Economia
OLIO D'OLIVA ALLO STATO SFUSO. UNA SENTENZA DEL TAR LIGURIA NE AUTORIZZA LA VENDITA
La notizia è stata accolta con grande soddisfazione, ma lascia ancora sul chi va là i produttori. Un pronunciamento così autorevole ha il suo peso, ma l’orientamento generale non lascia spazio a equivoci. Sull’olio di oliva incide il fattore incertezza. Perché tale accanimento? A chi giova?
21 febbraio 2004 | T N
Questa notizia sull'olio d'oliva ha ridato il sorriso a quanti attendevano con ansia un felice riscontro. La battaglia è stata vinta. Chi vorra' recarsi dall’olivicoltore o dal frantoiano per farsi una scorta d’olio d'oliva vergine o extra vergine allo stato sfuso, in bidoni, taniche, damigiane e quant’altro, ora è possibile farlo senza incorrere in sanzioni. A renderlo noto con soddisfazione è la Cia, la nota Confederazione Italiana Agricoltori che rammenta il proprio impegno nel conseguire quanto è poi accaduto, ovvero l’accoglimento da parte del Tar Liguria, con sentenza del 28 gennaio 2004 e il conseguente annullamento del decreto ministeriale di recepimento del Regolamento europeo numero 1019 del 2002. Cosa significa tutto ciò? Che in questo modo il ricorso di un gruppo di produttori, frantoiani e piccoli comuni rurali ha funzionato. E’ accaduto ciò che appariva impossibile: “sconfiggere” le Istituzioni attraverso le stesse Istituzioni. Sconfiggere è forse una parola eccessiva. Sicuramente sì, ma la gioia dei ricorrenti è tanta da giustificare l’atteggiamento festoso e ilare. Secondo la Cia la decisione ''ripristina una situazione di legalita'”. In fondo si tratta di una pratica commerciale che appartiene alla tradizione del nostro paese. L'acquisto diretto dell’olio d'oliva sfuso dal produttore è una pratica antica e ben consolidata. Lo dimostrano d’altra parte gli studi sul fenomeno. Valga, tra i tanti, il rapporto Il mercato dell’olio di oliva sfuso in Italia, edito lo scorso anno dall’Ismea.
La Cia mette in giusto risalto il proprio impegno nella raccolta di firme per modificare la norma europea che obbliga il confezionamento del prodotto, per la vendita, in recipienti da 5 litri, sigillati ed etichettati. “L'Italia - spiega la Cia - vanta il primato mondiale dell'autoconsumo dell'olio extravergine di oliva. Ben il 30% del prodotto realizzato non finisce sul mercato e delle 500 mila tonnellate, prodotte mediamente in Italia, 150 mila vengono consumate o vendute direttamente da chi realizza l'olio”. Parte da tale peso economico dell’olio sfuso la contrarietà nei confronti di tale norma. Un provvedimento sbagliato, secondo i produttori. E’ proprio così? Vedremo. Intanto abbiamo sentito sul tema in questione il presidente della Cia Liguria Ivano Moscamora.
Presidente Moscamora, la recente sentenza del Tar ha cambiato le carte in gioco. La Cia ha influito molto su tale risultato, attraverso una capillare azione di sensibilizzazione…
Sì, abbiamo fatto un’opera di mobilitazione, ritenendo che le disposizioni contenute nel Regolamento comunitario, e poi nel decreto attuativo, fossero in qualche modo uno strumento vessatorio, e per taluni aspetti anche inutile. Minava una procedura piuttosto consolidata nella nostra regione, ma anche nel resto d’Italia, dell’acquisto dell’olio direttamente dal produttore. La norma sostanzialmente determinava la fine di questo tipo di vendita senza tuttavia che questo determinasse alcun elemento di garanzia in più verso il consumatore. Noi avevamo proposto fra le varie opzioni anche l’eventuale ricorso alla certificazione da rilasciare al produttore a prescindere dal contenitore, n modo che qualora il prodotto non fosse conforme a quanto certificato il consumatore avesse la possibilità di rivalersi con un esplicito richiamo alle norme. Ma riteniamo che sia comunque inutile, perché era la natura di un rapporto che si consolidava nel tempo, che dava corso e significato all’importante elemento della fiducia tra produttore e consumatore.
Si può ritenere soddisfacente la sentenza o c’è il rischio che la direttiva europea faccia il proprio corso…?
Intanto la direttiva fa il proprio corso, ma l’aspetto importante della sentenza è che afferma che lo Stato italiano, nel recepire l’indicazione del regolamento, ha di fatto ampliato, senza che il Regolamento lo richiedesse, l’ambito di applicazione. Il Tar dice una cosa importante: “Guarda Governo italiano tu hai normato dando delle indicazioni eccessive, interpretando in maniera restrittiva ciò che in realtà il regolamento non dice”. C’è tutto un gioco di parole sul termine “presentazione” che ha dato luogo a un decreto attuativo fortemente restrittivo. La vendita diretta produttore-consumatore dell’olio sfuso non rientra infatti nella disciplina comunitaria. Il regolamento riguarda dunque solo ed esclusivamente l’ambito degli oli confezionati. Ora è l’occasione giusta per riprendere in mano la questione e valutare l’opportunità di fornire comunque delle garanzie al consumatore che acquista l’olio. La situazione da noi in Liguria è molto particolare. Da noi vengono in azienda per starci anche mezza giornata, si va a vedere le olive e poi dopo aver pranzato insieme se ne vanno dopo aver acquistato 50 litri d’olio. Tutti raccontano la bella novella del turismo gastronomico, ma questo cos’è? E’ l’elemento con il quale si concretizza questo tipo di legame fra il mondo della produzione e i consumatori. Non si capisce il perché si debba rendere complicato ciò che invece non lo è. Anzi, in realtà forse si capisce il perché di una burocratizzazione così esasperata che si voleva imporre. Intanto c’è un preoccupante silenzio sulla irrisolta questione del “made in Italy”, da parte di coloro che ci hanno accusato, in ragione della battaglia che abbiamo condotto a favore della vendita dell’olio sfuso, di essere poco moderni e che ci volevano insegnare ad esserlo. In realtà ci sono tanti modi per consentire al produttore di essere trasparente, facendo conoscere al consumatore tutti i passaggi che l’olio subisce. Stiamo ora mettendo a punto, come Cia Liguria, un progetto che riguarda la valorizzazione di una fascia di olio di altissima qualità, al di fuori addirittura dei meccanismi della Dop. E’ l’operazione che noi chiamiamo “schietto ligure” e attraverso il sito il consumatore può venire a conoscenza dei produttori che hanno prodotto l’olio, e dove lo hanno prodotto e quanto ne hanno prodotto, le analisi organolettiche e chimico-fisiche e ogni altro elemento che consente di fornire al consumatore la massima trasparenza. Vogliamo continuare su questa strada della tracciabilità.
Altre testimonianze
Ecco invece la voce di chi produce, con il commento di Luciano Gallizia, presidente della Cooperativa olivicola di Arnasco:" il decreto legge nato per limitare la frode sulla commercializzazione dell'olio, in realtà non è riuscito nell' intento, perchè formulato in modo errato. Tale decreto partiva infatti dall'ultimo atto della filiera, occupandosi prevalentemente del confezionamento, vincolando così diversi sistemi di vendita e non tutelando assolutamente il consumatore. Io credo infatti che per ottenere delle garanzie il consumatore dovrebbe avere dalle aziende più certificazioni sulla qualità e sul luogo di produzione, attraverso un serio discorso di tracciabilità del prodotto, e non essere penalizzato sulla semplice scelta del contenitore.
Abbiamo sentito anche il presidente di una nota associazione, ma sull’argomento ha preferito tenersi fuori: “la situazione – ha detto – è molto complessa; formulare un parere al riguardo non è semplice”. Non citiamo, per correttezza, il nome del presidente che ha preferito non pronunciarsi, ma tale posizione è un segno evidente di come il tema contenga in sé una forte carica di controversia. Ed è altrettanto evidente che gli interessi nel comparto olio di oliva volgano ancora verso opposte tendenze. Aspetto, questo, che certamente non giova all’intera filiera, finché non si arriverà a una pacificazione tra le parti.