Cultura

Crescita demografica e risorse naturali, una via d'uscita

Potrà il pianeta produrre il pane, e la carne, per 9 miliardi di uomini? Non ci potranno essere più miracoli. Le argomentate note di Alfonso Pascale a margine di un convegno e l'auspicio di politiche agricole efficaci e regole del commercio più rigorose

23 gennaio 2010 | Alfonso Pascale



Fino a cinquant’anni fa la popolazione mondiale si raddoppiava in lassi di tempo che variavano dai tremila ai mille anni. Dopodiché, il raddoppio è avvenuto nel giro di qualche decennio; e nello stesso intervallo la produzione di cereali si è triplicata.

Gli storici amano spiegare tale crescita analizzando le due fonti di incremento di lungo periodo della produzione: i fattori impiegati, ossia la terra, il capitale e il lavoro, e la loro produttività. Dalle stime effettuate dagli studiosi si evince che l’incremento della Produttività Totale dei Fattori (PTF) ha subito una forte accelerazione soprattutto dopo il 1950.

A cosa si deve questo successo? Molti analisti hanno tentato di rispondere a questa domanda con la speranza di trovare ricette per il futuro, soprattutto per quello dei paesi poveri. La risposta completa è ancora lontana, anche per la difficoltà della teoria economica a spiegare il progresso tecnico. Quello che appare immediatamente è che la crescita della PTF risulta maggiore nei paesi che hanno un ordinamento democratico e sono più aperti al commercio internazionale ed è decisamente minore nei paesi con regimi totalitari. Ciò vuol dire che l’investimento in ricerca e sviluppo, pur importante, non costituisce l’unica fonte della crescita della produttività. Ad esso va correlato il ruolo delle variabili politiche e istituzionali.

Un approfondimento di tali tematiche da un’ottica insolita, quella del rapporto tra popolazione e risorse, è venuto da un convegno dell’Associazione “Nuova Terra Antica”, svoltosi a Firenze il 20 novembre scorso nel quadro delle celebrazioni dei centocinquanta anni dalla fondazione del quotidiano “La Nazione”.

Nonostante la suggestività dell’approccio, l’iniziativa è passata inosservata. Inspiegabilmente la stessa testata che l’aveva promossa e ospitata non ne ha diffuso i risultati. Eppure il titolo dell’iniziativa recitava: “Risorse alimentari tra contraddizioni antiche e incertezze future. Potrà il Pianeta produrre il pane (e la carne) per 9 miliardi di uomini?” E la relazione principale “Tra l’umanità e le risorse la frattura dell’economia, della politica, dell’etica” è stata affidata ad uno studioso di notevole levatura, Antonio Saltini, che ha trattato l’argomento da storico dell’innovazione. Egli è, infatti, autore non solo di organiche inchieste giornalistiche sulle più rilevanti vicende agricole del nostro Paese, ma anche di una monumentale “Storia delle scienze agrarie” che ha segnato l’ingresso dell’agronomia negli studi storici della scienza.

Lo scrittore ha sostenuto che l’innovazione introdotta nell’agricoltura e che è valsa a triplicare le produzioni agricole tra il 1950 e il 2000 è stata l’esito di scoperte scientifiche realizzate nel secolo precedente e si è espressa in un sinergismo straordinario a ragione di una disponibilità di risorse unica e di condizioni economiche favorevoli. I fattori che vi avrebbero contribuito sono essenzialmente cinque: la conversione delle foreste tropicali in campi coltivati, l'ampliamento delle superfici irrigue, la decuplicazione della produzione di fertilizzanti, l'esplosione di quella di antiparassitari e la costituzione, da parte della genetica, di nuove varietà delle specie coltivate. Ma l’aspetto più interessante della relazione di Saltini è l’illustrazione della tesi - molto diffusa tra gli agronomi, in virtù delle loro conoscenze specifiche della geografia agraria del Pianeta, ma sottovalutata dagli economisti - secondo la quale le risorse disponibili nel 1950 sarebbero state tutte impiegate e oggi si presenterebbero ampiamente logorate. Sicché – è questa la conclusione a cui lo studioso perviene – quel miracolo non potrà avvenire più e “per nutrire i tre miliardi di uomini che si aggiungeranno, nel futuro prossimo, alla popolazione mondiale, l'umanità dovrà, innanzitutto, preservare da ogni spreco le risorse disponibili, dovrà, soprattutto, provvedere alla più equa distribuzione delle produzioni sussistenti, evitando conflitti che, anziché soddisfare esigenze inappagate, moltiplicherebbero distruzioni e carenze”.


La finitudine delle risorse e le politiche agricole
Si tratta della versione aggiornata alla luce dei più recenti studi scientifici della nota tesi della finitudine delle risorse e dei limiti dello sviluppo, già oggetto nel 1974 di un inascoltato allarme del Club di Roma e che torna d’attualità a seguito della recente denuncia della Fao sull’incremento delle popolazioni colpite dalla fame. Ma da questa tesi condivisibile Saltini trae spunto per attaccare un’improbabile “alleanza di ambientalismo, di simpatie terzomondiste, di sottomissione ai desiderata americani” nell’Unione Europea, la quale avrebbe “completamente dissolto la strategia per la certezza degli approvvigionamenti che ispirò i padri fondatori della Comunità”.

In realtà, lo studioso mostra nostalgia per una Pac protezionistica che, per gran parte, è finalmente alle nostre spalle e auspica un rilancio di quella politica per poter incentivare la crescita delle produzioni cerealicole, in modo da poterle “esportare in paesi che offrano in cambio petrolio e uranio”, non disponendo più delle risorse naturali per accrescere in loco le loro scorte alimentari.


Tornare al protezionismo: una ricetta che non risolve il problema
Ma a parer mio è il ritorno a politiche protezionistiche da scongiurare perché proprio esse potrebbero innescare quei conflitti che giustamente si paventano, analizzando i dati del delicato rapporto tra popolazione e risorse. Tuttavia, la fine del protezionismo non può significare la mancanza di politiche agricole efficaci e di regole rigorose nel commercio mondiale.

Il problema sollevato nel convegno di Firenze è, dunque, molto serio e va affrontato con rigore non già, a mio avviso, restaurando – come è stato prospettato dai relatori – politiche iperstataliste, ma accompagnando la liberalizzazione dei mercati con politiche che introducano più controllo sui mercati stessi e che sappiano immettere razionalità in tessuti sociali ed economici che presentano un allargamento delle disuguaglianze e rischi di ulteriori squilibri.

Al momento non si avverte – è questa la mia opinione – l’immediata necessità di aumentare le produzioni agricole in Europa per contribuire a debellare la fame nei paesi poveri, a cui andrebbero invece assicurati da parte dei paesi avanzati aiuti allo sviluppo, nell’ambito di progetti che salvaguardino le risorse naturali. Ma questa condizione potrebbe ovviamente modificarsi in futuro, come l’Associazione “Nuova Terra Antica” giustamente paventa; e, dunque, appare necessario governare il territorio europeo con regole efficaci per preservare le aree agricole da usi dilapidatori e con incentivi a comportamenti responsabili, volti a conservarne la fertilità e a renderle fruibili per scopi sociali. Ci vorrebbe, in definitiva, una PAC che promuova la produzione di beni pubblici sotto il profilo ambientale e quello sociale in modo da salvaguardare le risorse ed essere pronti, in caso di necessità, ad estendere le aree coltivate.

A Firenze sono state, inoltre, presentate altre relazioni di notevole interesse da parte di studiosi e ricercatori: “L’agricoltura moderna e la fine della scarsità delle risorse” di Giovanni Federico, “Risorse e popolazione in Italia” di Paolo Malanima, “Urban security: l’approvvigionamento alimentare in età moderna e contemporanea” di Donatella Strangio, “L’acqua: per una storia economica di una risorsa contesa” di Luca Mocarelli, “Cibo o energia? Dilemmi produttivi dalla trappola dell’irriguo alla trappola del mais, secoli XV-XXI” di Guido Alfani, “I limiti del bosco: scarsità di legname e politica forestale in Italia tra Otto e Novecento” di David Celetti. E ulteriori contributi saranno disponibili in futuro dal momento che il gruppo di studio, raccolto intorno all’Associazione promotrice, ha annunciato altre iniziative di approfondimento. Con l’avvio del negoziato sulle prospettive finanziarie e sulle politiche dell’UE per il periodo 2013-2020 il dibattito su questi temi si rivela sempre più di grande utilità.





Il programma dei lavori e le relazioni presentate al convegno:
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