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CON CAROFIGLIO, UNA VERBALIZZAZIONE INTIMA DELLE EMOZIONI FORTI

Torna alla ribalta l'avvocato Guerrieri, il personaggio simbolo dei gialli del romanziere e magistrato. Il ritmo della storia è quanto di più lontano si possa immaginare dalla tipica lentezza dei tribunali italiani. Il legal thriller di Carofiglio possiede al contrario la capacità di rovesciare la lentezza in vivacità e azione

16 settembre 2006 | Antonella Casilli

Antonella Casilli vista da Filippo Cavaliere de Raho

L’avvocato Guido Guerrieri è tornato!

Non mi sono mai trovata nel Palazzo di Giustizia del capoluogo pugliese, ma se dovessi immaginare il Consigliere Carofiglio in udienza, vedrei uno sguardo acuto che viviseziona non solo le arringhe degli avvocati (ci sono processi in cui sai per certo che il tuo cliente verrà condannato, e lavori solo per limitare i danni…. sai per certo che verrà assolto… lavori solo per far credere al tuo cliente che l’assoluzione dipenda dalla tua straordinaria abilità) ma anche i loro stessi gesti, i comportamenti (mi sistemo la toga sulle spalle… mi aggiusto il nodo della cravatta…. prendo un foglio con i miei appunti. Poi ci ripenso e lo rimetto sul banco….sposto la sedia, giro attorno al banco, fin quando me lo ritrovo alle spalle…).

Questa premessa per rimarcare l’accento su una certezza, l’estrazione culturale e professionale di Carofiglio consente al “suo” avvocato di entrare e uscire dal codice di procedura penale, di aggirarsi nei meandri del Palazzo di giustizia, interagire con i colleghi di difesa, Pm e imputati, come solo chi è veramente addentro nell’ambiente può fare.

Solo con la conoscenza approfondita che Carofiglio magistrato ha del rito processuale italiano può plasmarsi alle esigenze di Carofiglio narratore.

La causa che fa da sfondo a questo racconto prospetta all’ avvocato Guido Guerrieri la difesa di una sua vecchia conoscenza, un picchiatore fascista, noto come Fabio Paolicelli detto Fabio Raybàn (con l’accento sulla seconda sillaba alla barese), per l’abitudine a portare occhiali da sole di quella marca anche di sera, incubo adolescenziale di Guerrieri in eschimo.

Il cliente del nostro, viene accusato del possesso di una ingente dose di droga, rinvenuta sotto l’automobile, a seguito di perquisizione sul traghetto che lo riporta a casa, dopo una vacanza con moglie e figlia, nel Montenegro.

Paolicelli si professa innocente, ma pur di non veder implicate nella vicenda le sue due donne, si addossa la colpa e spera in un patteggiamento.

Le donne di cui dicevamo sono la figlia, “la sola cosa davvero importante della mia vita….la ragione della mia vita”, e la moglie, figlia di giapponesi ed occidentali che intorno a sé diffonde profumo di ambra, con una nota più aspra, ed è talmente bella che guardando Guerrieri gli fa sentire un “brivido di quelli che ti capitano a sedici anni quando la più bella della classe, in un momento di inattesa, stupenda benevolenza, si fermava a parlare con te nei corridoi della scuola”.

Ci sono ragionevoli dubbi che Paolicelli sia stato utilizzato, inconconsapevole corriere, da una banda di trafficanti di droga.

Fanno a questo punto ingresso nella vicenda un giovane avvocato dall’oscuro passato e tal Luca Romanazzi, pecora nera di una famiglia borghese, che fa la spola dall’Italia a Montenegro, presumibilmente per seguire le partite di droga che vengono trasportate.

Dall’istruttoria integrativa, svolta da Guerrieri emergono delle ipotesi verosimilmente in grado di inglobare “in un quadro coerente e persuasivo tutti gli elementi emersi dall’indagine e dal processo”, fornendo una spiegazione alternativa, plausibile alle prove offerte dall’accusa.

Il ritmo della storia è quanto di più lontano si possa immaginare dalla tipica lentezza dei tribunali italiani, è stato infatti detto che il genere del legal thriller di stampo anglosassone non possa adattarsi al rito processuale italiano, non accade ciò con Carofiglio che “possiede la capacità di rovesciare la lentezza in un elemento di vivacità e di azione; di tramutare il pigro senso di giustizia che pervade ambienti e contesti, in una scintilla che accende di passione”.
E che dire, a proposito di passione, di un avvocato e il congiunto di un imputato, o meglio un uomo e una donna, che, pur di analizzare situazioni, rinfrescare ricordi, sono costretti, reprimendo la ribellione della propria coscienza, a incontrarsi percependo in maniera precisa e lancinante che “pochissime volte avevo provato una sensazione di perfetta intimità”.

Salta agli occhi del lettore che il libro è tutto alla prima persona singolare quasi volesse rappresentare un diario, una verbalizzazione intima delle emozioni forti.
Si arriva all’ultima pagina con il ragionevole dubbio che non si è letto un legal thriller, ma un romanzo di passioni.
Si arriva, in fondo, anche con il ragionevole dubbio che non si sia letto niente di tutto ciò, ma che l’autore abbia voluto mettere il lettore a parte dei meccanismi del processo penale, asservendo l’intreccio a questo fine.

Come afferma il suo Pm davanti a una pluralità di spiegazioni, è necessario preferire quella capace di inglobare tutti gli indizi in modo coerente.
La plausibilità, nel nostro caso, significa quale che siano le motivazioni che l’hanno mossa, che ha scritto ancora una volta uno strepitoso intreccio.




Gianrico Carofiglio, Ragionevoli dubbi, Sellerio, pp. 320, euro 12