Economia

NON È SOLO LA CRISI ECONOMICA CONTINGENTE A PESARE SULLE AZIENDE VITIVINICOLE. VI SONO ANCHE PROBLEMI STRUTTURALI E TROPPA IMPROVVISAZIONE

Come vanno le vendite del vino? Abbiamo voluto andare oltre i dati ufficiali. Ne abbiamo parlato con un professionista che opera da anni sul campo, “alle volte – dice – mi sembra che aziende agricole e noi agenti parliamo linguaggi diversi, difficile comprendersi”. Appena ritornato da Bordeaux ci conferma le voci che vogliono i cugini d’oltralpe più in difficoltà rispetto a noi, ma “sono molto più professionali”

02 luglio 2005 | T N

Marco Lorenzini ha 42 anni, agente di commercio dal 1987, specializzato in vini e liquori, rappresenta oggi aziende e marche molto importanti a livello nazionale e internazionale.

- Dopo anni di esperienza, quali sono gli errori più comuni, e quindi anche più facilmente evitabili, che un’azienda agricola può commettere sia nei suoi confronti sia nei confronti dei clienti?
Alle volte credo che noi agenti di commercio e le aziende agricole parliamo linguaggi diversi, difficile intendersi. Debbo però fare una precisazione. Mi riferisco in particolare alle aziende medio-piccole, ormai le imprese più grandi hanno ben compreso le regole del commercio. I piccoli invece pagano la mancanza di esperienza, ma, più di una volta, pretendono, vogliono imporre, senza neanche stare ad ascoltare. Difficile instaurare un fruttuoso rapporto di collaborazione in questi casi. Serve flessibilità, qualche basilare nozione di marketing, una buona predisposizione alle pubbliche relazioni per fare il mio lavoro. Investo il mio tempo, investo le mie relazioni, costruite nel corso di anni, quando propongo un prodotto. Questo è un concetto che però è difficile far comprendere, come pure quando chiedo qualche piccolo investimento, qualche bottiglia da far degustare, una cena, una visita in cantina, ottenendo in cambio facce sbalordite, è evidente che non capiscono. Sa che, alle volte, mi capita di dover comprare le bottiglie che offro in degustazione?
Ma quello che, in assoluto, mi fa più arrabbiare è la mancanza di serietà e correttezza. Anche in questo caso sono i più piccoli a comportarsi peggio: contratti stracciati dall’oggi al domani, provvigioni non pagate, violazioni dei diritti d’esclusiva. Comportamenti scorretti che sono intollerabili, tanto più per noi, come categoria, che basiamo, o dovremmo basare, la nostra professione proprio su correttezza e onestà. Spesso riscuoto per i miei committenti, far transitare quei soldi sul mio conto corrente potrebbe portarmi qualche beneficio in termini di interessi maturati. Non lo faccio sa perchè? Oltre che disonesto, ne andrebbe di mezzo la mia immagine, la mia professionalità e, in fondo, è proprio su questa che io vivo. Altrettanta serietà esigo dai miei committenti.
- Il suo lavoro quindi non si limita alla sola vendita del prodotto, in realtà la si potrebbe definire un consulente aziendale? Fa marketing, pubbliche relazioni...
Certo. Conosco il mio mercato, la mia piazza e i miei clienti. Conosco le loro esigenze e le loro priorità. Quindi so anche consigliare i miei committenti. L’agente di commercio non si limita alla tentata vendita, non più.
-Lei quindi consiglia su strategie di marketing, etichette, posizionamento prezzo...
Posso fornire suggerimenti su tutti questi fronti, sì, e anche altri. Il punto è, le aziende poi ti ascoltano? Quelle più grandi sì, le più piccole spesso no. Ormai è prassi nelle imprese meglio strutturate coinvolgere gli agenti più bravi, che raramente sono più del 40-50% della forza in organico ma che rappresentano i 2/3 o più del fatturato, in molte decisioni. Esprimiamo giudizi sulle etichette, forniamo opinioni sul posizionamento prezzo dei prodotti e, in molti casi, veniamo ascoltati e le nostre osservazioni, non lo dico per piaggeria, centrano nel segno. Nelle piccole realtà produttive, mi dispiace dirlo, c’è troppa improvvisazione e troppo poca professionalità, ma molta presunzione. Un esempio? Non sono poche le piccole aziende che tendono a caricare il cliente con ordini importanti, grandi quantità. Così lo violentano. È una tecnica vecchia e ormai desueta. Ordini più piccoli ma ripetuti, i volumi di vendita ne guadagneranno. Certo, occorre più impegno, un maggior riguardo e sollecitudine verso il cliente, andarlo a trovare, pranzare da lui. Sa quanto spendo io tutti gli anni in ristoranti? Non sottovalutiamo infine il comportamento, l’atteggiamento, ma anche elementi forse più frivoli ma molto importanti come l’aspetto, che deve essere sempre ben curato. Sono il primo impatto e la prima impressione è fondamentale.
- Veniamo ora al punto dolente. Il mercato. Come vanno le vendite? La crisi si fa ancora sentire?
La crisi si fa ancora sentire certo. L’effetto euro, al di là dell’inflazione Istat, ha pesato e pesa considerevolmente, ce ne accorgiamo tutti i giorni andando a fare la spesa, comprando un pacchetto di sigarette, ci sono pochi soldi in tasca. Poi il comparto vitivinicolo ha commesso i suoi errori. C’è stata una lievitazione dei prezzi di vendita che ha riguardato indistintamente tutti, dall’azienda appena nata alla grande impresa con secoli di storia. Non la si può definire altrimenti che follia collettiva. Per fortuna ora molti hanno rivisto le proprie posizioni e al ribasso, compresi grossi nomi di Bolgheri, del Chianti, del Brunello. È suonato un campanello d’allarme e, per fortuna, ci siamo adeguati abbastanza rapidamente. A soffrire sono soprattutto i vini d’alta gamma, quelli che, tanto per intenderci, escono dalla cantina a 25-30 euro. Il resto certo non brilla, ma non siamo certo al -30% paventato da alcuni. Si può definire una situazione di stabilità, si va dal -10% al +10%, con le spese, e non solo quelle produttive, che sono salite. Anche a vendere, ovviamente, si fa più fatica, è richiesto più impegno, più tempo, maggiori investimenti ma i volumi sostanzialmente tengono.
-So che è appena tornato da Bordeaux. Come è la situazione in Francia? Come ha trovato Vinexpo?
La Francia è messa molto peggio rispetto a noi. Non hanno voluto ribassare i prezzi, hanno tenuto duro e ora ne stanno pagando le conseguenze. Si vociferava di un 30% della produzione invenduta, un record negativo, in molti chiedevano, a bassa voce, la distillazione. Gli importatori statunitensi non si sono visti, pochi anche i tedeschi e i giapponesi. Meno affluenza, molta meno, rispetto a qualche anno fa. Anche se si tratta pur sempre di un pubblico qualificato. Non ci sono le famiglie a passeggio e bande di ragazzi che vogliono ubriacarsi, come al Vinitaly. È il luogo ideale per discutere d’affari, l’ingresso è limitato ai soli addetti ai lavori. I produttori sono poi molto professionali, sono competenti, abbiamo ancora molto da imparare da loro sul versante marketing e promozione. In quanto alla qualità dei vini... l’Italia ha una produzione media con standard qualitativi decisamente superiori. Beviamo meglio dei francesi a prezzi molto più ragionevoli. Loro tuttavia, come ricordavo, restano leader indiscussi per quanto riguarda la difesa delle loro produzioni di punta, sono magnifici in questo. Nessuno dice male dell’altro, nessuna maldicenza, questa sembra una caratteristica, negativa, tutta italiana.