Economia
Il mercato del vino continuerà a crescere almeno fino al 2015

Lo scenario delineato al Vinexpo Pacific indica una crescita per il mercato vitivinicolo trainata dalla Cina. La curiosità dei nuovi consumatori nasce sul web. Quali speranze per il vino italiano?
02 giugno 2012 | Graziano Alderighi
Il business internazionale del vino continuerà a crescere, almeno fino al 2015, grazie all'aumento dei consumi in Asia, cina in primis. È quanto si legge nel report dell’International Wine and Spirit Research, presentato al Vinexpo Asia-Pacific.
Tra il 2006 e il 2010 i consumi di vino in Cina sono cresciuti del 140% e da qui al 2015 si prevede un ulteriore salto del 54%, anche perchè attualmente i cinesi ne consumano appena 1,1 litri all’anno a testa. Le etichette straniere rappresentano solo il 17% del totale, ma la loro penetrazione sale ad un ritmo del 65% l’anno, spinta soprattutto dai consumatori trentenni, curiosi di sperimentare prodotti nuovi, non solo francesi.
Una curiosità che si spinge soprattutto nel web. E' qui che i cinesi cercano informazioni sul vino. Il portale Decanter.com ha avuto un record di accessi cinesi ad aprile, superiore a qualli di statunistensi e briutannici messi insieme,
“Se fino a 20 anni fa il vino italiano deteneva quote di mercato marginali per volume e valore nel mondo, oggi i numeri ci dicono che il nostro Paese ha conquistato posizioni di leadership o co-leadership con altri Paesi nostri competitor; Francia in primis”. E’ questa la sintesi dell’evoluzione del vino italiano sui mercati internazionali tracciata da Piero Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, che ha aperto i lavori del convegno.
Una scalata, quella del vino italiano, resa possibile da campagne promozionali e azioni educazionali strategiche come quelle adottate, in questi 10 anni circa, dalle 19 cantine associate all’Istituto, in nome della qualità e della cultura di uno dei prodotti simbolo del made in italy nel mondo che, nel 2011, ha raggiunto i 4,4 miliardi di euro di export. “Se i dati ci dimostrano che in alcuni Paesi, come il Canada – ha proseguito Antinori – il vino italiano può dirsi consolidato, non altrettanto lo è nei cosiddetti mercati emergenti che richiedono uno sforzo di sistema per inserirsi e posizionarsi”.