Italia

Racket e usura mettono in ginocchio l'agricoltura

Danni ingenti per le nostre campagne, secondo il rapporto della direzione nazionale antimafia. Il fenomeno si sta allargando anche al centro-nord. Si assiste in alcuni casi alla imposizione della manodopera

02 febbraio 2008 | T N

Il cibo impossibile per gli alti prezzi? La colpa non è certo degli agricoltori. A gonfiare i prezzi è la conseguenza di racket, pizzo e usura per un danno complessivo che si stima essere di 7,5 miliardi di euro, secondo la Coldiretti e di 15 miliardi di euro secondo la Cia, comunque sia si tratta di danni ingenti, di proporzione inaudita.

E' quanto emerge dal rapporto della direzione nazionale antimafia (Dna). Lo denunciano le organizzazioni di categoria agricole, visto che il fenomeno si sta estendendo su una vasta area del Paese e vede il moltiplicarsi di furti di attrezzature e mezzi agricoli, ma anche l'estendersi di fenomeni malavitosi come il racket, l'abigeato, le estorsioni, che si trasformano in diversi casi anche in imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Unione europea e caporalato.

La criminalità controlla ormai la manodopera, soprattutto di immigrati. Non bastassero tali problemi, se ne aggioungono di altri come il fenomeno dello smaltimento illecito dei rifiuti, dell'importazione illegale di alimenti a rischio e al mancato rispetto di norme igienico sanitarie, che oltre ad avere un impatto economico mettono a rischio la salute di tutti i cittadini.

Tra i fenomeni in forte crescita si registrano - come ha evidenziato la Coldiretti - il ritorno dell'abigeato con il furto di circa 100 mila animali da allevamento all'anno, quello dell'usura aggravato dall'andamento sfavorevole del settore in alcune aree, gli atti di vandalismo collegati ad estorsioni, mentre ha raggiunto dimensioni allarmanti anche la sottrazione di trattori e delle altre attrezzature agricole spesso con la "formula" del cavallo di ritorno che prevede di dover pagare per farsi restituire il mezzo. Preoccupano anche - riferiscono alla Coldiretti - le intromissioni nel sistema di distribuzione e
trasporto dei prodotti, soprattutto ortofrutticoli, che danneggiano gli operatori sotto il profilo del corrispettivo pagato agli imprenditori agricoli e aumentano in modo anomalo i prezzi al consumo. Tali comportamenti, specie quando si
registrano nei mercati in cui si concentra molta della produzione nazionale, causano effetti distorsivi su tutto il mercato nazionale; contribuiscono, in conseguenza dell'aumento ingiustificato dei prezzi al consumo che da essi deriva, alla diminuzione dei consumi delle produzioni nazionali e alla
contrazione delle esportazioni. La criminalita' organizzata che opera nelle campagne secondo la direzione antimafia ''incide piu' a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché, a differenza della criminalità urbana, puo' contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e
di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili".

Il presidente della Cia Giuseppe Politi, intanto, lancia pure lui l’allarme: ormai il giro d’affari della malavita che opera nel settore primario è pari ad un terzo del valore della produzione lorda vendibile agricola (45 miliardi di euro). Questo preoccupante fenomeno non si riscontra più soltanto nel Sud, ma si sta allargando anche nelle regioni del Centro e del Nord Italia. In questo caso i numeri differiscono, si parla infatti di un giro d’affari nel settore agricolo per la criminalità che è ormai pari a 15 miliardi di euro l’anno.

Un agricoltore su tre, in particolare, ha subito e subisce gli effetti della criminalità, per un giro d'affari pari a un terzo della produzione lorda vendibile in agricoltura (45 miliardi di euro). Insomma, siamo in presenza di oltre cento reati al giorno. La denuncia è venuta dal presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi nel corso della conferenza stampa d’inizio anno svoltasi oggi a Roma.

Furti di attrezzature e mezzi agricoli, usura, racket, abigeato, estorsioni, il cosiddetto “pizzo”, discariche abusive, macellazioni clandestine, danneggiamento alle colture, aggressioni, truffe nei confronti dell’Unione europea, “caporalato”. L’agricoltura italiana è sempre più terrorizzata dalla criminalità organizzata. Un fenomeno che prima si riscontrava solo al Sud, ma che adesso si sta espandendo in tutta Italia. Molti produttori agricoli sono nelle mani della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta, della sacra corona unita, ma anche preda di una malavita violenta e spregiudicata. E così sono soggetti a pressioni, minacce e a ogni forma di sopruso.

Sono elementi che si riscontrano in diversi dossier, fra i quali quelli della Fondazione Cesar (che dopo il rapporto del 2003, predisposto per conto della Cia, ne sta elaborando uno più aggiornato), della Direzione nazionale antimafia e della Confesercenti “Sos imprese”. Prima erano la Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna le regioni in cui l’attività delle organizzazioni malavitose concentravano la loro azione ai danni dell’agricoltura. Adesso la malavita ha allargato il suo giro d’azione. Altre regioni del Centro e del Nord sono finite nel mirino dei criminali e gli agricoltori ne pagano le spese.

Al primo posto, per numero, fra i reati troviamo i furti di attrezzature e di mezzi agricoli. Il racket è il secondo reato -sempre per numeri di crimini commessi- che si registra. Segue a debita distanza l’abigeato. Reato che si concentra, soprattutto, in alcune zone della Campania (in particolare gli allevamenti di bufale). Anche i furti di prodotti agricoli sono, di poco, meno frequenti dell’abigeato. Ma non si tratta di occasionali furtarelli. Siamo in presenza di massicce sottrazioni del prodotto (spesso direttamente dalla pianta), che prevede una scientifica, organizzata operazione di raccolta.

Tra i reati si segnalano, inoltre, il danneggiamento alle colture e le aggressioni nei confronti delle persone. Reati tipici dell’avvertimento mafioso a chi si dimostra restio a cedere ai ricatti. Più distinti, fenomeni di usura e il pascolo abusivo.

Non meno grave è il fenomeno odioso del “caporalato”, con lo sfruttamento, da parte della criminalità organizzata, soprattutto di extracomunitari, molti dei quali irregolari. Meno frequenti, ma presenti, sono i furti di centraline per l’irrigazione, soprattutto nelle regioni dove c’è il problema cronico della carenza d’acqua. Per le stesse ragioni, si verificano allacciamenti abusivi ed estrazione dell’acqua da pozzi non regolari.

Crescente è anche la minaccia di cedere i raccolti dei prodotti a prezzi “stracciati”. Non vi sono scrupoli che tengano e il coltivatore si trova costretto a scegliere o di accettare l’infame avvertimento o di correre il rischio di vedere compromesso l’intero raccolto e con esso il lavoro di tanti anni, poiché tale è la sorte di chi si vede distruggere il campo.

Vengono riscontrati anche fenomeni come la macellazione clandestina e le discariche abusive, ambedue presenti in tutte le regioni meridionali. Reati che travalicano gli interessi diretti dell’agricoltura, colpendo l’intera collettività e, più precisamente, la qualità dei prodotti e, conseguentemente, la salute pubblica.

Per quanto riguarda le discariche abusive e il traffico illecito dei rifiuti, il fenomeno, sempre più in espansione, si riscontra in quasi tutte le regioni, assumendo dimensioni nazionali e transnazionali.

Come è stato affermato dall’apposita Commissione parlamentare, i rifiuti non si muovono solo dal Nord verso il Mezzogiorno, dove vengono smaltiti in discariche non autorizzate, cave dismesse, sprechi d’acqua o nel sottosuolo di fondi a destinazione agricola. Oggi si registrano anche le rotte che dal Nord-Ovest vanno a Nord-Est, che dal Nord arrivano al Centro e anche quelle che dal Sud portano a Nord, con la nascita di veri e propri cartelli di trafficanti che operano sia a livello regionale che interregionale.

La criminalità impone anche i prezzi per i prodotti agricoli, pesature dei prodotti inferiori a quelle reali, fa estorsioni attuate mediante previo furto di mezzi destinati alla coltivazione, esercita il controllo del mercato fondiario, compie furti di grano, con devastazione dei campi coltivati, commerci illegali e intromissioni nell’acquisto dei prodotti.

Per quanto concerne le singole regioni, in Campania si segnalano agricoltori vittime di incendi, furti, vandalismi e minacce. Sono costretti a pagare riscatti per riavere i propri beni. Molta la presenza di criminalità straniera (nigeriani, marocchini e albanesi) che controlla la manodopera in nero in agricoltura, specie per la raccolta del pomodoro.

In Puglia è interessato tutto il territorio regionale, con zone dove la criminalità si manifesta in modo particolarmente odioso, colpendo non solo i beni degli agricoltori, ma la loro stessa incolumità. Infatti, sono numerose le aggressioni in campagna subite dagli imprenditori e dai lavoratori agricoli.

I furti di mezzi agricoli (16 per cento), l'abigeato (12 per cento), i furti di prodotti agricoli (11 per cento), il racket (9 per cento), sono i principali reati che colpiscono l'attività agricola in Puglia.

Stesso il discorso per la Calabria e la Sicilia, dove la ’ndrangheta” e la mafia controllano in larghissima misura il commercio agricolo e il mercato fondiario. Ma anche in queste regioni gli agricoltori finiscono per subire ogni tipo di angheria che in molti casi -come rileva la stessa Direzione nazionale antimafia- generano omertà.

In Basilicata si hanno reati specialmente in zone economicamente più avvantaggiate, mentre in Sardegna vi è una criminalità evoluta, pericolosa e profondamente radicata nel territorio.

Tuttavia, la criminalità colpisce anche altre regioni. Fenomeni crescenti si registrano in alcune zone del Centro e del Nord Italia, dove diviene sempre più frequente il furto di attrezzature agricole che vengono rivendute o riconsegnate ai proprietari dietro il pagamento di somme di denaro. Soprattutto nel Nord siamo in presenza di bande straniere rumeni o albanesi che si dedicano anche alle rapine di cui gli agricoltori che vivono in zone isolate sono sempre più soggetti.

La criminalità in campagna è autoctona, che può servirsi anche di extracomunitari (per lo più clandestini), ma che adopera per lavori di semplice manovalanza (raccolta, carico e scarico di merce). Non si è in presenza di semplici banditi rurali, ma la loro spietata arroganza, la spregiudicatezza delle azioni confermano che siamo di fronte ad una vera e propria criminalità organizzata, o, comunque, a persone strettamente collegate a forti organizzazioni malavitose che provvedono a trasformare in pingui affari il risultato delle azioni criminose.

Infatti, una parte consistente del ricavato mette in moto una serie di mercati illeciti che hanno bisogno, per essere sostenuti, di un’organizzazione efficiente, disposta a tutto e spesso legata, a sua volta, ad altre organizzazioni per assicurarsi la copertura dell’intero territorio nazionale e anche quello, per alcuni prodotti, internazionale. In alcune regioni si sta espandendo il furto della strumentazione agricola, legato ad un’attività di esportazione del ricavato verso i paesi balcani a fronte, verosimilmente, di partite di droga.

In altre zone, i mezzi agricoli vengono trasformati in pezzi di ricambio che hanno necessariamente bisogno di altri mercati. Per non parlare del bestiame che, sia se dirottato alla macellazione clandestina che verso viaggi che lo portano al di là dell’Adriatico, deve essere “affidato” ad organizzazioni pronte allo smercio.

La gravità della pesante presenza della criminalità nelle campagne è ben presente nell’autorità giudiziaria e di polizia. Sta di fatto che, a suo tempo, è stato istituito, nell’ambito della Direzione nazionale antimafia, uno specifico servizio per combattere l’allarmante fenomeno.

L’istituzione del servizio è importante soprattutto perché, a differenza della criminalità nei centri urbani dove c’è un preciso punto di riferimento che sono le forze dell’ordine, nelle campagne l’agricoltore è spesso solo, disarmato, inerme, per cui, quando gli va bene, non gli rimane che scendere a patti. La paura, l’insicurezza, le preoccupazioni, nel mondo agricolo, hanno un altro sapore. Il bersaglio è bene individuale, non può nascondersi, pararsi. Non si corre il pericolo di coinvolgere estranei nell’oppressione violenta. Solo la capacità imprenditoriale, la fatica, il lavoro sono a rischio. Oggetti di azioni criminali che, molte volte, la cronaca trascura o, peggio, ignora, con un atteggiamento colpevole che non tiene conto quanto esse incidono sulla produttività delle aziende agricole e sullo stesso sistema di vita dei produttori.