Economia
Importazioni record di olio di oliva in Europa

Non solo Tunisia, anche Turchia e Siria, tra i principali esportatori di olio di oliva in Europa. Quasi 180 mila tonnellate importante per mantenere l’export europeo di olio di oliva stabile
06 ottobre 2024 | T N
E’ record per le importazioni di olio di oliva in Europa, complice le due campagne olearie di scarica consecutive in Spagna, secondo l'ultimo report ufficiale della Commissione europea al 27 settembre 2024.
Quasi 180 mila tonnellate di olio di oliva sono arrivate in Europa da ottobre 2023 a luglio 2024, di cui la gran parte viene dalla Tunisia che con 111 mila tonnellate si conferma il principale esportatore di olio europeo. Sul podio la Turchia, con 24 mila tonnellate, e la Siria, con 10 mila tonnellate, seguita a breve distanza dall’Egitto a 9500 tonnellate.
E’ l’ottavo anno consecutivo in cui viene completamente allocata la quota di olio di oliva a dazio zero dalla Tunisia (57800 tonnellate) in gran parte destinate all’export per proporre olio a basso prezzo sui mercati internazionali.
Evidente, sul lato del mercato, le differenziazioni tra i Paesi che consumano olio di oliva da più tempo e i nuovi consumatori di olio, oppure dove l’extravergine è considerato, per cultura gastronomica, un prodotto etnico, legato alla cuna europea.
Infatti, nonostante i prezzi alti, l’export di olio di oliva negli Stati Uniti fa segnare un rassicurante +6,5% a 194 mila euro, ovviamente più basso rispetto alla media degli ultimi cinque anni a 217 mila tonnellate. Un dato dovuto soprattutto alla scarsità di prodotto disponibile.
Addirittura l’Australia incrementa il doppio rispetto agli Stati Uniti, in percentuale, le proprie importazioni di olio dall’Europa, salendo oltre le 20 mila tonnellate. Export sostanzialmente stabile in Brasile e Regno Unito.
Dove l’olio di oliva fatica sono Cina e Giappone, entrambi con una decrescita dell’export del 23%.
Il sistema olivicolo oleario europeo ha tenuto bene alla produzione deficitaria delle ultime due campagne olearie, in parte grazie alle importazioni, e in gran parte all’affezione verso l’extravergine dei consumatori mondiali che si sono dimostrati molto meno elastici, ovvero disponibili a spostarsi verso altre categorie, di quello che era ipotizzabile.