Italia
Dall'inchiesta giornalistica a quella giudiziaria. Guariniello mette sotto esame gli oli d'oliva de Il Test
Dopo lo scandalo creato dall'inchiesta del mensile Il Test, che ha bocciato 9 extra vergini su 20, ora il pubblico ministero torinese decide di vederci chiaro, avviando un'indagine a tutto tondo sul mercato degli oli d'oliva
16 giugno 2015 | T N
I risultati della rivista Il Test hanno fatto certamente rumore. 9 oli su 20 declassati da extra vergini a vergini da parte di una rivista di consumatori. Un'inchiesta ripresa anche su Repubblica.
Chissà se il presidente del Comitato consultivo del Coi espressione del mondo industriale oleario, Luis Folque, si riferisse proprio al neonato mensile per “censurare” certi scandali: “...basta che un panel riscontri un lievissimo difetto, vero o presunto, magari conseguente a cattive condizioni di conservazione, per parlare subito impropriamente di frode.”
Parlare di frode magari no, parlare di presunta frode è invece lecito.
“Frode in commercio. È questo il reato ipotizzato dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello che ha aperto un fascicolo a carico di ignoti e avviato i campionamenti di rito a seguito della pubblicazione dei risultati delle analisi dell’Agenzia delle Dogane per il Test che hanno portato al declassamento di 9 extravergini a semplici oli vergini.” riporta proprio il mensile Il Test.
E' chiaro che lo scalpore suscitato dall'inchiesta del mensile avrà degli strascichi. Probabilmente, unitamente alle richieste di replica, sempre puntualmente concesse, sono già partite anche le cause civili a carico del magazine.
E' interessante però comprendere quali argomenti vengono utilizzati per “squalificare” l'inchiesta giornalistica.
Il panel test è un esame soggettivo, ha dichiarato su Repubblica la Carapelli. Il panel test è nella legislazione comunitaria e internazionale del Coi dal 1991 ma solo recentemente, quattro-cinque anni fa, è entrato di diritto negli incubi dell'industria olearia e degli imbottigliatori. Da quando, cioè, alcuni giornali hanno cominciato ad utilizzare l'esame organolettico per valutare la qualità degli oli in commercio.
Fino ad allora, è bene riconoscerlo, l'utilità del panel test è stata marginale. Ha aiutato, almeno in Italia, a elevare la qualità media degli oli in circolazione ma non ha mai passato il vaglio giurisprudenziale. Nessuna condanna per frode in commercio a causa di un olio risultato irregolare al panel test. I cavilli e le sottigliezze messe in campo dagli avvocati difensori hanno sempre vinto.
Ma che dire dell'opinione pubblica? Un azzeccagarbugli, come affettuosamente definito dal Manzoni, riuscirà a convincere anche i consumatori? La risposta è no, vista la reazione irritata di Carapelli e anche del presidente Federolio Giuseppe Masturzo, riportata su Il Test.
Se proprio dobbiamo sopportare il panel test, in attesa che vi sia un'analisi strumentale a soppiantarlo, “la normativa in materia deve essere applicata in modo puntuale e rigoroso; in caso di giudizio di non conformità, qualora venga richiesta revisione, è opportuno che i panel di seconda istanza non siano informati di esser tali; infatti per garantire l’attendibilità e la serenità del secondo giudizio, occorre che i panel di revisione ignorino di analizzare un olio già “bocciato” in precedenza da loro colleghi; sarà possibile pervenire a un declassamento soltanto nel caso in cui il difetto prevalente percepito rilevato in seconda istanza coincida con quello rilevato in prima istanza.”
Il percorso delineato dal presidente Masturzo è quello di legge, ovvero quello indicato per il accertare un illecito amministrativo e penale.
Ma l'inchiesta de Il Test è giornalistica, non giudiziaria, come ricorda il direttore Riccardo Quintilli: “... Quanto all’acquisto e alla conservazione dei prodotti, ancora una volta, un test deve solo riprodurre le condizioni in cui si troverebbe un consumatore che sceglie sullo scaffale una bottiglia di olio. Così abbiamo fatto, raccontando solo quello che è emerso dalle prove di uno dei laboratori più autorevoli di Italia.”
La risposta di Quintilli è più che esaustiva. Rimane solo una domanda nell'aria: perchè i fautori del massimo liberismo su etichetta e dintorni, quando si parla di panel test, diventano invece puntigliosi paladini del massimo rigore normativo?