Cultura

Guido Spera, un agronomo-artista al servizio della modernizzazione

Personalità poliedrica e originale, il noto professionista lucano poneva attenzione alle tecnologie senza abbandonare i valori della tradizione umanistica. La sua figura viene raccontata in un libro di cui ci riferisce Alfonso Pascale

05 settembre 2009 | Alfonso Pascale

Alfonso Pascale

Una recente pubblicazione curata dall’Associazione Culturale Donne 99 raccoglie i risultati di una interessante ricerca sulla figura originale di un agronomo lucano vissuto nella prima metà del Novecento (F. Radogna, C. Settembrino, I. Settembrino, G. A. Laurino, Guido Spera. L’arte illustrata e il divulgatore agricolo, Tito, 2009, pagg. 80).

La copertina del libro edito da Donne 99

Si tratta dello studio di una personalità poliedrica che ha fatto parte di quei gruppi sociali tecnocratici, i quali, nati dai sommovimenti prodotti dalla Grande Guerra, sono stati fortemente interessati allo sviluppo economico e alla modernizzazione del paese con una visione produttivistica orientata in senso nazionale e fondata sull’idea della collaborazione tra le classi e del ruolo organizzatore e regolatore dello Stato. Li caratterizzava sul piano culturale l’attenzione rivolta alle competenze e alle tecnologie senza abbandonare i valori della tradizione umanistica; da qui la reciproca simpatia che li legava al regime fascista, il quale ambiva a presentarsi e in parte riuscì a proporsi, sebbene con un’impostazione autoritaria e spesso violenta, come motore dell’ammodernamento dell’economia italiana.

Conseguita la maturità classica a Potenza e laureatosi in Agraria nel 1914 presso la Scuola Superiore di Agricoltura di Portici, Guido Spera fu dapprima assistente alla cattedra di Patologia vegetale presso la stessa istituzione e dal 1927 funzionario direttivo presso le Cattedre Ambulanti di Agricoltura inizialmente in quella di Potenza e poi in quella di Matera, dove svolse una intensa attività di divulgazione delle tecniche agricole e di promozione dei prodotti agroalimentari lucani ininterrottamente fino alla soppressione di tali enti, che avvenne nel 1935 quando il regime fascista normalizzò la politica agraria inaugurata da Arrigo Serpieri.

Con la fine della bonifica serpieriana e la consegna dell’istruzione agraria al Ministero dell’Educazione nazionale, le Cattedre Ambulanti di Agricoltura furono, infatti, disciolte e i loro tecnici assegnati agli Ispettorati agrari; in tal modo, venne ad infrangersi l’unitarietà del sistema formativo e divulgativo in agricoltura disegnato dal Serpieri. E’ in siffatto nuovo contesto che Guido Spera rivestì l’incarico di reggente dell’Ispettorato agrario di Matera fino al pensionamento, che avvenne nel 1949.


Un intellettuale dai molteplici interessi

La peculiarità del personaggio risiede nel fatto che i suoi interessi non erano rivolti esclusivamente all’agricoltura. Nel corso del suo soggiorno a Napoli, egli aveva prestato la sua opera in qualità di scenografo presso il teatro S. Carlo; e questa sua passione per l’arte drammatica la coltivò per tutta la vita sino a svolgere per un lungo periodo il ruolo di direttore artistico del folklore presso la sede provinciale di Matera dell’Opera Nazionale Dopolavoro (Ond).
Seguendo il suo innato senso artistico e le orme del padre tipografo, si era appassionato fin da ragazzo anche all’arte grafica. Sicché per tutta la vita collaborò con giornali e riviste producendo vignette e composizioni figurative, le quali, con una graffiante ironia e il suggello della sigla “Giesse”, tratteggiavano fatti e personaggi della politica e della società in un’epoca non proprio incline alla satira.

Questi interessi così diversi, amalgamati dalla sua passione civile e dall’amore che nutriva per la sua terra, lo portarono ben presto a specializzarsi nella rappresentazione grafica della vita agricola e pastorale della Basilicata, lasciandosi ispirare dal patrimonio storico-antropologico e dalle antiche tradizioni civili e religiose del popolo lucano.
Con geniale intuizione, lo Spera avvertì però che la sua attività di divulgatore delle tecniche e dei saperi scientifici in agricoltura aveva bisogno di strumenti complessi al fine di comunicare efficacemente con il mondo contadino, verso il quale si atteggiava senza alcuna supponenza ma con spirito umile e attento a coglierne il prezioso distillato di saggezza millenaria, che considerava componente fondamentale delle conoscenze utili per il progresso agricolo. Egli inventò, dunque, un comune “gergo” dialettale con cui riusciva a farsi capire in ogni contrada della regione a dispetto delle marcate differenze idiomatiche che caratterizzavano i diversi paesi lucani. Rappresentazione artistico-figurativa della vita rurale e unificazione condivisa dei dialetti nella versione scritta di una comune parlata diventano così gli elementi portanti degli ausili comunicativi utilizzati nell’attività divulgativa e informativa.

Il suo acume non ordinario lo portò, peraltro, a prestare la dovuta attenzione alle forme con cui comunicare le innovazioni agricole al mondo esterno all’agricoltura, ideando modalità complesse e interdisciplinari che vennero molto apprezzate dai contemporanei per la loro efficacia. Curando la partecipazione dell’agricoltura lucana ad eventi espositivi nazionali o coordinando direttamente la realizzazione di mostre e manifestazioni agricole in Basilicata, egli combinava con maestria la conoscenza delle tradizioni popolari, dei mercati nel loro articolarsi in base alle preferenze manifestate dai consumatori, delle potenzialità possedute dai marchi pubblicitari nel mostrare i tratti tipici di un prodotto con la contezza dei risultati conseguiti nel tempo dal progresso tecnico e con la competenza in materia di arti figurative, scenografia e coreografia.

Spirito eclettico e multiforme per alcuni tratti simile a Duilio Cambellotti, straordinario e prolifico protagonista della bonifica pontina, Guido Spera appartenne, dunque, in modo del tutto peculiare a quella élite di stampo rinascimentale, che aveva in Alberto Beneduce, Meuccio Ruini, Vincenzo Giuffrida, Edoardo Pantano, di ispirazione più direttamente nittiana, ma anche in Adolfo Omodeo, Oreste Bordiga, Carlo Petrocchi, Eliseo Jandolo e sotto l’egemonia politico-intellettuale di Arrigo Serpieri i massimi esponenti di un’ipotesi di governo complessivo dell’economia volto ad assorbire le aree arretrate del paese in un tragitto di sviluppo territoriale orientato nazionalmente.


L’articolazione della ricerca

Il volume è frutto dell’impegno congiunto di alcuni ricercatori di storia contemporanea che, avvalendosi di una molteplicità di fonti, offrono con uno stile sobrio e accattivante i primi risultati del lavoro di scavo su di una figura d’eccezione; lavoro da proseguire senza indugi - se già la primizia è ricca di sorprese - e nella cornice di una ricerca più ampia sugli intellettuali con competenze agronomiche che nella prima metà del Novecento contribuirono a modernizzare l’Italia.
Filippo Radogna ha intervistato la figlia di Guido, Maria, che vive a Matera nella casa paterna, restituendoci il profondo spessore umano del cattedratico, i tratti ideologici di un percorso intellettuale complesso e il civismo che caratterizza la sua versatile attività.

Carmelo Settembrino approfondisce poi il quadro dell’esperienza artistica dello Spera, da cui si ricava non solo la molteplicità delle testate giornalistiche con cui collaborò ma anche la ricchezza dei rapporti con le diverse scuole di caricaturisti.

Irene Settembrino fornisce, inoltre, i caratteri singolari della sua attività di cattedratico e di promotore dell’agricoltura lucana, che egli svolgeva con quell’approccio unitario e mai settoriale di derivazione serpieriana, in cui lo sviluppo agricolo è visto sì in senso produttivistico ma sempre in un’accezione territoriale e comunitaria.

Giuseppina Anna Laurino correda, infine, la ricerca di una presentazione de “Le chiacchiere di Carminuzzo Valente” - un quaderno con cui l’agronomo creativo fornì ai coltivatori lucani le prime formule di concimazione utilizzando un dialetto comprensibile in tutta la regione che egli stesso aveva creato - e di una scheda sull’Archivio privato dell’artista, non ancora inventariato, con un primo elenco delle sue numerose pubblicazioni.