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A TUTTO SALENTO. IL PREMIO "VINARIUS AL TERRITORIO" A UNA TERRA ENOICA D'ECCELLENZA

Il titolo, assegnato a cadenza biennale, spetta a quell'area viticola che partendo dal vino, e con il vino, abbia saputo testimoniare capacità innovative e rispetto delle tradizioni. A riceverlo l'associazione Grandi vini del Salento, Francesco Grieco del Cnr, Mino Taveri e il ristorante il Fornello da Ricci

17 marzo 2007 | C. S.

Il "Premio al Territorio" è stato istituito da Vinarius nel 2002, ha cadenza biennale ed è la diretta prosecuzione del Premio "Il Vino dell'Anno", primo per nascita tra i premi dedicati al vino, che dal 1982 al 2001 ha contribuito in maniera decisiva al lancio dei prodotti della nuova enologia italiana.

Il Premio al Territorio viene attribuito a quel territorio che partendo dal vino e con il vino abbia saputo testimoniare, insieme a capacità innovative e moderne, anche un rigoroso rispetto del passato e delle sue tradizioni.
La prima edizione, nel 2004, è stata vinta dalla Valtellina.

Il 13 giugno 2006, a Miwine, esposizione professionale di Fiera Milano, specializzata nel settore del Vino e dei Distillati, il presidente Francesco Bonfio e il consiglio direttivo di Vinarius hanno annunciato che il Salento sarebbe stato il vincitore della seconda edizione del Premio al Territorio, per aver saputo interpretare in maniera moderna tutte le risorse proprie della regione, non soltanto nel settore enoalimentare. I testimonial e i destinatari del premio sono stati scelti fra enti e personaggi che del Salento hanno sostenuto, promosso, tramandato storie e tradizioni, episodi di vita sociale e quotidiana e che si sono impegnati perché tutto questo patrimonio non andasse perduto, ma assumesse una dimensione extraterritoriale: l’Associazione Grandi Vini del Salento, il giornalista Mino Taveri, il dottor Francesco Grieco, ricercatore presso il CNR e Il Fornello da Ricci, ristorante di Ceglie Messapica, come eccellente testimonianza della tradizione enogastronomica locale.

Un Premio per chi premia e per chi è premiato
Per festeggiare l’evento, dal 20 al 23 maggio prossimo, gli enotecari Vinarius saranno ospiti in Salento dove potranno migliorare la conoscenza del luogo. Il Premio, se da un lato conferisce maggior prestigio al territorio selezionato, dall’altro, in un’ottica di scambio, permette agli enotecari Vinarius di approfondire le proprie competenze sui vini, sui prodotti locali e sulla storia e la cultura salentine. Un premio, dunque, per chi premia e per chi è premiato: un viaggio studio che comprende visite alle città di Brindisi, Lecce e Taranto e alle grandi aziende vitivinicole del territorio, degustazioni nelle cantine. A questo si aggiunge un convegno presso la scuola alberghiera di Brindisi sul tema “Educazione alimentare”.

In settembre, come ultimo step del riconoscimento di Vinarius al Salento, in tutte le enoteche associate, oltre 120 su tutto il territorio italiano, si terrà una settimana di degustazioni e promozioni dei vini e dei prodotti salentini; alla settimana salentina sarà dedicato un numero speciale di “Vinarius” periodico dell’associazione.



PERCHE’ IL SALENTO
I salentini dicono di sé che sono ammalati della loro terra “che possono lasciare con i piedi ma mai con la testa”. In uno speciale del Sole24Ore, il Salento è stato definito la California italiana, e con lo stato americano la penisola pugliese ha davvero molte affinità. Innanzitutto è simile geograficamente: una penisola allungata in un mare “maldiviano”, un clima di grande piacevolezza, un luogo dove si incontrano passato e futuro. Il passato nella grande tradizione agricola, il futuro nella ricerca e in alcune imprese d’avanguardia.

Tre province dalla personalità distinta: Brindisi, capolinea dell’Appia, con i suoi paesaggi bianchi e il suo sentirsi aperta verso l’Oriente fin dai tempi dell’antica Roma, Lecce, dorata per le infinite trasparenze dell’architettura e dell’arte barocca, e Taranto con la sua tradizione marinara.
Una straordinaria ricchezza enogastronomica: i vini che stanno nascendo a nuova e più elevata identità, l’olio fragrante e intenso, le verdure, il pesce e le carni cosiddette povere costituiscono una cucina ricca di proposte originali e succulente.

La tradizione della ceramica e della terracotta è ispiratrice di un artigianato semplice, ma di grande eleganza, soprattutto nei grandi piatti che ospitano le infinite variazioni gastronomiche.
Un mare maldiviano, ai piedi dell’alta costa rocciosa, dove si aprono le grotte.
Infine la promozione e l’uso della conoscenza scientifica come fattore di attrattiva per nuovi gruppi industriali italiani ed esteri. L’area jonico-salentina ambisce ad essere uno degli snodi strategici del sapere scientifico di tutto il Mediterraneo: di qui la presenza di un laboratorio di nanotecnologie, di un centro del CNR.

Tutti motivi per fare di questa “zattera persa nel mare nostrum” una nave pronta a navigare nel futuro, un territorio degno di un premio importante come il Premio Vinarius.

I PREMIATI

Premio alla rappresentanza della produzione vinicola

Associazione Grandi Vini del Salento

Per aver saputo far convergere l’interesse privato in un’ampia strategia finalizzata a promuovere unitariamente la produzione vitivinicola del territorio Salentino, attraverso operazioni di comunicazione, percorsi formativi, recupero di tradizioni locali, superando anacronistiche barriere, con una visione attuale e moderna del concetto di impresa.

Premio al personaggio che ha contribuito con la ricerca alla conoscenza migliorativa dei vitigni locali

Francesco Grieco

Per le importanti ricerche effettuate presso il CNR di Lecce sui ceppi di lieviti tipici delle diverse accessioni di Negroamaro e Primitivo, vitigni caratteristici dell’area salentina, fornendo strumenti di conoscenza capaci di migliorarne le caratteristiche organolettiche e di conferire loro personalità esclusiva a espressione forte del territorio.

Premio al personaggio cha ha contribuito alla conoscenza del Territorio attraverso la comunicazione

Mino Taveri

Per aver portato nella sua professione l’anima giovanile del Salento, con particolare attenzione al basket, che nel territorio ha vissuto stagioni felici, e per la sua personale interpretazione della comunicazione sportiva in un ambito di così alta vocazione popolare.

Premio al Ristorante che ha mantenuto viva la tradizione del Territorio

Fornello da Ricci di Ceglie Messapica

Per aver saputo interpretare in chiave moderna e con continuità la tradizione familiare iniziata da Angelo Ricci di una cucina strettamente legata al territorio, facendone l’espressione più autentica dell’enogastronomia salentina, capace di competere con la grande ristorazione italiana.

VINARIUS - ASSOCIAZIONE ENOTECHE ITALIANE
Fuori dai circuiti delle mode e dell’apparire, Vinarius è l’Associazione Enoteche Italiane costituita nel 1981 nel corso del 1°Convegno nazionale delle Enoteche svoltosi a Gorizia. Vinarius è nata, senza scopo di lucro, dalla profonda esigenza da parte di enotecari e osti di imparare a conoscere sempre più a fondo il mondo del vino.
Comprende più di centoventi enoteche, dislocate sul territorio italiano ed in alcuni paesi esteri, che hanno il fine comune di divulgare la cultura del vino tra gli appassionati e non. La sede di Vinarius è a Milano.

L’Associazione unisce i punti vendita specializzati nella scelta e nella proposta del vino al fine di migliorare i servizi per i consumatori, creare un’immagine qualitativa rigorosa e inoltre favorire scambi di informazioni tra gli associati. Grazie ai molti consensi e a un numero sempre maggiore di associati che portano esperienze e conoscenze eterogenee, oggi Vinarius è uno degli interlocutori ideali del produttore serio: valorizza il buon vino di qualità e lo pubblicizza ai consumatori.

Dal 1982 al 2002 Vinarius ha premiato il Vino dell’Anno, non trascurando l’attività editoriale con la pubblicazione di quaderni didattici dedicati al vino e al cibo. Il Premio si è trasformato poi, dal 2003, nel Premio al Territorio, con cadenza biennale, che intende valorizzare le varie realtà vitivinicole del nostro paese. Sempre dal 2003 sono stati istituiti viaggi studio in un territorio italiano o estero alla scoperta di un nuovo vino.

I VINI DEL SALENTO
Il vino non può che rivestire un ruolo di primo piano in una regione che annovera Brindisi tra i suoi centri principali. Nell’antichità la Puglia era la cantina dell’Impero Romano, e a Brindisi, durante il periodo delle spedizioni di conquista, e poi delle Crociate, coloro che partivano erano salutati con pranzi beneauguranti, perché potessero tornare vittoriosi; da qui la tradizione del “brindisi” di buon augurio.

Il Salento, in particolare, è la regione del Negro Amaro, il vitigno più diffuso e antico, dal quale si ricavano tra i migliori rossi e rosati d’Italia, tanto da essere impiegato per la ”correzione” di tanti vini extra regionali, conosciuti anche all’estero.

L’Aleatico è un altro importante vitigno salentino, dal quale si ricava un vino molto dolce, liquoroso, un vino da meditazione. Tuttavia, la propensione a privilegiare i vini da tavola sta portando ad un rapido declino dell’Aleatico, al punto che solo pochi estimatori continuano a dedicarsi a queste uve.

La Malvasia Nera, la Malvasia Bianca e le uve da Primitivo concludono questa rapida carrellata di vitigni salentini dai quali si ricava quello che a buon diritto può definirsi un vero nettare degli dei.

La prima denominazione di origine controllata del Salento è il Leverano D.O.C., un vino che nasce dal Negro Amaro unito alle Malvasie Bianca e Nera; la ricerca di questo vino ci porta nei pressi di Lecce, nella zona tra Leverano, Copertino e Salice Salentino, dove la cultura del vino è viva da secoli.

La Puglia è la regione d'Italia con la più alta produzione vitivinicola, e il Salento contribuisce notevolmente con i numerosi viticultori presenti sul territorio.
Per molti anni si è puntato più alla quantità che alla qualità del prodotto, ma negli ultimi anni le cose sono cambiate. Alcuni coraggiosi produttori pugliesi hanno cominciato un’opera di valorizzazione della viticultura pugliese, con grandi investimenti per ammodernare le tecnologie di cantina e i reparti di imbottigliamento. Si è poi puntato molto sulla rivalutazione del vigneto e la valorizzazione dei vitigni autoctoni (negroamaro, malvasia nera, primitivo). Questo ha fatto sì che la qualità generale dei vini sia costantemente aumentata, mantenendo comunque un eccellente rapporto con il prezzo. Di pari passo sono arrivati i riconoscimenti sia a livello nazionale, che internazionale e finalmente il vino pugliese si è fatto conoscere in tutto il mondo, sino meritare il PREMIO al TERRITORIO Vinarius 2006/2007.

Il Salento può vantare oggi, oltre il Leverano, ben otto vini a denominazione di origine controllata (D.O.C.) quali l’Alezio, il Copertino, il Galatina, il Matino, il Nardò, il Salice Talentino e lo Squinzano. E numerose sono le cantine conosciute a livello nazionale ed internazionale, che hanno ricevuto negli anni riconoscimenti e premi per la qualità e la bontà del vino.

I VINI DOC DEL SALENTO

Alezio Doc
(D.M. 9/2/1983 - G.U. n.264 del 26/9/1983)
rosato, rosso: min. 80% Negroamaro, possono concorrere Malvasia nera di Lecce e/o Sangiovese, e/o Montepulciano max. 20%

Copertino Doc
(D.M. 2/11/1976 - G.U. n.27 del 29/1/1977)
rosso: min. 70% Negroamaro, max. 30% Malvasia nera di Brindisi e/o Malvasia nera di Lecce e/o Montepulciano e/o Sangiovese (quest'ultimo non deve superare il 15%)

Galatina Doc
(D.M. 24/4/1997 - G.U. n.104 del 7/5/1997)
bianco, frizzante (min. 55% Chardonnay, possono concorrere altre uve a bacca bianca racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 45%);
monovarietale bianco Chardonnay (min. 85%, possono concorrere altre uve a bacca bianca racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 15%);
rosato (anche frizzante) e rosso (anche Novello) (min. 65% Negroamaro, possono concorrere altre uve a bacca nera racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 35%);
monovarietale rosso Negroamaro (min. 85%, possono concorrere altre uve a bacca nera racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 15%)

Leverano Doc
(D.M. 15/9/1979 - G.U. n.41 del 12/2/1980)
(D.D. 17/3/1997)
bianco, passito, Vendemmia Tardiva (min. 50% Malvasia bianca, max. 40% Bombino bianco, possono concorrere altre uve a bacca bianca racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 30%);
monovarietale bianco Malvasia Bianca (min. 85%, possono concorrere altre uve a bacca bianca racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 15%);
rosato, rosso (anche Novello) (min. 50% Negroamaro, max. 40% Malvasia nera di Lecce e/o Sangiovese e/o Montepulciano, possono concorrere altre uve a bacca nera racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 30%);
monovarietale rosato e rosso Negro amaro o Negramaro (min. 85%, possono concorrere altre uve a bacca nera racc. e/o aut. per la provincia di Lecce max. 15%

Matino Doc
(D.M. 19/5/1971 - G.U. n.187 del 24/7/1971)
rosso: min. 70% Negroamaro, max. 30% Malvasia nera e/o Sangiovese

Nardò Doc
(D.M. 6/4/1987 - G.U. n.226 del 28/9/1987)
rosso: min. 80% Negroamaro, max. 20% Malvasia nera di Brindisi e/o di Lecce e/o Montepulciano

Salice Talentino Doc
(D.M. 8/4/1976 - G.U. n.224 del 25/8/1976)
(D.P.R. 6/12/1990)
bianco (min. 70% Chardonnay, possono concorrere altre uve a bacca bianca, non aromatiche, racc. e/o aut. per le province di Brindisi e Lecce max. 30%);
monovarietale bianco Pinot bianco (min. 85%, possono concorrere Chardonnay e/o Sauvignon max. 15%);
rosato, rosso (min. 80% Negroamaro, possono concorrere Malvasia nera di Lecce e/o di Brindisi max. 20%);
monovarietale rosso Aleatico (min. 85%, possono concorrere Negroamaro e/o Malvasia nera e/o Primitivo max. 15%)

Squinzano Doc
(D.M. 6/7/1976 - G.U. n.230 del 31/8/1976)
rosso: min. 70% Negroamaro, max. 30% Malvasia nera di Brindisi e/o Malvasia nera di Lecce e/o Sangiovese, quest'ultimo max. 15%


IL SALENTO E LA PUGLIA
Il Salento è una regione peninsulare della Puglia sud-orientale bagnata ad est dal mar Adriatico e ad ovest dallo Ionio. Il Salento geografico corrisponde alla vecchia Terra d'Otranto che comprendeva tutta la Provincia di Lecce, quasi tutta quella di Brindisi e parte di quella di Taranto, secondo l'asse che congiunge Ostuni a Taranto.

Un territorio dalla vocazione turistica naturale come pochi capace di trasmettere stimoli e messaggi tra i più diversi, di affascinare con i miti e i segni dei popoli antichi, di interessare con le testimonianze e gli incroci delle culture del Mediterraneo. Ma anche di incuriosire con le opere grandiose dei maestri scalpellini, di attirare con i colori e i paesaggi del sole, di far sorridere con i sapori della tavola.

Scendendo da nord, il Salento è posto subito alle spalle del Tavoliere di Puglia, separato da questo attraverso i trulli, che costituiscono un confine naturale fra queste due terre e che da Alberobello si diradano nelle campagne. Lungo tutto il suo percorso, il Salento si presenta come un fitto susseguirsi di distese di sassi calcarei mischiati al rosso cupo della terra dei campi, e di bianche case intervallate da vecchi palazzi in pietra leccese che svettano fra le case moderne, come segno indelebile della storia di questa terra. Lungo il litorale gli arenili morbidi e bassi si alternano a una costa rocciosa sul mare limpidissimo. Nella parte interna del territorio, si possono ammirare immensi campi di ulivi secolari, intervallati a vigneti, dal quale si ottengono vini e olii pregiati che costituiscono il vanto di questa terra.

Chi scopre il Salento lo apprezza per l'atmosfera magica, il sole caldo, il cielo blu, il mare cristallino, la costa da sogno dai mille disegni e l’arte barocca. Un mix di arte, cultura, turismo e tradizioni, che rendono questa terra unica per chi ci vive e fantastica per chi la visita.

LA STORIA DEL SALENTO
Il Salento è la più antica delle terre pugliesi, e la più tenacemente ancorata ai ritmi ancestrali della sua civiltà; un mondo spirituale complesso sin dalle origini, come testimoniano gli arcani simbolismi geometrici, umani e solari, le scene di caccia e di vita quotidiana delle antichissime pitture parietali rinvenute nelle grotte marine della "Zinzulusa", di "Romanelli", del "Cavallo", di Porto Badisco.

E' quella che un tempo veniva chiamata Terra d'Otranto, un insieme unitario anche se disomogeneo, culturalmente e linguisticamente più greco che latino, dove poche opulente cittadine, come Otranto, Gallipoli, Nardò, Galatina, spiccano su una miriade di piccoli centri abitati, nella maggior parte dei casi arretrati rispetto alla costa. Cuore aristocratico e pulsante è Lecce, una realtà colta creata dalla classe dirigente arricchitasi con la terra.

In prossimità del mare Adriatico, a Porto Badisco, è stato ritrovato un segno importantissimo per la storia del Salento. Alcune decine di anni or sono, quasi per caso, è stata individuata una grotta naturale, la Grotta dei Cervi, di origine carsica che era stata rifugio dell'uomo preistorico nel Salento durante il periodo Neolitico.

Il Salento è la regione più orientale d'Italia, una terra di frontiera: la storia del Salento ha sempre incontrato quella dell'Oriente, e la leggenda vuole che siano stati i Cretesi a fondare Lecce.
Nell'età del Bronzo la penisola salentina fu abitata da popolazioni indoeuropee giunte fino al sud attraversando le Alpi e proseguendo lungo la dorsale adriatica. Le decine di dolmen e di menhir che si trovano nel basso Salento sono una testimonianza di questo periodo, pur trattandosi solo di una piccola parte sopravvissuta a tante demolizioni. I primi a stanziarsi in questa terra, attorno al V sec. a.C., furono i Messapi, dediti all'agricoltura, all'allevamento dei cavalli ed alla lavorazione della ceramica. Queste popolazioni diedero un determinante impulso alla nascita delle città, che si distinsero per la presenza di monumentali cinte murarie.
Ma già nell'VIII sec. a.C. coloni greci avevano fondato lungo la costa città come Gallipoli, Otranto, Taranto che sarebbero diventate i punti di riferimento della Magna Grecia.

Nell'area a sud di Lecce esiste ancor oggi un’isola linguistica e culturale dove ancora si parla il greco, anzi, il griko. L'area ellenofona della Grecìa Salentina comprende nove comuni (Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d'Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino), ma anticamente occupava tutta la fascia che si estende, ad arco, da Gallipoli ad Otranto. In quest'area l'impronta greca è presente nell'architettura, nella musica popolare, nella gastronomia. Gli elementi greci, fusi con quelli salentini, hanno consentito uno sviluppo culturale autonomo, del tutto originale.

Dopo la guerra tarantina, il Salento diventò provincia romana dal punto di vista amministrativo, ma non culturale. I Romani sfruttarono la sua posizione strategica ramificando le rete viaria proveniente dall'Urbe, facendo di Brindisi il capolinea dell'Appia e della Traiana e costruendovi porti come a San Cataldo e a Roca.
I contatti con la sponda balcanica furono intensi sino alle invasioni di Goti, Longobardi e Bizantini, che esercitarono per secoli il loro dominio, lasciando in queste terre un'impronta indelebile. La lenta, ma costante penetrazione della Chiesa d'Oriente ne caratterizzò la vita religiosa, dapprima attraverso l'arrivo di individui isolati in fuga dalle persecuzioni religiose o politiche, più tardi col diffondersi del monachesimo, in particolare quello ispirato a San Basilio. I Basiliani istituirono ovunque cenobi, raccogliendo intorno ad essi la popolazione divisa tra preghiera e lavoro dei campi.

Altro capitolo importante è quello che vede il Salento al centro delle mire espansionistiche dei Turchi. Un avvenimento tristemente memorabile è quello che coinvolse Otranto, attaccata e saccheggiata nel 1480 dalla flotta di Acmet Pascià, e la cui resistenza venne punita con l'uccisione di ottocento abitanti. Fu questo uno degli episodi che diede l'avvio alla costruzione delle torri di guardia sotto gli Spagnoli. Realizzate a partire dal '500, sotto il regno di Carlo V, le torri costiere costituivano un sistema di avvistamento che consentiva di approntare difese di emergenza in occasione di incursioni dal mare. Queste torri sono tuttora visibili lungo gran parte della costa pugliese ed il Salento, in particolare, conserva in buona parte integra la struttura delle costruzioni.
Nel XVII secolo Lecce diventa una città sempre più bella ed importante, seconda solo a Napoli per la spinta culturale ed artistica che, oltre ad attirare nobili e studiosi, portò alla definizione del suo volto barocco, coinvolgendo anche l'immediato entroterra con la forza dirompente e "bizzarra" del nuovo gusto.

Favorito dal morbido, duttile calcare leccese (la "pietra leccese"), il barocco impreziosisce edifici civili e religiosi. Lecce e tutto il Salento si riempirono di putti, grifi, trabeazioni elaborate e balaustre, realizzate nel marmo dei poveri. Nella Grecìa Salentina, Corigliano d'Otranto, Melpignano, Soleto costituiscono l'esempio più ricco di quest’arte. Ne nacque una vera e propria gara al maggior splendore, nella quale si distinse il vescovo Pappacoda, al quale si devono alcuni fra i più belli edifici del Salento..

IL CLIMA DEL SALENTO
Il Salento è senza dubbio una terra mediterranea anche nel clima, con temperature miti d'inverno e calde d'estate. La media annua oscilla tra i 17 e i 18 gradi centigradi, attestandosi ad agosto, mese più caldo, su valori medi compresi tra i 25 e i 27 gradi. Le giornate di sole sono una piacevole costante di questa zona della Puglia dove prevale il vento di scirocco, caldo e umido.

LA COSTA SALENTINA
La costa del Salento, vera meraviglia della penisola italiana, è caratterizzata da lunghi arenili sabbiosi, alternati a tratti di scogliera. Partendo da Torre Chianca, ci si imbatte in spiaggette libere e sabbiose e mare cristallino, che offrono la possibilità di una vacanza allietata da ogni tipo di comfort: dal bar al ristorante, dall'animazione alla musica dal vivo, ai tornei. Spiagge sabbiose anche in località San Foca e Torre dell'Orso, ambitissime nel periodo estivo, mentre, arrivati ad Otranto, la sabbia si fa più fine e compaiono gli scogli, che rendono il paesaggio più caratteristico. Più a Sud si arriva a Santa Cesarea, nota località termale, caratteristica per le basse scogliere, vari complessi residenziali e una splendida costa rocciosa con faraglioni, grotte e mare cristallino. Dopo Castro, Tricase e Gagliano del Capo, si giunge al tacco dello stivale, Santa Maria di Leuca, ricca di scogliere e calette, luogo di magiche atmosfere fatte di infinite gradazioni di colori e sensazioni: del mare, del riflesso argentato degli ulivi, del rosso dei tramonti, del profumo salmastro, delle sagome delle antiche torri.

Sulla costa ionica troviamo Ugento, con spiagge sabbiose color oro e ottime strutture ricettive immerse nel verde; subito dopo si giunge a Gallipoli, dalle spiagge sabbiose e ricche di vegetazione, e si prosegue fino a Porto Cesareo, altra località assai frequentata dal turismo balneare.

IL TERRITORIO SALENTINO
Posto all'estremità sud-orientale della penisola, il Salento presenta una morfologia piatta ed apparentemente uniforme. Quest'area è geologicamente costituita da un’impalcatura calcarea che affiora in lunghe dorsali dette "Serre Salentine", separate tra loro da zone relativamente depresse convergenti verso il Capo di Leuca. Le dorsali sono distaccate più o meno nettamente dalle adiacenti depressioni da un gradino, a testimonianza delle successive fasi di regressione marina.

Il territorio salentino, fatta eccezione per alcune aree, è fondamentalmente pietroso, composto da strati rocciosi e banchi calcarei. Un paesaggio avaro e spesso privo di risorse fondamentali come l'acqua, di qui la presenza di costruzioni come cisterne e pozzelle. Muri a secco, costituiti da pietra molto dura, cingono le proprietà connotando tutta l'area, di qui la definizione di “paesaggio della pietra". Oltre ai muri a secco si vedono spesso i "pìgnonì", sorta di piccole piramidi di pietra sistemati vicino agli ingressi delle campagne: servivano ad avvertire i pastori di non utilizzare quel terreno per il pascolo. Le costruzioni più significative e frequenti dell'edilizia contadina sono i trulli chiamati "furnieddhi"; numerose poi le masserie, alcune ancora in ottimo stato; infine i menhir, i dolmen e le specchie, grandi cumuli di pietre alti fino a 10 metri sulle cui origini si possono azzardare solo ipotesi.

Il paesaggio urbano è caratterizzato da costruzioni influenzate dall'esposizione geografica della penisola, protesa tra l'Adriatico e lo Ionio, oltre che dalle attività agricole. Un elemento fortemente caratterizzante, in particolare dell'area "ellenofona" della Grecìa Salentina, è rappresentato dalle "case a corte", tipiche abitazioni popolari che rispecchiano le esigenze e il percorso evolutivo delle comunità rurali.

La vegetazione, causa il clima, è pressochè erbacea, ma fino a poco tempo fa era ricca di foreste e boschi in cui predominavano lecci e querce. Quella che vediamo oggi è una vegetazione di sostituzione, creata dall'uomo per ricavarne terreni agricoli. Dei terreni disboscati, quelli dotati di un certo spessore sono stati destinati a colture di una certa complessità e varietà come tabacco, grano duro, oltre naturalmente all'olivo.

IL BAROCCO NEL SALENTO
Il Barocco leccese nasce tra XVII e XVIII sec., nel periodo in cui i vescovi fanno di Lecce una città-reggia, sul modello della Roma dei Papi. Lo stile leccese nasce quindi nel periodo della Controriforma e della fondazione degli ordini religiosi riformati (Teatini e Gesuiti), che rispondono alla necessità della Chiesa di Roma di riconquistare terreno, soprattutto attraverso l’ostentazione delle forme del potere. Il Barocco leccese non recepisce la rivoluzione dei concetti spaziali che era alla base del Barocco romano, ma si presenta come un Barocco sui generis, tanto da poterne usare il termine solo se in relazione al carattere esuberante ed esagerato della decorazione che, più che rivestire, maschera le strutture. Le complesse decorazioni delle facciate di chiese e palazzi restano uno scenografico apparato di superficie, fatto di cornici e trabeazioni, cariatidi e telamoni, trofei di fiori e frutta, puttini e maschere. La fantasia, o meglio, l’esuberanza visionaria degli scalpellini, fu resa possibile dall’impiego della tenera pietra leccese, una pietra tufacea facile da lavorare e intagliare. Col passare del tempo, questa pietra si indurisce e assume quel particolare colore ambrato delle stellate sere estive di Lecce. L’uso di questo materiale decorativo e da costruzione, che veniva bagnato con latte intero per renderlo più resistente alla pioggia e all’umidità, sopperiva alla mancanza di marmi e pietre dure che arricchivano chiese e palazzi dell’allora capitale del Regno, Napoli. Descrivere tutti gli edifici e i monumenti che compongono la Lecce barocca è impossibile, ma non si può prescindere dal citarne alcuni: la Basilica di Santa Croce, con l’annesso ex convento dei Celestini e Piazza Duomo, considerata tra le più belle d’Italia.

Basilica di Santa Croce
La facciata della basilica, concepita come un gigantesco altare, concentra il lavoro e l’arte di diverse generazioni di architetti nell’arco di circa un secolo: Gabriele Riccardi nell’ordine inferiore e Cesare Penna nella parte superiore, con successivi interventi dei due Zimbalo, Francesco Antonio (autore dei portali) e Giuseppe. Il Riccardi, nel 1582, conferisce un forte senso prospettico all’ordine inferiore, messo in risalto da una ricchissima trabeazione. Su quest’elemento s’imposta una balconata retta da mensole-cariatidi che simboleggiano il paganesimo schiacciato dalla forza del credo cristiano. Il secondo ordine della facciata è dovuto all’intervento, nel Seicento, di Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo, architetto egemone in terra salentina, cui si deve la sistemazione del cortile del Vescovado, l’attuale Piazza Duomo, riorganizzato per volontà e su indicazione del potente vescovo napoletano Pappacoda. La parte superiore della basilica è, nella sua interezza, il simbolo del Barocco leccese; trionfi di fiori e frutta, ghirlande e puttini trattengono lo sguardo, suscitando nell’osservatore continue sorprese e meraviglia.

Ex convento dei Celestini
L’ex convento dei Celestini vede l’intervento degli Zimbalo e di un altro grande architetto leccese, Giuseppe Cino, che lavorerà anche al palazzo del Seminario in Piazza Duomo. Il complesso architettonico della chiesa e del convento rappresenta il momento più alto della singolarissima vicenda artistica salentina, proprio quando questa si distacca dalla sudditanza alla cultura spagnola e afferma una personale marca stilistica, data dall’elaborazione degli influssi secolari stratificatisi in queste zone.

Piazza Duomo
Il cortile del Vescovado è una sorpresa che si apre improvvisa agli occhi dell’osservatore. Costruito nel XII sec., l’angusto cortile divenne banco di prova dei più celebri talenti leccesi del XVII sec., quando il potente vescovo Pappacoda e i suoi successori fecero di Lecce una piccola reggia, simbolo di prestigio personale, una città uniformata allo stile di vita dei vescovi, tanto da essere conosciuta anche come “città delle chiese”. I motivi decorativi, l’esuberanza dei festoni e delle ghirlande di fiori e frutta, le greche e gli stemmi, si addicono alla decorazione interna, ma è proprio per questo che tante piazze leccesi appaiono quasi come saloni a cielo aperto. La pietra leccese assume colori e giochi chiaro-scurali che variano al variare della luce e se di giorno Piazza Duomo “acceca” con i suoi bagliori dorati, di sera incanta con il calore che emana e per il contrasto spettacolare tra il colore ambrato degli edifici e il blu serico delle notti estive.

San Matteo
Un contrasto di linee tra i due piani della facciata, che si presenta convessa all’entrata e concava al piano superiore, caratterizza la chiesa di San Matteo, unico esempio di Barocco romano, sullo stile concavo-convesso adottato da Francesco Borromini nella chiesa romana di San Carlo alle Quattro Fontane. L’architetto Achille Larducci, venuto da fuori, fece in tempo a realizzare solo questa chiesa poiché fu ucciso a Lecce stessa e la sua lezione si estinse. La vicenda si tinge di forti connotazioni simboliche; l’unico architetto (un forestiero) in grado di mettere in discussione il Barocco leccese, influenzandolo con lezioni venute da “fuori”, trova tragica fine proprio a Lecce.

LA GASTRONOMIA E LA CUCINA DEL SALENTO
La cucina tipica salentina è umile e povera, ma molto nutriente e ricca di sapori, specchio delle tante dominazioni che si sono avvicendate in queste terre lasciando tracce indelebili nell’arte culinaria. La cucina salentina è poi quella tipica mediterranea che si arricchisce dei profumi e dei sapori del mare e della terra. Alcuni pasti hanno origini antichissime, come nel caso dei fichi secchi, altamente energetici, che le massaie romane davano ai loro mariti, oppure la puccia e le uliate, pane condito con olive nere e volendo, anche con cipolle, pomodori e un pizzico di peperoncino.

Tra i primi piatti vanno ricordati ciceri e tria, la pasta delle tagliatelle unita ai ceci, un piatto popolare ora molto apprezzato; mentre le tagliatelle ritorte e condite con sugo di pomodoro, formaggio ricotta e basilico, diventano le sagne ‘ncannulate che ricordano le colonne tortili delle decorazioni in stile barocco. Altri primi molto apprezzati e genuini sono le orecchiette e i maccheroncini (minchiareddhri) che, uniti a verdure o carne, diventa anche molto gustoso.

Come secondi piatti, la mancanza di grandi allevamenti ha favorito la fantasia delle massaie che si sono inventate saporite focacce di patate e ricotte ripiene di verdure (pitte). I turcinieddhri, involtini fatti con interiora di agnello e insaporiti con erbe, sono poi tra i piatti più antichi e caratteristici della cucina salentina.

La necessità di consumare un pasto molto energetico nel breve spazio di una pausa, durante il faticosissimo lavoro della terra, imponeva ai contadini di portare delle vivande semplici che si potevano mangiare rapidamente, come fichi e legumi secchi e le frise d’orzo (quelle di grano erano destinate ai signori), pane biscottato che, dopo essere stato messo a bagno in acqua, si poteva condire con pomodoro, olio, rucola e origano.

La taieddhra infine, è il trionfo della versatilità culinaria del Salento; è fatta
con zucchine, patate, carciofi, cipolle, pomodori e cozze nere. I purceddhruzzi e le ‘ncarteddhrate sono i dolci tipici del Natale e sono fatti con pasta dolce modellata a palline o a strisce avvolte come rose, arricchite da anesini (confettini di anice) e miele.

Ogni pasto si completa con l’aggiunta di due prodotti dalla storia millenaria, il vino e l’olio d’oliva, l’oro liquido, che nel Salento acquistano un sapore e un profumo gradevole e invitante.

LE TRADIZIONI NEL SALENTO E DELLA PUGLIA
Il Salento è da sempre una terra ricca di cultura e tradizioni, dove sacro e profano convivono nelle numerose sagre e feste patronali che animano per lo più i mesi estivi, e che puntualmente si susseguono nel corso degli anni.
Le Feste per il Santo Patrono, le celebrazioni per la Settimana Santa, il Carnevale, le fiere e le tante sagre sono gli esempi di questo profondo e vitale retroterra culturale che si perde indietro nei secoli.

Fra gli eventi di particolare rilevanza si citano: la Focàra di Sant’Antonio a Novoli, il 17 Gennaio, per i festeggiamenti in onore del Santo Patrono; la processione del Venerdì Santo a Gallipoli; la danza delle tarantate, che si svolge il 29 Giugno, presso il Santuario di S. Paolo a Galatina; la Sagra della municeddha (Sagra della lumaca) a Cannole, dall’11 al 13 Agosto; la Notte di San Rocco con tamburelli, pizzica e ballate a Torre Paduli (fraz. di Ruffano), la notte tra il 15 ed il 16 Agosto; la Festa dellu mieru (festa del vino) a Carpignano Salentino, dall’1 al 3 Settembre; la Sagra della volìa cazzata (Sagra dell’oliva schiacciata) a Martano, la 2a/3a decade di ottobre; il monumentale Presepe Vivente di Tricase sul Monte Orco.



Fonte: Davis & Franceschini, Alba Donati – Irene Mari