Economia

GUADAGNARE ATTRAVERSO IL CANALE CORTO. LA VENDITA DIRETTA NON E’ SOLO UN VANTAGGIO PER I CONSUMATORI

Pur producendo vini e oli di alta qualità, le piccole e medie imprese non riescono a vendere come vorrebbero. Come mai? C’è chi propone un “patto di filiera” che coinvolga produttori, industria alimentare e grande distribuzione. E’ una strada praticabile? Le aziende possono oggi contare anche sui gruppi d’acquisto

20 marzo 2004 | T N

Di fronte al caro-prezzi una concreta soluzione per i consumatori esiste. Ed è molto semplice e di facile attuazione peraltro. Consiste nel comperare direttamente dal produttore. Con tale approccio i vantaggi sono equamente ripartiti tra consumatori e produttori. Non si vuole certo demonizzare la filiera commerciale, sia chiaro, ma, si sa, i “ricarichi” rispetto al prezzo all’origine subiscono impennate notevoli e spesso anche immotivate. E’ giusto trovare soluzioni alternative, quando necessarie.

Noi abbiamo approfondito il tema intanto con un’intervista a Rosa Maria Bertino, direttore responsabile dell’annuario del biologico edito da Distilleria, e poi con altre testimonianze, da Giuliano Scattolin a Lorenzo Bazzana, da Romeo Romei a Giovanni Ricasoli Firidolfi frutto di una lunga serie di convegni attinenti alle problematiche commerciali riguardanti le piccole e medie realtà produttive del Paese.

INTERVISTA A ROSA MARIA BERTINO
L'edizione 2004 dell'annuario Tutto bio è dedicata alla vendita diretta. Cosa è emerso dall'analisi del fenomeno?
Che esiste un grosso movimento, in particolare tra le aziende piccole o tra quelle più innovative, dove si tende in genere a cercare dei canali diversi dai soliti canali tradizionali di vendita dei prodotti. Si cerca in tal modo la garanzia di un reddito superiore, un margine più alto sostanzialmente. Ma non è soltanto una questione di guadagni, dietro vi è pure la necessità di avere un contatto più diretto con il pubblico. Sono due aspetti, questi, che sono fortemente legati tra loro.

Lei si occupa del settore bio, ma la valorizzazione del cosiddetto canale corto è una strada praticabile più in generale anche dall'agricoltura convenzionale? O si tratta di un circuito di vendita che può funzionare solo nell'ambito dei mercati di nicchia?
La vendita diretta avviene su più fronti, dappertutto e su tutto. Ovviamente vengono venduti soprattutto i prodotti tipici, ma dipende anche dalle varie regioni. In alcune vi è una sensibilità più spiccata, a seconda della cultura della singola regione. Toscana ed Emilia Romagna manifestano un’attenzione maggiore. Ma il discorso si estende anche al di là dell’ambito dell’agricoltura biologica. La vendita diretta è trasversale, anche se nel comparto bio la vendita diretta assume una valenza più pregnante. Di fronte al fatto che un agricoltore venda i propri prodotti, con le coltivazioni biologiche si trasmette qualcosa di ulteriore, in quanto si offre un prodotto più garantito, perché coltivato nel rispetto dell’ambiente e per le implicite valenze salutistiche. C’è dunque qualcosa in più che il contadino che ha scelto la via del biologico offre ai propri clienti.

Nel passaggio dalla terra alla tavola a rimetterci è sempre l'agricoltore, ma si può davvero riuscire a evitare la filiera commerciale? E' possibile riuscire a vendere l'intera produzione con la vendita diretta per un'azienda di medie di dimensioni?
Conosco poche aziende che vivono di sola vendita diretta. In generale c’è sempre un mix, per tanti motivi. Con la vendita diretta ci sono problematiche non facili. Avere per esempio una quantità di prodotto nello stesso periodo non facilita la gestione commerciale. Si fa fatica a piazzare una produzione in tempi stretti e limitati. E’ necessario avere una organizzazione molto complessa. Si sceglie pertanto di percorrere una strada fatta di molteplici e distinte espressioni.

Crede che la cultura dell'acquisto presso il produttore in tempi peraltro in cui il turismo gastronomico registra dei buoni riscontri possa radicare nella mentalità del consumatore?
Il ritmo di vita che abbiamo ci costringe a scelte non volute. Si ricorre talvolta al supermercato perché è più agevole e molte volte non si ha il tempo di recarsi in azienda per acquisti. Ma la spesa dal produttore non significa certo pensarla come una spesa settimanale. Si prendono prodotti che possono durare molto.

Quanto incidono i gruppi d'acquisto?
Hanno un ruolo fondamentale infatti. Risolvono molti problemi di gestione della spesa. La motivazione economica è solo una parte che muove i gruppi di acquisto. Ma è molto importante e decisivo il momento culturale che spinge le famiglie a riunirsi in un gruppo di acquisto. L’aspetto culturale e di consapevolezza dell’acquisto stanno alla base di tali gruppi.

C'è chi propone un patto di filiera, in modo da gestire al meglio i rapporti tra produttori, industria alimentare e grande distribuzione. E' una strada praticabile?
Non è praticabile, è da fare sicuramente. Tanto le cose non possono essere diverse da come appaiono. I produttori prendono troppo poco, il valore aggiunto si sposta sempre più in alto nella filiera, verso la grande distribuzione, gli intermediari fanno fatica a resistere perché i costi della logistica sono sempre più imponenti, spesso ci sono problemi di programmazione della produzione e di rottura di stock… Ogni canale dovrà fare la sua parte, io credo. La grande distribuzione deve ridurre i costi, ma non a spese del produttore.


LE ALTRE TESTIMONIANZE

Il canale corto
Il sistema della vendita diretta era già stato ben sperimentato in passato, prima che il commercio si strutturasse in maniera ben più variegata e complessa. Ma oggi, di fronte ad abusi incontrollabili, diventa forse la chiave di svolta per una situazione che si è in qualche modo incancrenita.
In molti Paesi il sistema della vendita diretta, teso com’è ora ad accorciare la filiera dei prodotti agroalimentari, oltre ad essere una realtà assai diffusa e largamente praticata, è divenuta pure una realtà di successo. In Italia dell’argomento se ne è discusso in un recente convegno organizzato dalla Coldiretti di Arezzo e dalla Federconsumatori presso la locale Camera di Commercio. Il titolo dell’incontro ha messo in luce un legame che oggi si ha intenzione di riattualizzare: “Imprenditori agricoli e consumatori. Vendita diretta: i reciproci vantaggi”.

Le esigenze dei consumatori
“Attraverso la vendita diretta – ha sostenuto il presidente della Coldiretti di Arezzo Giuliano Scattolin – andiamo incontro alle esigenze dei consumatori, incidendo sulla qualità e sui prezzi che sono certamente influenzati dall’andamento climatico, ma anche dalla speculazione nei vari passaggi della filiera. Questo tipo di vendita rappresenta pertanto un calmiere dei prezzi. Insieme con le associazioni dei consumatori bisogna educare la gente all’acquisto, al corretto acquisto. Spesso, infatti, il consumatore non è in grado di riconoscere quando un prodotto è di stagione. Inoltre – ha concluso Scattolin – l’agricoltura non deve essere un peso ma una risorsa, e come tale va tutelata”.

Vino, olio e miele: i protagonisti della vendita dretta
Secondo quanto riferito da una nota dell’agenzia Impress, in Italia la vendita diretta interessa il 37 per cento del prodotto-vino e il 20 di olio e miele. “Con questa forma di vendita – ha sottolineato nel corso del convegno di Arezzo Lorenzo Bazzana, capo servizio tecnico-economico della Coldiretti nazionale - si otterrebbe un margine maggiore per il produttore, una valorizzazione della qualità, un rapporto personale fra chi vende e chi compra. La vendita diretta è, insomma, un elemento importante sia per comunicare al consumatore le informazioni sui prodotti, sia per chiarire i metodi di produzione attraverso cui si è giunti a un determinato prodotto. Tali acquisizioni costituiscono un prezioso patrimonio per il consumatore, il quale potrà farne un uso appropriato al momento degli acquisti presso la grande distribuzione”.

Negli Stati Uniti il successo dei "Famer's market"
L’acquisto da effettuarsi direttamente nelle aziende agricole, o nei mercati rionali, o come già avviene negli Stati Uniti nei cosiddetti “Farmers’ market” è la soluzione che più di altre dovrebbe essere promossa in Italia. “La proposta di Coldiretti – ha tenuto a precisare Lorenzo Bazzana - è di avviare un “patto di filiera” che coinvolga oltre ai produttori, anche l’industria alimentare e la grande distribuzione. Si rende perciò necessario un rilancio dei Centri agro-alimentari attraverso una maggiore caratterizzazione del prodotto italiano e una migliore e più efficace logistica, oltre che con forme alternative di vendita”.

Lo scippo dei simboli del made in Italy
Non è ammissibile che i simboli più celebrati del nostro “made in Italy agroalimentare” arrivino in Italia dall’estero. E’ quanto accade con il latte (per il 45 per cento), la carne bovina (50 per cento) e il grano (60 per cento). “Il consumatore chiede principalmente la qualità che può trovare nella vendita diretta”, ha concluso il segretario della Federconsumatori toscana Romeo Romei . “E’ necessaria –aggiunge - una organizzazione efficiente da parte dei produttori. In tale operazione di rilancio della vendita diretta, la Federconsumatori può senz’altro dare il pieno appoggio”.

Un periodo difficile, ma con ricarichi comunque immotivati
“Le difficoltà che sta attraversando il settore vitivinicolo sono analoghe a quelle di altri comparti toccati dalla congiuntura internazionale”. E’ quanto ha dichiarato il presidente del Consorzio del marchio storico del Chianti Classico Giovanni Ricasoli Firidolfi durante la recente manifestazione “Chianti da scoprire”. “Tali difficoltà – ammette il presidente del Consorzio a Marzia Temepestini - sono dovute alla crisi economica e all'aumento di competitività sui mercati, con la Germania in primis. Ma la contrazione del mercato, nel caso specifico del vino toscano, non è legata a una crisi di identità dei nostri prodotti. Noi del Consorzio siamo certi che le caratteristiche organolettiche specifiche del Chianti Classico abbiano davanti a sé un futuro positivo, anche perché i consumatori, soprattutto tra gli occidentali, stanno riscoprendo oggi il gusto di bere vini originali e non standardizzati”.
Nell'affrontare il tema dei prezzi il barone Ricasoli Firidolfi non lascia spazio a equivoci, mettendo peraltro in evidenza come da un'indagine realizzata per conto del suo Consorzio nel maggio del 2003, sia emerso che, dal 1991 al 2001, ci sia stata mediamente una contrazione delle superfici vitate dell'8 per cento, con una produzione che nello stesso periodo è aumentata del 15 per cento, e i consumi, invece, in calo del 5 per cento. Dalla lettura di questi dati, secondo il presidente del Consorzio l'aumento del prezzo sul mercato è dipeso in parte dalla contrazione dell'offerta che ha più che compensato il calo della domanda. Il prezzo "franco cantina" di una bottiglia di Gallo Nero d'annata - ha continuato il Barone - è pari a 5,26 euro. Rapportato tale prezzo al contenuto qualitativo medio è davvero una cifra competitiva e contenuta. Purtroppo sul prezzo del vino non incide soltanto la scelta del produttore. Spesso sono invece i ricarichi praticati dalla ristorazione -mediamente tra 2,8 e 5 volte il costo di acquisto – a determinare una situazione poco felice. Nelle enoteche invece il ricarico medio oscilla dal 40 all’80%. Ecco, per fare chiarezza - ha concluso Ricasoli Firidolfi - il Consorzio realizzerà a breve una campagna informativa a partire dal territorio coinvolgendo proprio la ristorazione e i consumatori”.