Gastronomia
Tutti fuori dalle sale panel, alla conquista dei consumatori
Chi parla oggi con la gente e in televisione? Troppo spesso personaggi impreparati e improvvisati, senza la minima competenza tecnica. Svestire il ruolo di esperto e vestire quello di divulgatore della qualità. Un passo necessario per valorizzare territori ed eccellenze
24 settembre 2015 | Elisabetta De Blasi
L'analisi sensoriale è una pratica discriminatoria che si effettua sui prodotti per individuarne le caratteristiche organolettiche a norma di legge, attraverso regole stabilite da organismi riconosciuti collettivamente, spesso a livello internazionale. Nel mondo dell'olio, dette regole sono stabilite dal Consiglio Olivicolo Internazionale, che indica anche la modalità per effettuare la prova, il materiale di utilizzo, come il bicchiere blu a corolla di fiore, le caratteristiche del luogo nel quale viene effettuato, etc. Anche nel caso di altri prodotti alimentari codificati, esistono schede ufficiali che indicano quali sono i sensi coinvolti nell'analisi, i difetti o le caratteristiche positive, attraverso apposita scheda. L'analisi non viene effettuata in solitaria, ma in un gruppo di lavoro chiamato Panel, e questo perchè ciascuno percepisce gli stimoli con una modalità ed un'intensità soggettiva. Sofisticati sistemi di calcolo completano il lavoro di giudizio del gruppo.
Esiste oggi un'esigenza nuova che emerge dal consumatore, l'unico reale e potenziale miglioratore del mercato, un'esigenza di conoscenza più specifica che viaggia verso una maggiore consapevolezza di ciò che acquista, di ciò che mangia. Che sia moda o interesse reale non importa: è necessario rispondere. Le risposte sono le più disparate e viaggiano in varie direzioni.
Una di queste è la comunicazione di prodotto, spesso fatta direttamente dalle aziende che sicuramente sono interessate ad un consumatore eterodiretto, parzialmente incapace di valutare ciò che comprerà, che lavorano su pochi concetti, spesso folkloristici e non corretti.
Non si può certo chiedere al consumatore di diventare un tecnico su ogni prodotto alimentare che intende acquistare, perchè non è il suo ruolo, ma il tecnico non può neppure girarsi dall'altra parte arroccandosi nelle sale Panel e concentrandosi su un lavoro che non fa cultura , che non stimola il settore, che non risponde. I tempi sono maturi per trovare un linguaggio più accessibile che avvicini le informazioni tecniche rendendole divulgative, alla portata di chiunque. Per questo mestiere, però, non basta la conoscenza del prodotto e l'allenamento dei sensi, è necessario un lavoro comunicativo che tracci una pratica dialogica e linguistica in grado di arrivare a qualsiasi orecchio. Solo un consumatore più attento, consapevole, con strumenti corretti potrà spingere il mercato a lavorare meglio.
C'è molto da fare per scardinare sensazioni errate, come per esempio oli avvinati che ovviamente non sono extravergini, in cui quell'aroma è diventato la norma, al punto da venire identificato con "il sapore dell'olio".
Lo stesso discorso si può fare per qualsiasi prodotto: riconoscere all'olfatto un buon salume, un bel formaggio, apprezzare il pane con lievito naturale, vuol dire aggiungere competenza a conoscenza, vuol dire spingere chi lavora male a lavorare meglio, chi lavora bene ad andare avanti con maggiore forza.
Chi parla oggi con i consumatori? Come dicevo prima, le aziende, che sono però interessate a monetizzare la comunicazione, anche con modalità al limite del legale (per es. eludendo ciò che dice la legge in materia di etichettatura) e un sottobosco di comunicatori che spesso non partono da competenze sensoriali, perchè molti non hanno acquisito conoscenza, pratica e allenamento per poter trasferire più che informazioni, strumenti di comprensione.
Tre sono quindi i livelli di creazione dell'informazione: una prima, più tecnica, fatta di termini specifici, di modalità definite da un vocabolario internazionale, effettuata da tecnici per tecnici, che giustamente deve svilupparsi e rimanere in un ambito strettamente settoriale; una seconda che fa colore, promuove il prodotto e spesso si compone di poche informazioni, più suggestive che corrette e che rischia di compromettere la grande possibilità di comprensione che si apre in questo momento (es: l'olio definito 'dolce' o 'fruttato', il miele definito 'balsamico', etc), espedienti di marketing che servono a vendere ma che fanno circolare informazioni non del tutto corrette o proprio errate e che danno l'illusione di una conoscenza.
In mezzo si apre una nuova possibilità per quanti sapranno leggerla: un livello comunicativo specialistico ma non tecnico, che parli al consumatore attento, esigente, senza costringerlo a diventare assaggiatore di quel prodotto specifico, una sintesi di abilità tecniche e linguistiche che riunisca comprensione e divulgazione, partendo dal corpo come strumento discriminativo.
Forse sarebbe ora di uscire dai club delle sale Panel e trasmettere entusiasmo e abilità, con la certezza che il lavoro del tecnico è altra cosa, ma che la comunicazione di prodotto non può rimanere perlopiù nelle mani delle aziende, o in luoghi non raggiungibili.
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