Cultura

LA POTESTA’ DEI GENITORI SEPARATI SUI FIGLI. LE NUOVE DISPOSIZIONI PUNTANO SULLA CONDIVISIONE DI RESPONSABILITA’ DA PARTE DI ENTRAMBE I CONIUGI

Abbiamo incontrato Biancamaria Cavaliere, esperta di diritto di famiglia: la nuova legge - dice - può essere letta come un indicatore di direzione verso una cultura tesa a superare i conflitti, in considerazione dell’interesse dei figli. La mediazione familiare sarebbe una buona soluzione, ma restano molti ostacoli ancora irrisolti

08 luglio 2006 | Antonella Casilli

Biancamaria Cavaliere insegna Diritto di Famiglia nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Lecce. E’ mediatrice familiare e svolge, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano e Roma, un corso biennale di formazione familiare giunto alla terza edizione.
Incontriamo la professoressa Cavaliere nell’atrio della Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo leccese, dopo aver atteso che chiudesse la sessione degli esami.


Professoressa, ci consenta di porgerle qualche domanda. Partiamo da uno dei cambiamenti più evidenti tra la vecchia formulazione dell’art.155 del Codice civile e la riformulazione a seguito della Legge 54 del 2006.
Prima si parlava di potestà esclusivamente in capo al coniuge affidatario; oggi la potestà genitoriale è in capo ad entrambi i coniugi…

La modifica introdotta dalla Legge 54 del 2006 riguarda l’esercizio e non la titolarità della potestà genitoriale, e riflette il cambiamento di prospettiva che si è inteso realizzare: la condivisione della responsabilità per entrambi i genitori e, di conseguenza, l’esercizio della potestà in relazione all’affidamento dei figli ad entrambi.

Questo esercizio della potestà pieno ma non congiunto, come nel caso di genitori coppia, sembrerebbe pericoloso tanto più se pensiamo che il Giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Facciamo un esempio per rendere con caso concreto l’argomento: se un genitore ha potestà in materia di salute e stabilisce di portare il figlio a una visita specialistica pomeridiana, come deve interagire con il genitore che avendo potestà in materia di studio ritiene che il ragazzo debba frequentare un doposcuola?
La previsione normativa continua a richiedere l’accordo dei genitori per le decisioni riguardanti l’istruzione, l’educazione, la salute dei figli. Se non riescono a realizzarlo, dovranno rivolgersi al Giudice. Tutto si giocherà sulla capacità di un’effettiva assunzione di responsabilità da parte dei genitori, nella consapevolezza di dover superare i contrasti per il bene dei figli.
Del resto, il legislatore ha previsto che il giudice, quando si rende conto che l’affidamento ad entrambi non realizza l’interesse del figlio, può disporlo nei confronti di uno solo.

Vi è un passaggio della legge in argomento che mi ha lasciata sbigottita, tanto da pensare di non aver capito: le chiedo lumi. Un ragazzo diciottenne - un neomaggiorenne, insomma - sarebbe idoneo ad amministrare una cifra ritenuta congrua dal Giudice. Vuol significare che un ragazzino, sol perché ha compiuto 18 anni può percepire dal genitore danaroso, ma non convivente, i soldi da passare al genitore non danaroso ma convivente, per utenze varie, spesa, affitto casa?
L’articolo 155 quinquies ha disposto che il Giudice possa, valutate le circostanze, disporre il versamento dell’assegno al figlio maggiorenne.
Tale somma va distinta dall’eventuale mantenimento nei confronti del coniuge che ne abbia diritto. L’ipotesi più frequente potrebbe essere quella di ragazzi che si allontanano dalla residenza familiare - per esempio, per motivi di studio - e che avrebbero titolo a ricevere direttamente le somme stabilite che sinora sono state corrisposte al genitore affidatario. Questa norma peraltro ha destato non poche perplessità, in quanto il raggiungimento formale della maggiore età potrebbe non corrispondere ad una piena consapevolezza nella gestione del denaro necessario a soddisfare le esigenze dei figli, anche se in positivo potrebbe essere un fattore di crescita e responsabilizzazione del giovane adulto.

Mi viene da pensare alla mediazione di cui lei da molti anni si occupa ed in cui mi sembra di aver capito crede, la circostanza che ora sia disciplinata dalla legge (art. 155 sexies c.c.) le sembra possa avere quell’effetto di ammortizzatore delle conflittualità all’interno della famiglia “nell’interesse morale e materiale dei figli”?
Si aspettava da molti anni che il nostro legislatore prendesse qualche iniziativa in merito alla mediazione familiare, ma il modo in cui l’ha fatto ora ci ha lasciati con l’amaro in bocca. L’aver previsto un tentativo di mediazione senza essersi occupati di tutta una serie di problemi (formazione dei mediatori, iscrizione in appositi albi, retribuzione, per citare quelli che richiederebbero un intervento immediato) che precedono la stessa attività, è servito solo ad evidenziare una possibilità che in altri ordinamenti è ormai ampiamente acquisita e disciplinata, ma non certo a consentirne una effettiva e concreta realizzazione.

Prima di salutarla una parola di ottimismo cosa vede di buono in questa legge?
E’ importante il principio cui è ispirata, cioè il diritto dei figli a mantenere un “rapporto equilibrato e continuativo” con ciascuno dei genitori, che comporta quindi la necessità per entrambi di continuare o di cominciare ad assumere i compiti di cura, educazione ed istruzione che non risultano modificati dall’evento separazione, che dovrebbe riguardare solo i rapporti coniugali. Credo possa essere letta come un indicatore di direzione verso una cultura che finalmente consenta di superare i conflitti, in considerazione dell’interesse dei figli che certamente subiscono, in prima persona, le conseguenze delle scelte dei genitori. Per raggiungere questo obiettivo, la mediazione familiare può essere una strada privilegiata ma purtroppo ancora non percorsa da molti e non scevra da ostacoli.

E’ ormai consuetudine che chieda, al nostro ospite, il libro sul comodino in questo momento…
Ho appena terminato di rileggere Appunti per Sednaa, di Lalla Facco, edito per i tipi di Biblos; è il racconto, autobiografico, di una grande passione per una barca a vela, Sednaa appunto, e del viaggio che l’autrice ha intrapreso insieme a lei, alla ricerca di risposte agli interrogativi che la vita spesso ci pone.