Mondo
Il mondo vitivinicolo fa da spartiacque tra islamismo e cultura occidentale
In Marocco è bagarre per una proposta di legge che vieterebbe qualsiasi forma diretta ed indiretta di pubblicità alle bevande alcoliche, comprendendo anche nuove forme di censura. Ad opporsi tutte le associazioni turistiche
30 giugno 2012 | R. T.
La primavera araba ha portato certamente una nuova consapevolezza di sé da parte delle popolazioni del nord Africa e del vicino oriente ma anche tensioni, alla ricerca di nuovi equilibri tra visioni molto tradizionali, noi le chiameremmo integraliste, e quelle più libertarie in stile occidentale.
Nessuna nazione viene risparmiata da questo nuovo corso, neanche il Marocco, che oggi vede alla guida del governo un esponente del mondo islamico moderato ma che deve fare i conti con un crescente estremismo.
Anche in quest'ottica, dunque, va visto lo strano caso che vi presentiamo che vede per protagonista il mondo vitivinicolo, unito a quello del turismo.
14 deputati del partito PJD, islamista, hanno depositato una proposta di legge che mira a vietare in Marocco qualsiasi forma diretta ed indiretta di pubblicità alle bevande alcoliche, comprendendo anche nuove forme di censura ed il divieto di saloni ed esposizioni contenenti bevande alcoliche.
I proponenti della norma utilizzano come argomenti il controllo dei fenomeni di alcolismo e al contempo il ritorno al tradizionalismo islamico, ivi compreso ai precetti che vietano l'uso di alcol. Il divieto alla pubblicità viene insomma visto come un primo passo, attualmente giustificato come la volontà di non far cadere in tentazione la popolazione, ma che potrebbe inasprirsi da un giorno all'altro.
Sono quindi scesi immediatamente sul piede di guerra i produttori di vino marocchini, associatisi agli operatori turistici. Insieme hanno scritto, al presidente del Parlamento, Karim Ghellab, ai presidenti dei gruppi parlamentari ed al capo del governo, Abdelilah Benkirane.
Nella lettera si richiede un profondo dibattito bipartisan, interpellando professionisti ed esperti per "valutare l'impatto delle misure progettate sull'insieme dei settori che noi rappresentiamo". I firmatari fanno riferimento anche alle promesse di apertura, tolleranza e rispetto delle libertà individuali fatte da Benkirane, affermando che l'apertura di una concertazione sarebbe una pratica della quale "il capo del governo si è fatto promotore durante la campagna elettorale dell'autunno scorso".
Le argomentazioni della "neo-lobby" si basano principalmente sulla difesa della viticoltura e del turismo nazionale, settore che sta già combattendo per far fronte alla crisi economica che colpisce i principali Paesi di provenienza e che, secondo quanto stimato dagli operatori, perderebbe, con una legge del genere, ulteriore attrattività.
Il testo proposto dal PJD, inoltre, "va controsenso rispetto al suo obiettivo dichiarato di interesse pubblico", in quanto non servirebbe a produrre gli effetti desiderati, ma, al contrario, rafforzerebbe il settore informale, poiché gli alcolici "formali" non potranno essere riconosciuti dai consumatori. Il tutto andrebbe contro il rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie. La priorità dovrebbe essere non quella di vietare le pubblicità, ma di implementare dei "veri programmi di sensibilizzazione e di presa in carico dei problemi di sanità legati all'alcolismo". Sarebbero quindi auspicabile una legislazione che rinforzi la protezione sui minori, un miglioramento della sanità pubblica e la lotta contro il contrabbando.
E' una battaglia circoscritta ma dall'elevato valore simbolico. Sarà interessante capire se, almeno su tale tema, si riuscirà a trovare una mediazione tra tradizionalismo islamico e apertura alla cultura occidentale.
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