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MORTO ENZO BIAGI, UNO DEI PADRI DEL GIORNALISMO ITALIANO

Professionista di grande spessore sia sulla carta stampata sia in televisione. Di sé disse “ero l'uomo sbagliato al posto sbagliato: non sapevo tenere gli equlibri politici, anzi proprio non mi interessavano e non amavo stare al telefono con onorevoli e sottosegretari”

06 novembre 2007 | T N

Enzo Biagi è morto stamani a Milano, dopo il ricovero in ospedale qualche giorno fa.

Nato a Pianaccio, un piccolo paese sull'Appennino bolognese, all'età di nove anni si trasferì a Bologna.

Nel 1940 fu assunto in pianta stabile dal Carlino Sera, versione serale de Il Resto del Carlino, come estensore di notizie, ovvero colui che si occupa di sistemare gli articoli portati in redazione dai reporter. Nel 1942 fu chiamato alle armi ma non partì mai per il fronte a causa di problemi cardiaci che lo accompagneranno per tutta la vita.
Si sposò con Lucia Ghetti, maestra elementare, il 18 dicembre 1943; poco dopo fu costretto a rifugiarsi sulle montagne e qui aderì alla Resistenza combattendo nelle brigate "Giustizia e Libertà" legate al Partito d'Azione. Terminata la guerra, entrò con le truppe alleate a Bologna e fu proprio lui ad annunciare alla radio locale l'avvenuta liberazione.

Direttore del Telegiornale dal 1961, Biagi fece assumere in RAI alcuni grandi giornalisti italiani come Giorgio Bocca e Indro Montanelli.
L’esperienza televisiva durò però poco è ritornò a La Stampa come inviato speciale, scrivendo anche per il Corriere della Sera e per il settimanale L'Europeo.

Nel 1975, pur senza lasciare il Corriere, collaborò con l'amico Indro Montanelli alla creazione del Giornale.

Dal 1977 al 1980, ritorna a collaborare stabilmente alla Rai, conducendo "Proibito" programma in prima serata su Rai Due che trattava temi d'attualità.
Nei primi anni Novanta, realizza sopratutto trasmissioni tematiche, di grande spessore, come "Che succede all'Est?" (1990), "I dieci comandamenti all'italiana" (1991), "Una storia" (1992).
Segue attentamente le vicende di "Mani pulite", con programmi come "Processo al processo su Tangentopoli", (1993) e "Le inchieste di Enzo Biagi" (1993-1994).

Nel 1995 iniziò la trasmissione Il Fatto, un programma di approfondimento dopo il Tg1 sui principali fatti del giorno, di cui Biagi era autore e conduttore. Nel 2004 Il Fatto, che mediamente era seguito da oltre 6.000.000 di telespettatori, fu nominato da una giuria di giornalisti il miglior programma giornalistico realizzato nei cinquant'anni della Rai.

L’”editto bulgaro di Berlusconi” che nel 2002 dichiarò: “La Rai tornerà ad essere una tv pubblica, cioè di tutti, non partitica, come è stata durante l'occupazione militare della sinistra. L'uso fatto da Biagi, da quel...come si chiama? Ah Santoro e da Luttazzi è stato veramente criminoso e fatto con i soldi di tutti. Preciso dovere di questa dirigenza sia quello di non permettere più che questo avvenga. Ma siccome non cambieranno...
Le trasmissioni del Fatto proseguirono regolarmente fino alla prima settimana di giugno quando terminò la stagione. Da allora la trasmissione non riprese più.

Fino alla sua scomparsa Enzo Biagi ha scritto sul settimanale L'Espresso, sulla rivista Oggi e sul Corriere della Sera.