Italia

Km zero / 2. Vada pure per il “mercato a impatto zero”, ma senza dimenticare la bottega

Tutto ciò che si sta oggi riproponendo con grande enfasi e squilli di tromba è stato già percorso. Nulla da obbiettare in merito alla vendita diretta, ma non si può accettare la demonizzazione di altri canali di vendita

25 ottobre 2008 | T N

Cosa pensano i produttori in fatto di spesa quotidiana?
Elena Fortesi, dell'azienda vitivinicxola Fortesi, ci segnala e trasmette il pensiero espresso dal suo collega e amico Paolo Massone, titolare dell'azienda vinicola Bellaria di Casteggio.
Quanto espresso da Massone, ci dice Elena Franco, "potrebbe essere interessante e di attualità perché tratta dei mercati a km zero e delle piccole botteghe, di intermediazione e dei suoi costi.
Ospitiamo volentieri tale contributo di idee.
A voi tutti buona lettura.


PAOLO MASSONE: mercato alimentare diretto o indiretto

Mia nonna Maria, mi raccontava che all’inizio del secolo scorso, fino ad abbondante dopo-guerra, allevava fino a 100 “becchi” di pollame e quando gli stessi erano belli grassi li conduceva al mercato (andavano con i loro piedi) per venderli.
Nello stesso periodo un lontano parente di Rivanazzano, coltivava in giardino alcune piante da frutta, quel che esuberava dal consumo familiare lo metteva in vendita al mercato coperto della frutta e verdura di Voghera; penso che questa tipologia di produzione e vendita, anche in modo molto più professionale fosse parecchio diffusa.
Quindi tutto ciò che si sta ora riproponendo con grande enfasi e squilli di tromba, (vendita diretta) è già stato abbondantemente percorso, vedi tuttora per esempio l’approvigionamento dell’olio extra ergine di oliva, in altissima percentuale diretta dal produttore al consumatore.

Vorrei cercare di capire quale sarà la migliore soluzione d’acquisto dei prodotti alimentari più comuni: frutta e verdura in particolare.
Non avrei nulla da obbiettare in merito alla vendita diretta, avrei molto da obbiettare quando si usa la stessa per demonizzare, classificare negativamente un lavoro vecchio come il mondo che si risponde al titolo di: commerciante.

Direi che se esiste un problema, ed in questo caso è evidente: “caroprezzi” andrebbero capite le motivazioni del problema stesso. Se alla bottega della frutta, paghiamo una pesca per esempio, in modo spropositato in confronto ai prezzi di vendita all’origine, cerchiamo qui di seguito di analizzare il perché.

La prima domanda che mi sorge è: quante “bocche sfamo” con l’acquisto della tal pesca? Citiamo le più importanti:

1) proprietario dell’immobile, che nella stragrande maggioranza dei casi non è il titolare stesso del negozio. Se questo che stiamo vivendo non è un momento di grande benessere economico, per contro il mercato immobiliare continua ad avere un trend positivo, i mq. coperti tengono bene il mercato, ed i prezzi degli affitti di conseguenza.

2) le tasse, occupano una parte importante, insieme con le spese di gestione burocratica (commercialisti, consulenti 626), ed altri ancora.

3) manodopera, nel caso la bottega ne avesse bisogno.

4) il commerciante, che con gli investimenti, le responsabilità ed i rischi che si assume vorrebbe guadagnare qualcosa in più del suo dipendente.

In pratica, se il commerciante il mattino all’apertura della bottega parte con costi importanti, portati dalle voci di cui sopra, dovrà per forza rivalersi sul consumatore finale, che nonostante le sue poche possibilità mantiene tutti.

Spannometricamente credo di aver evidenziato i problemi più grandi, su questa base è necessario lavorare, cercando di capire come risolverli, e non evitando “comodamente” l’ostacolo con la vendita diretta, che come ripeto ha anch’essa una sua storia, ma non può sostituirsi completamente alla bottega.
Quindi, bene al “mercato impatto zero” o “mercato kilometri zero”; senza dimenticare la bottega.

Io non ho la risoluzione al problema, ma non è il mio lavoro, io faccio il contadino, mi limito a evidenziare un problema….. ad ognuno il suo.

Paolo Massone