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INNOVAZIONE, INTEGRAZIONE E VISIONE INTERNAZIONALE. LE COOPERATIVE CRESCONO E SI ORGANIZZANO

Le aziende di media dimensione sono il modello organizzativo più efficiente con un incremento medio del valore della produzione del 12,5% medio annuo. Un successo che dimostra che si può competere anche in un mercato globale

14 aprile 2007 | T N

Il costo del lavoro per unità di prodotto nelle aziende medie è del 15% inferiore rispetto a quelle piccole e in quelle grandi del 38% inferiore rispetto a quelle medie. Alla riduzione di costo corrisponde una diminuzione ancora più marcata delle unità di personale proporzionalmente applicate all’intero processo di produzione e commercializzazione.
Nelle aziende medie si osserva, infatti, un numero di unità di personale per unità di prodotto del 22% inferiore a quello delle aziende piccole mentre nelle aziende grandi questo numero è inferiore del 58% rispetto a quelle medie.
Rispetto alla componente del costo di produzione emerge che il costo per unità di prodotto dei servizi che si acquisiscono risulta nelle aziende medie ridotto del 45% rispetto alle piccole e nelle grandi ridotto del 24% rispetto alle medie.
Anche in termini di personale impiegato nelle attività di amministrazione e commercializzazione si osserva una notevole riduzione delle unità di personale impegnate per unità di prodotto. Nelle imprese medie è del 62% inferiore rispetto alle imprese piccole e nelle grandi è inferiore del 50% rispetto alle medie.
Questi sono alcuni dati di uno studio pilota condotto dal prof. Eugenio Pomarici, del Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, sui costi di produzione nelle cooperative vitivinicole.
“Ciò che appare evidente - ha affermato Pomarici - è che nel settore vitivinicolo le relazioni tra volume della produzione e costo unitario della produzione sono importanti e degne della massima attenzione. L’evoluzione del mercato, segnata da un costante aumento della competizione tenderà ad eliminare tutte le enclave che fino ad ora hanno consentito la sopravvivenza delle aziende meno efficienti dovranno essere prese in considerazione le forme di integrazione che possono portare ad assetti aziendali più efficienti e il contesto cooperativo potrebbe fornire la cornice adeguata perché questo possa avvenire”.

Da un altro studio condotto da Fedagri ed Elabora, Centro Studi della Confcooperative è emerso che il sistema cooperativo vitivinicolo è cresciuto, in termini di valore della produzione, di oltre il 53% in cinque anni (2001-2005) che, tradotto in incrementi medi annui significa una creazione di nuova ricchezza per i propri soci nell’ordine medio del 9%;
Tutte le singole tipologie di impresa, piccole, medie e grandi, hanno registrato un incremento del valore della produzione.
Il settore vitivinicolo risulta prevalentemente composto da imprese di piccola dimensione (49%), ma quasi il 60% del fatturato aggregato del settore è prodotto dal 12,6% delle imprese, (le medie e le grandi), che sono anche espressione del 25% della base sociale e del 46% degli occupati.
Le cooperative di media dimensione si sono dimostrate essere il modello aziendale-organizzativo più efficiente. Dal 2001 al 2005, la Media Impresa ha fatto registrare un incremento medio del valore della produzione dell’81,8%, vale a dire +12,5% medio annuo.
Le micro imprese sono quelle che rappresentano la maggiore base sociale, (56%) ma sono anche quelle che hanno avuto una crescita media annua (+3,9%) e di periodo (+21,1%) più bassa.

“Negli anni Ottanta, gli Australiani, Californiani, Cileni e Neozelandesi – ha detto Pasetto, presidente del settore vitivinicolo di Fedagri - hanno deciso di investire in un nuovo comparto produttivo: la Vinicultura di massa. Da allora, fuori dai confini nazionali si è assistito ad una corsa all’impianto del vigneto, con l’obiettivo di produrre vino a basso costo, da commercializzare in tutto il mondo. La familiarità di una più ampia utenza al consumo del vino hanno trasformato il fenomeno “globalizzazione” in “internazionalizzazione”, per questo, negli ultimi anni l’enologia italiana è tornata ai vertici della domanda mondiale e oggi, oltre il 27% delle nostre esportazioni si dirige verso Paesi Terzi, per un valore di 1.400 milioni di euro, su un totale delle esportazioni di 3.200 milioni di euro(al 2006).
Nell’ultimo decennio i volumi di vino sfuso sul totale esportato sono passati dal 68% del 1996 al 40% del 2006. Questi cambiamenti, sono anche il frutto di processi di riqualificazione nella cooperazione vitivinicola italiana, anche in vista della Ocm di mercato, per cui l’estirpazione di 400.000 ettari di vigneto europeo, la vinificazione dei mosti provenienti dai Paesi Terzi, lo zuccheraggio al posto dell’arricchimento o la cancellazione di strumenti di mercato per un settore che non può in nessun altro modo assicurarsi dai rischi meteorologici, non sono le soluzioni migliori. La viticoltura europea potrà essere sostenuta con regole certe e credo che la Commissione Europea debba investire di più in promozione ed educazione al consumo, cofinanziando programmi di medio termine, sia all’interno della Comunità che nei Paesi Terzi”.

Fonte: Fedagri