglio 1986. Il governatore Davis nel 2001 aveva infatti emanato un decreto che aboliva questo particolare comma della legge federale, mettendo, di fatto, fuorilegge i prodotti della suddetta Bronco.
Non viene quindi interessata dal dibattito la liceità di proteggere prodotti tipici a mezzo di una legge, ma semplicemente la possibilità, da parte di un’azienda, di utilizzare marchi creati precedentemente alla promulgazione delle norme a tutela di un uso improprio di nomi geografici di particolare valore commerciale.

Voglio inoltre, in questa sede, evidenziare la linea e le dichiarazioni dell'avvocato dell'Associazione dei viticoltori della Napa Valley, Richard Mendelson. Il legale ha sottolineato come le leggi di Stato siano spesso più restrittive di quelle federali. Infatti, ad esempio, i regolamenti federali richiedono che un vino che utilizzi una “denominazione d’origine” debba essere prodotto con almeno il 75 percento le uve del territorio, mentre la legge di California richiede il 100 percento.
"Un'etichetta di vino – ha detto Mendelson - non dovrebbe usare un nome con riferimento a Napa a meno che le uve non provengano, per l’appunto, da Napa."
Sebbene non ci saremmo certo aspettati di sentire pronunciare queste parole da un libertario americano quanto piuttosto da un retrogrado europeo, ci auguriamo che questa linea di pensiero, evidentemente già condivisa dai viticoltori statunitensi, venga al più presto recepita anche dai loro politici e governanti.
In ultima analisi, la questione dei nomi commerciali della Bronco, ed il riferimento al loro carattere ingannevole per i consumatori, almeno secondo la NVVA, rappresenta una questione di Stato contro la giurisdizione federale riguardo alle etichette di vino. Ma potrebbe anche, se ben sfruttata dai nostri governanti, rappresentare la feritoia con cui minare la credibilità e la ferrea volontà degli Usa nei confronti del sistema europeo di protezione delle denominazione d’origine.