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"LA FINE DELLE BUONE MANIERE", NUOVO ROMANZO DI FRANCESCA MARCIANO

Il più originale e desueto dei libri ambientati in Afghanistan ha per protagonista una donna che si nutre della vita e comincia a fotografare senza nemmeno pensare a ciò che inquadra: "le donne mi sembravano più indecifrabili ancora degli uomini. Non riuscivo a immaginarle svestite né a letto con i propri mariti"

24 novembre 2007 | Antonella Casilli



Chi ama leggere ha avuto modo di conoscere Francesca Marciano all’uscita di Casa rossa. Ora la ritroviamo in questi giorni in libreria grazie all’uscita di un nuovo interessante libro La fine delle buone maniere edito da Longanesi, come il precedente, e certamente ancor più riuscito.

Ma se per onestà intellettuale mi sento incline a sottolineare ciò, devo anche far presente che La fine delle buone maniere è, nel panorama letterario, il più originale e desueto dei romanzi ambientati in Afghanistan.

Protagoniste non sono le donne del posto i cui sentimenti sono interpretati, analizzati e immaginati da altri che quindi vi trasfondono il loro essere, ma una donna che più occidentale non si può, la fotogiornalista milanese Maria Galante.

Maria, che dopo una forte delusione sentimentale ha abbandonato il fotogiornalismo per riciclarsi come fotografa di cibo, si lascia tentare dall’avventura e con grande gioia del colto padre, professore di lettere in pensione, parte con una giornalista freelance, alla volta di Kabul dopo una breve sosta in un paesino dell’ Hampshire per un corso, "Training in Hostile Enviroment", come dire una cosa pazzesca per imparare a comportarsi in situazioni di potenziale pericolo.
Al posto degli occhi, Maria ha l’obiettivo.

Un obiettivo ammaliato dal paesaggio di una struggente bellezza "trecentosessanta gradi di azzurro e terra, monti e valli, blu e viola digradanti, poi strisce di verde, di giallo e ocra. Ho cominciato a scattare senza nemmeno
pensare a quello che stavo inquadrando".

Questo spazio fisico di riferimento, diviene la cornice imprescindibile dentro la quale tutti i personaggi hanno un senso dove i colori magnifici delle vesti e della natura creano lo stridente contrasto con le donne, "ora che le avevo finalmente davanti, le donne mi sembravano più indecifrabili ancora degli uomini. Non riuscivo a immaginarle svestite né a letto con i propri mariti. Insomma non riuscivo a trovare neanche un segno, un indizio della contemporaneità della mia esistenza e della loro sul pianeta".

Non ha la Marciano rigidi copioni da seguire, dove tutti recitano una loro parte. Semplicemente girando la città strada per strada si può dare appieno il senso della durezza.
Il lettore segue Maria e si accorge che l’obiettivo di Maria si è spostato dalla sua prima direzione prevalentemente professionale per trasformarsi in
esperienza di vita.
E’ straordinaria l’esperienza del lettore alle spalle dell’io narrante, nessuno interpreta il pensiero altrui, è la fotografa che coglie quello che vede e il lettore ha la sensazione che stia vedendo giusto, senza le considerazioni altre nella certezza che è la letteratura a nutrirsi della vita e non viceversa.



Francesca Marciano, La fine delle buone maniere, Longanesi, pp. 293, euro 16,60