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IL MONDO DEL BIOLOGICO AI FERRI CORTI, DURO ATTACCO DI GREEN PLANET ALLA DIRIGENZA AIAB

Roberto Pinton non lascia spazio a equivoci, la massima associazione del biologico in Italia sta subendo un crollo nel numero dei soci. Eppure la dirigenza Aiab avrebbe millantato adesioni a non finire. Noi francamente vorremmo un'agricoltura diversa, fatta più di produttori che di figure estranee al mondo rurale. Chissà quale futuro

21 maggio 2005 | T N

“Brutto spettacolo, pessimi protagonisti”, è con questo titolo che Roberto Pinton ha firmato un editoriale molto critico su “Greenplanet”. Nella newsletter “Bollettino Bio” si fa esplicito riferimento a questioni riguardanti la massima organizzazione del biologico in Italia, l’Aiab.
“I gruppi dei due vice-presidenti uscenti Cirronis e Ferrante – si legge nell’editoriale - alternano alle accuse reciproche (con annesse promesse di mancato sostegno) uno spreco di complimenti per l'impegno e il lavoro svolto e dichiarazioni sull'importante patrimonio rappresentato dalla coesione e dall'unità del gruppo dirigente.
Che film abbiano visto è un mistero: nel triennio in cui sono stati in carica, la base delle aziende associate è passata da 3.709 a 2.160, il che sta a dire un crollo del 41%, quella dei tecnici da 132 a 104, cioè meno 21%”.

L'attacco alla dirigenza Aiab è diretto ed esplicito. Ciò che emerge è la debole “consistenza dell'associazione”. Nel tentativo di acquisire una credibilità e un peso politico, la dirigenza Aiab avrebbe “millantato 14.000 soci, quando nel 2004 erano 2.639 (2.160 agricoltori, 104 tecnici e 275 consumatori in tutta Italia)”.
L’attacco è duro. “C'è gente – scrive Pinton - a cui non è ancora sfumata la rabbia per aver visto la propria firma in calce a un documento Aiab (link esterno) di dura critica al ministero senza essere stata minimamente interpellata o addirittura dopo che la firma aveva espressamente negato”.

”Finora, però, all'acquisto all'ingrosso di tessere, no, non si era ancora arrivati”. Pinton non lascia spazio a incertezze; infatti aggiunge: “l’Aiab si trattenga dal minacciare querele: il fatto è stato ammesso pubblicamente dal suo presidente il 9 aprile scorso a Vignola”.

”Le associazioni – prosegue l’editoriale - si vedono arrivare elenchi con decine di soci consumatori iscritti direttamente alla sede centrale. (...) I risultati si vedono in questi giorni: truppe cammellate che tentano di rovesciare gruppi dirigenti locali "dissidenti", vecchi soci che escono in lacrime dalle assemblee, produttori biologici che escono e basta, risultati bulgari di affollate votazioni a cui ha partecipato una maggioranza di gente mai vista prima”.

L’articolo si conclude con un appello ai soci Aiab che hanno a cuore i valori, la partecipazione, la democrazia. “Un appello – spiega Pinton - alle splendide aziende che sono parte della storia del biologico nazionale, che vogliano tornare a ragionare assieme al resto del movimento su un modello di sviluppo per l'agricoltura italiana, di dove collocare l'agricoltura biologica e di come parlare ai cittadini. Il nostro appello – aggiunge - è a votare e a promuovere la lista proposta dal terzo incomodo Carlo Brivio. Che è un produttore biologico, il che, per un'associazione italiana per l'agricoltura biologica che esce da anni di governo di tecnici, non guasta.
Che è laureato in economia aziendale alla Bocconi e, prima di tornare in campagna, è stato consulente di organizzazione aziendale (e neanche questo guasta, vista la del tutto evidente assoluta necessità di una rigenerazione dell'associazione). Che ha presentato un progetto associativo decoroso (link esterno). Che non ha dovuto chiedere prestiti bancari per moltiplicare pane, pesci e soci offrendo tessere - interessanti abbonamenti compresi - alla parentela, ai dipendenti e ai vicini di casa”.
Ci sembrava giusto far circolare tale editoriale, visto che abbiamo a cuore le sorti dell’agricoltura. Purtroppo in Italia queste comunicazioni sono poco recepite, i grandi media ignorano la realtà per come appare e il mondo agricolo nel frattempo, chiuso nel silenzio e nel disinteresse generale, continua a essere preda di interessi particolari. E’ ora di dire basta, di elevare un grido di protesta.