Libri
INCHIESTA SULLA CINA RURALE. 900 MILIONI DI CONTADINI VITTIME DI UNA CLASSE DIRIGENTE DISPOTICA E CINICA. IMPOSTE, BALZELLI E VIOLENZE COSTITUISCONO IL SEGNO DI UN'ESTORSIONE SISTEMATICA
Alfonso Pascale ci guida attraverso un percorso drammatico lungo le vie della disuguaglianza. Ci appaiono così le cruente immagini di un paese dove il regime feudale sembra non sia mai stato scardinato. I capi partito agiscono come veri e propri boss mafiosi, con la copertura omertosa di ogni autorità dello Stato, dalla magistratura alla polizia
21 aprile 2007 | Alfonso Pascale
Due giornalisti cinesi, Chen Guidi e Wu Chuntao, hanno visitato per tre anni consecutivi oltre cinquanta villaggi lungo tutta la provincia dello Anhui ed hanno intervistato migliaia di contadini. Al termine del lavoro hanno scritto unâinchiesta sulle disuguaglianze che affliggono 900 milioni di contadini cinesi, il 40 per cento di tutti i contadini del pianeta.
Il reportage ha avuto una risonanza notevole perché ha posto in risalto la dura realtà della Cina rurale; una situazione drammatica che costituisce la principale questione che quel paese deve oggi affrontare e che gli autori hanno riassunto nella formula delle âtre agriâ: il problema dellâagricoltura, il problema delle aree rurali e il problema degli agricoltori.
Il libro ha venduto più di 150 mila copie prima che improvvisamente, nel marzo del 2004, le autorità lo portassero via dagli scaffali delle librerie. Da quel momento è stato possibile trovarlo solo in edizioni pirata lungo le strade. Così, nonostante la censura, sono state vendute in ogni parte della Cina 8 milioni di copie.
Ora il libro è stato tradotto in italiano con il titolo Può la barca affondare lâacqua? che allude ad un motto dellâimperatore Taizong: âLâacqua sostiene la barca; lâacqua può anche affondare la barcaâ. Ebbene, quando parlava dellâacqua, lâimperatore si riferiva ai contadini. Più di mille anni fa, Taizong capiva infatti la loro importanza. Ma oggi i governanti cinesi pensano che la barca possa fare a meno dellâacqua.
Nella Cina di oggi si è allargata la distanza tra ricchi e poveri
âDinanzi alle descrizioni ottimistiche e ammirate del «miracolo cinese» questo libro richiama bruscamente alla realtà â ha scritto nella prefazione Federico Rampini, corrispondente a Pechino de âLa Repubblicaâ e autore di saggi importanti sulla straordinarietà dello sviluppo impetuoso di paesi come la Cina e lâIndia.
Nella Cina di oggi la distanza tra ricchi e poveri è più ampia di quella che si registra negli Stati Uniti di Bush e nella Russia di Putin. Le testimonianze raccolte compongono, infatti, una sorta di lamento corale di un esercito di afflitti e di disperati. E il filo conduttore che lega le sofferenze descritte è lâestorsione sistematica di imposte e balzelli fiscali â spesso pretesi in modo illegale â da parte di una classe dirigente locale dispotica e cinica.
Sembrano le immagini di un paese dove il regime feudale non è mai stato scardinato. Ma non è così: in Cina si è compiuta la rivoluzione comunista allâinsegna dellâegualitarismo; si è dato luogo allâeliminazione fisica dei proprietari terrieri, alla collettivizzazione dellâagricoltura, allâesperienza delle comuni. Ma la sbornia ideologica di egualitarismo maoista ha paradossalmente prodotto un individualismo spietato dai connotati razzisti. Sicché ai mandarini di un tempo sono subentrati i capi locali del partito comunista che in molte regioni povere agiscono come veri e propri boss mafiosi con la copertura omertosa di ogni autorità dello Stato, dalla magistratura alla polizia.
Ancora oggi si chiamano contee le cento Cine in cui è decentrato il potere statale e contro le autorità locali continuano a scoppiare innumerevoli rivolte contadine soffocate sul nascere né più né meno come nel passato. Nel libro si dà conto della vasta rete di attivisti, nata per tutelare i diritti civili nelle campagne, ma questo commovente tessuto di solidarietà non ha nulla a che vedere con un movimento organizzato. Le proteste che si manifestano nelle campagne sono sistematicamente sedate con violenze arbitrarie ed infami ricatti.
Le Chinatown diffuse in ogni parte del mondo ora sorgono in Cina
Fuggendo verso le città i contadini cinesi non trovano affatto un modo per uscire dallo stato di soggezione perché restano privi dei diritti di cui godono i residenti urbani, come lâassistenza sanitaria e la scuola per i figli. In realtà vengono considerati dai ceti medioalti che vivono nelle città come dei nuovi barbari. Stanno sorgendo allâinterno del paese più Chinatown di quelle sparse per il mondo, ma con un tasso di conflittualità tra locali e immigrati pari a quello che si manifestò a San Francisco quando a metà â800 sorsero i primi nuclei del âquartiere cineseâ.
Gli esecrandi episodi di xenofobia contro la comunità cinese a Milano ha giustamente suscitato lâimmediata reazione di forze politiche e sociali e dello stesso ambasciatore della Repubblica popolare. Ma agli atti di teppismo contro i contadini che addensano le periferie delle megalopoli cinesi non reagisce nessuno.
E' urgente: la proprietà della terra ai contadini
La Cina avrebbe bisogno di una vera riforma agraria, che permetta a milioni di contadini di accedere alla proprietà della terra, come base su cui avviare un processo di democratizzazione del paese. Ma purtroppo tra le tante misure ultimamente annunciate dal presidente Hu Jintao e dal premier Wen Jiabao per riconquistare il consenso sociale, ormai dissoltosi nelle aree più arretrate, quella che è finora mancata è proprio la riforma del regime di proprietà terriera nelle campagne. Eâ infatti la collettivizzazione delle terre la causa scatenante della ribellione contadina perché costringe le famiglie agricole a subire le angherie delle autorità locali.
Come per le democrazie occidentali proprietà diffusa della terra e ordinamento democratico sono state due facce della stessa medaglia, così per uno sviluppo equilibrato della Cina la prima misura che potrebbe avviare una stagione di diritti individuali e coniugare finalmente crescita economica e giustizia sociale è la distribuzione della terra ai contadini per farne dei proprietari. Eâ evidente che questa nuova condizione per milioni e milioni di cittadini significherebbe la fine della sudditanza, la nascita di raggruppamenti politici in competizione per il potere e l'avvento della democrazia.
Ma a questo si oppongono in modo virulento i poteri oligarchici che intendono conservare i propri privilegi. E il governo di Pechino allâalternativa tra rimettere in discussione il monopolio del partito unico o consentire che continuino a dilagare la corruzione e la prepotenza si ostina a rifiutare la prima opzione. Non solo. Per impedire che questa alternativa diventi dialettica politica tra forze che potrebbero organizzarsi liberamente si ricorre senza ritegno alla censura. Si impedisce che la gente che vive in città possa essere informata su quanto accade nelle campagne. Ma fortunatamente Chen e Wu hanno deciso di non piegarsi alle minacce e alle persecuzioni e stanno scrivendo il seguito della loro inchiesta.
Chen Guidi, Wu Chuntao, Può la barca affondare lâacqua? Vita dei contadini cinesi, Marsilio Editori, 2007, pagg. 240, euro 15