Economia

Tra escamotage e pesanti sanzioni, il fenomeno del lavoro nero

Da un punto di vista economico, è più conveniente lavorare nel sommerso o nella legalità? Ora si affaccia anche il lavoro "grigio", un modo alternativo di sottrarsi alle maxi penali. A colloquio con Iunio Valerio Romano, per alcune utili delucidazioni intorno a una materia incandescente

09 febbraio 2008 | Antonella Casilli

Il fenomeno del lavoro nero presenta complessità e varietà multiformi.
In alcuni contesti territoriali può addirittura sfociare nell’economia criminale, può presentare caratteristiche molto gravi qualora interessi lavoratori extracomunitari, specie se privi del permesso di soggiorno.
Abbiamo chiesto, di illuminarci su queste distorsioni, al dottor Iunio Valerio Romano, ispettore del Lavoro, responsabile Unità Operativa Viglilanza Ordinaria II presso la Direzione del Lavoro di Lecce, membro del gruppo di studio deputato alla redazione delle risposte ad interpello costituito presso il Ministero del Lavoro.
Il dottor Romano, lo ricordiamo, è una vecchia conoscenza del giornale, visto che abbiamo recensito il suo libro
L’ispezione in materia di lavoro e legislazione sociale, edito da Halley(link esterno).



Il fenomeno del lavoro nero riguarda in particolare alcuni settopri produttivi...
Sì, i settori più interessati sono senza dubbio, quantunque con intensità differenti in Italia, quello dell’edilizia e quello dell’agricoltura.

Per arginare questo fenomeno sono indispensabili strumenti e politiche indirette che modifichino stabilmente il contesto in cui esso si manifesta...
Esatto, è proprio ciò che sta avvenendo. Nel corso di quest’ultimo biennio, da un certo punto di vista politico si è manifestata, in maniera chiara e decisa,
la volontà di contrastare tale fenomeno, fornendo agli organi di vigilanza strumenti che per certi versi possono essere sembrati anche eccessivi, ma la cui finalità deterrente è in ogni caso di palmare evidenza.

Mi sembra che stia pensando alle politiche dirette di tipo repressivo
sanzionatorio...

Certo, penso alla rivisitazione della maxi sanzione e al provvedimento di sospensione dei lavori. Inizialmente previsto soltanto in edilizia, e poi, di recente, con la L. 123 del 2007, esteso anche ad altri settori produttivi.

La L.123 del 2007 è la panacea del male rappresentato dal “lavoro nero”?
Ahimè no, se da un lato si è statisticamente riscontrato un calo del lavoro cosiddetto "nero", ossia totalmente sommerso, dall’altro si assiste, negli ultimi tempi, alla constatazione del fenomeno del cosiddetto lavoro "grigio", che, per definizione, rimane sottratto all’alveo applicativo della maxi sanzione. In edilizia ad esempio, si assiste al frequente ricorso a contratti di lavoro “part time”, formalmente denunciati, che tuttavia mascherano prestazioni lavorative rese a tempo pieno. Atteso che sino ad oggi era consentita una certa flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro, per l’organo ispettivo vi è
una palese difficoltà, in assenza di prove testimoniali incrociate, a provare la realtà di fatto.

Ma se, come lei asserisce, l’orario di lavoro rappresenta un escamotage per sfuggire al controllo della manodopera effettivamente utilizzata, immaginiamo cosa può avvenire con altre tipologie lavorative... Penso al lavoro autonomo coordinato, non utilizzato correttamente...
In effetti, sono fuori dall’alveo applicativo della maxi sanzione anche le collaborazioni coordinate a progetto formalmente denunciate che tuttavia non risultano genuine anche se in tal caso, il disconoscimento delle stesse, da parte dell’organo ispettivo, produce conseguenze, non di poco conto, in capo al datore di lavoro. Altro fenomeno, degno di nota, che ha caratterizzato
questi ultimi anni è il ricorso all’ out sourcing, ovvero l’esternalizzazione di fasi di produzione che tuttavia si rivela, spesso, meramente fittizio. Stringente è la disciplina di settore in special modo penso al cosiddetto appalto non genuino, penalmente sanzionato. Più complesso, per l’organo ispettivo, dare la prova di tutto ciò, soprattutto nel caso non abbia carattere documentale, ma si fonda su mere dichiarazioni testimoniali che, come è noto, per assurgere a prova, devono essere confermate nel corso del dibattimento penale.

La maxi sanzione ha rappresentato una strategia di contrasto nell’utilizzo della manodopera o è semplicemente stata una enfatizzazione della sanzione, talmente dissuasiva da rendere distruttiva per l’impresa ogni scelta non conforme al parametro della legalità?
A mio avviso la maxi sanzione ha sicuramente espletato una funzione
deterrente, così come è accaduto e accade per il provvedimento di
sospensione dei lavori. A mio avviso, ciò che può creare qualche problema è la gestione di un’arma che può consentire che, secondo alcuni, può non essere proporzionata all’offesa. Per come la vedo io, non è questo il punto perché, quando si discute in merito alla sicurezza del lavoro, e quindi alla salute e alla vita dei lavoratori, le sanzioni previste sono fin troppo tenui. Ciò che, forse, va
ripensato è la valutazione, il peso da dare all’elemento psicologico che sottende la condotta illecita. Atteso che come è noto, a differenza di quanto accada per l’illecito penale l’illecito amministrativo può essere sanzionato tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa. Per cui valutare e punire allo stesso modo, particolarmente pesante, condotte illecite poste in essere intenzionalmente, e magari con finalità fraudolente, e condotte che violano il medesimo precetto, ma poste in essere solo a titolo di colpa, può sembrare, agli occhi dell’opinione pubblica, non equo.

Ritiene che sia mancato qualcosa nelle regole giuslavoristi che atteso che non solo la lotta al lavoro nero non riesce a raggiungere i livelli sperati ma addirittura il nero sta assumendo nuove e multiformi sfumature di grigio?
Personalmente ritengo che lo Stato abbia fornito mezzi e strumenti per una lotta efficace al lavoro sommerso. Quello che manca è, forse, una più
convincente attività formativa e informativa, che inculchi una educazione alla legalità. Vale a dire, il mondo imprenditoriale deve convincersi di quello che è: la legalità, da un punto di vista economico, è più conveniente del sommerso. Pensiamo ai finanziamenti contributivi, sgravi che vengono previsti dal legislatore nazionale e comunitario.

La copertina del libro di Iunio Valerio Romano