Cultura
ROCCO SCOTELLARO, IL POETA DELLA LIBERTA' CONTADINA
L’attualità dello scrittore messa in luce con grande maestrìa e competenza da Alfonso Pascale. Un lascito prezioso, che in questi cinquant'anni non è stato valutato e compreso appieno. Intanto da Mondadori è fresco di stampa, tra gli Oscar, il volume Tutte le poesie. 1940-1953. Assolutamente da leggere
29 maggio 2004 | Alfonso Pascale
E' giunto il tempo di tornare a riflettere sull'eredità di Rocco Scotellaro. Un lascito prezioso, che in questi cinquant'anni non abbiamo valutato e compreso appieno. Si sono sedati i grandi scontri politico-culturali dominati dalle vecchie ideologie. Si sono esauriti anche i tentativi di interpretare il senso di un pensiero e di un'azione per poterli ascrivere ad una tradizione culturale anziché ad un'altra. Ma la novità più pregnante è la fine del mito della grande impresa industriale come panacea dello sviluppo: quella particolare "forma mentis" a cui si è sacrificato in questi decenni ogni criterio di equilibrio, quell'idea secondo la quale per le regioni arretrate lo sviluppo consiste nel far convergere la propria struttura produttiva verso un modello ottimale di riferimento, senza tener conto delle risorse endogene e dei legami storici, geografici e biologici. All'agricoltura si richiedono nuove e più dense funzioni per assicurare il benessere nelle diverse aree del globo, a partire dai paesi ricchi dove è necessario adottare modelli di sviluppo sostenibili. Ecco perché oggi si parla più insistentemente di rinascita della ruralità ! Con questa espressione si vuole fare riferimento a quell'esigenza vitale che sempre più viene manifestata dai cittadini di riavvicinarsi agli agricoltori e ad una cultura rurale non ridotta a folclore, ma viva e funzionale ad un'agricoltura dinamica e competitiva. Nascono così opportunità nuove per l'agricoltura nell'ambito dei processi di sviluppo del territorio rurale. Uno spazio dove si possono connettere cultura endogena, risorse ambientali e assetti produttivi specializzati.
Alla luce di quanto sta avvenendo, appare in tutta la sua evidenza l'attualità di Rocco Scotellaro: un intellettuale che considerò la civiltà contadina un valore imprescindibile per lo sviluppo. Non un mito o un'ideologia, ma una cultura reale, viva nel tempo e nella storia, con cui egli si confrontava quotidianamente, fatta di valori essenziali, come il senso profondo dei legami familiari, la coscienza della vita e della morte, del destino e della condizione umana, della felicità e della saggezza. Partendo dal presupposto che "i contadini dell'Italia Meridionale - come egli scrive in un appunto inviato a Vito Laterza - formano ancora oggi il gruppo sociale più omogeneo ed antico per le condizioni di esistenza, per i rapporti economici e sociali, per la generale concezione del mondo e della vita", e che tuttavia "la cultura italiana sconosce la storia autonoma dei contadini, il loro più intimo comportamento culturale e religioso, colto nel suo formarsi e modificarsi presso il singolo protagonista", Rocco Scotellaro elaborò un metodo di indagine, fondato sull'intervista e sul racconto autobiografico, per ricostruire "la storia delle lotte, delle speranze e delle aspirazioni dei contadini". Individuato tale schema, si dedicò contestualmente alla stesura del romanzo autobiografico "L'uva puttanella" e di "Contadini del Sud", una inchiesta sulla ricchezza della civiltà contadina ritratta mediante episodi, personaggi, tradizioni dei differenti comprensori del Mezzogiorno. Ma a causa della morte improvvisa, entrambe le opere rimasero incompiute. Esse colpiscono per l'originalità del metodo adottato, che sta nel non facile tentativo di integrare tanti e diversi approcci possibili: quelli dell'economista, del geografo economico e sociale, del sociologo e dell'antropologo culturale, così come quello del politico e dell'organizzatore di movimenti sociali. Si colloca, perciò, nel solco di una lunga e prestigiosa tradizione del pensiero economico-agrario, definito sistemico, che affronta i problemi dell'agricoltura tenendo conto delle diverse realtà locali, a cui si devono applicare politiche specifiche, al fine di valorizzare le risorse umane e ambientali endogene. Entrano, altresì, a far parte di quella letteratura sul Mezzogiorno, sensibile al fattore umano dello sviluppo, che si è occupata della civiltà contadina per fare in modo che i processi di modernizzazione si potessero affrontare senza laceranti trapassi culturali.
Quelle ricerche saranno duramente osteggiate dalla cultura dominante. Agli spiriti progressisti e al positivismo economicistico, la civiltà contadina apparirà come un oscuro relitto del passato, una barriera insormontabile alla crescita del sistema economico ed al processo di modernizzazione. Come vuole l'ottimismo storicistico di stampo sia idealistico che marxista, lo sviluppo economico è distruzione cieca, quasi euforica, del passato. Ad esso va sacrificata ogni verifica critica delle compatibilità ambientali e dei valori culturali e identitari da salvaguardare e rielaborare. E così, pur con giudizi diversi, Rossi-Doria, Levi, Scotellaro, Ceriani-Sebregondi e Dolci saranno indicati come portatori di una posizione conservatrice, se non proprio reazionaria. Si sancirà il declino irreversibile della civiltà contadina e si punterà , con la politica dell'intervento straordinario, principalmente sull'incentivazione degli investimenti esterni. Ma saranno spesso scelte industriali sbagliate o, peggio, vere e proprie azioni di sciacallaggio imprenditoriale, mirate alla mera acquisizione degli incentivi. All'agricoltura non sarà mai rivolta un'attenzione adeguata, riservandole interventi settoriali scollegati dalla politica economica più complessiva e lasciando sostanzialmente soli gli agricoltori nel loro sforzo di crescere sul piano imprenditoriale e qualificare il sistema agricolo del Paese tra i primi posti in Europa.
Nonostante questi limiti, il Mezzogiorno è profondamente cambiato. Si vanno finalmente abbandonando atteggiamenti vittimistici e rivendicazionistici. Molti giovani mostrano una propensione a rimanere in agricoltura come imprenditori. Non è più diffuso l'atteggiamento di attesa di interventi "speciali" dall'alto, ma si sono attivati strumenti partecipativi per promuovere una progettualità condivisa e cogliere le opportunità derivanti da politiche nazionali ed europee orientate all'innovazione, alla ricerca, alla formazione e alle infrastrutture. Con l'avvento della società della conoscenza e l'importanza assunta dalla dimensione territoriale dello sviluppo, la riscoperta dei valori della civiltà contadina diventa una condizione ineludibile per costruire, senza banalizzazioni e approcci approssimativi, quella nuova ruralità di cui i cittadini dei paesi sviluppati avvertono un bisogno impellente.
Rocco Scotellaro aveva già tracciato il percorso e avviato l'immensa opera di recupero. Aveva compreso il valore del capitale umano nei processi di sviluppo, l'esigenza di puntare sulla capacità autonoma delle forze del Mezzogiorno di determinare condizioni di sviluppo, l'importanza dei legami sociali, della particolare concezione del mondo, dell'attività delle persone e dei rapporti di produzione precapitalistici, come la colonìa parziaria, per comprendere le dinamiche di quelle geocomunità che oggi definiamo "distretti agroalimentari e rurali" e che egli si era già apprestato ad indagare. Il suo lascito va ora ripreso e riposto come lievito nei programmi culturali volti a valorizzare le risorse legate alle diverse forme del sapere, a tutelare le produzioni artistiche, a educare alla creatività e a ridisegnare il profilo dei territori, la memoria sociale e le vocazioni di sviluppo delle comunità . Come già aveva intuito cinquant'anni fa il "poeta della libertà contadina" si fa finalmente strada il convincimento che dare dignità alle diverse culture, farle dialogare, puntare sull'istruzione, la formazione e la ricerca per fare in modo che le persone e le comunità possano edificare il proprio futuro direttamente costituiscono l'investimento più sicuro e fruttuoso di ogni politica di sviluppo, perché sviluppo è libertà .
Nota della Redazione. Presso Mondadori, nella collana "Poeti del Novecento" degli Oscar, è uscito da qualche settimana il volume Tutte le poesie. 1940-1953 (pp.370, euro 8,40), a cura di Franco Vitelli, uno dei suoi più attenti critici, e con una introduzione di Maurizio Cucchi.
Rocco Scotellaro è nato a Tricarico, in Lucania, nel 1923, da una modesta famiglia. Prese parte fin da giovanissimo alle lotte contadine; a soli ventitré anni fu eletto sindaco, ma venne ingiustamente accusato di peculato e nel 1950 venne incarcerato. Dopo la liberazione abbandonò l'attività pubblica. Scrisse versi a partire dagli anni Quaranta, ma la sua prima raccolta venne pubblicata postuma solo nel 1954, aggiudicandosi il Premio Viareggio. E' morto nel 1953.