Italia

I vini Bcm puntano su qualità e carattere

Il resoconto della manifestazione sulle produzioni enoiche ottenute dalla triade Bordolesi, Cabernet, Merlot: sono le caratteristiche del territorio, oltre alla sapienza in vigna e in cantina, a fare la differenza

29 novembre 2008 | Monica Sommacampagna

In un momento di mercato influenzato dalla predilezione per i vini ottenuti da vitigni autoctoni fa piacere notare come manifestazioni del calibro di “Bcm: Bordolesi, Cabernet, Merlot” riportino l’attenzione su un punto focale: indipendentemente dalle mode quello che conta è la qualità e la peculiarità del vino prodotto, il “carattere”. E questo discorso vale per qualsiasi tipologia di prodotto.



Nel caso dei vitigni internazionali, come ben dicevano produttori come Leonardo Frescobaldi, Paolo Marzotto, Enrico Drei Donà, Diego Planeta, Marco Ricasoli Firidolfi o Alessandro François, “sono le caratteristiche del territorio, oltre alla sapienza in vigna e in cantina, a fare la differenza”.

Giunta alla sua terza edizione, la manifestazione, promossa dal Consorzio Vini Vicentini doc Palazzo del Vino, nel tempo è cresciuta arrivando quest’anno a proporre, il 21 e il 22 novembre scorso, oltre 250 etichette bordolesi con un’ampia rappresentanza delle famiglie aristocratiche di tutta Italia. Stuzzicante anche il gemellaggio con i prodotti tipici del territorio vicentino. La cornice è rimasta quella di sempre: la maestosa villa d’ispirazione palladiana “La Favorita” a Sarego (Vi).

Formula particolare per attirare l’attenzione sul genere: tra i produttori sono stati scelti 21 nobili testimonial, rappresentativi dell’èlite di aziende che hanno reso i bordolesi italiani rinomati e apprezzati nel mondo. Attraverso le storie delle loro vite, raccontate nella guida-presentazione, scopriamo come questi protagonisti dell’enologia italiana abbiano ottenuto successo non solo in virtù di alberi genealogici o di tradizioni secolari ma conferendo alla loro attività un’impronta qualitativa distintiva e spesso pionieristica.

Molti hanno rinnovato quasi tutti i vigneti, come hanno testimoniato il Conte Alberto D’Attimis-Maniago o Luigi Malenchini o Michael Goess-Enzenberg o Tomaso Piovene, altri hanno puntato su una maggior selezione dei grappoli o su una diminuzione delle rese per pianta come Alberto di Grésy. C’è chi ha saputo avvalersi dei professionisti giusti, come Aldo Maria Brachetti-Peretti che ha scelto la collaborazione dell’enologo Giacomo Tachis. C’è chi come Lorenzo Borletti è passato da una produzione di vini “leggeri” o sfusi a rossi imbottigliati di maggior spessore. Chi ha favorito anche il turismo come Duccio Corsini o Giulio da Schio o ha diversificato l’attività come Emo Giordano Capodilista. Tutti, comunque, hanno insistito su un concetto: i risultati che a partire da un vitigno internazionale si ottengono in un vino dipendono fortemente dalle caratteristiche pedoclimatiche del territorio. Ogni nobile, inoltre, nel passaggio generazionale dal padre, ha spesso osato. Ruggero de Tarczal stava per chiudere l’azienda quando un enotecario lo ha invece stimolato a insistere nel suo originale percorso qualitativo. Ginevra Venerosi Pesciolini, Maria Josè Fedrigotti e Salvatore Ferragamo si sono tuffati a capofitto nell’attività di famiglia pur provenendo da campi professionali diversi… Luca Sanjust, in precedenza artista, ha addirittura gettato le chiavi dello studio nel lago per intraprendere una scelta appassionante e definitiva…

Le storie da raccontare sarebbero tante e documentano come nulla è così scontato nell’alta aristocrazia e nel vino di eccellenza. Ma la miglior testimonianza che la qualità si fa con i fatti si è vista proprio a Bcm. Nei bicchieri. Il sabato pomeriggio, infatti, una ventina di vini ottenuti da tagli bordolesi, Cabernet, Merlot e Petit verdot si sono fatti conoscere in rappresentanza dell’enologia che conta. E il palato è il miglior giudice di ogni moda. Ciascuno dei venti blasonati comunicava più note distintive, in modo originale e diverso. Si passava dai classici aromi introduttivi di frutta di bosco e confettura a pregevoli note di cioccolato o caramello, caffè, tabacco o liquerizia, a inediti sentori di fungo o carne rossa, a note di cuoio. Sapidità e morbidezza si sono spesso fuse in un armonioso accordo. Ed è stato facile immaginare le molteplici opportunità di abbinamento con cibi di grande carattere, all’altezza di vini di tale lignaggio.
Quale miglior prova – al di là di ogni moda - per misurare il successo di un’etichetta?