Cultura

E' ARRIVATA L'ESTATE E LA SALUTIAMO CON UN DIVERTENTE RACCONTO DI GIUSEPPE PONTIGGIA DALL'IMPREVISTO FINALE

IL 27 giugno 2003 è venuto a mancare prematuramente l'autore di "Nati due volte". Lo ricordiamo con grande affetto e stima proponendo un suo breve racconto di un'insolita vacanza estiva, protagonisti due coniugi

25 giugno 2005 | T N

Giuseppe Pontiggia è nato a Como nel 1934. E' scomparso prematuramente a Milano all'inizio dell'estate di due anni fa: il 27 giugno. Lascia la moglie Lucia e il figlio Andrea; e un grande vuoto, incolmabile, umano e letterario. Per ricordarlo propongo un suo racconto da me pubblicato sulla rivista "L'Aria dei Messapi", poi riproposto da Mondadori nel volume postumo dal titolo Il residence delle ombre cinesi (pp.308, euro 17,00), uscito nel settembre 2004. Sempre per la stessa casa editrice, è stato pubblicato nel maggio dello scorso anno il "meridiano" dal titolo Opere, a cura di Daniela Marcheschi (pp. 1980, euro 49,00). L. C.



VACANZA AL MARE, UN RACCONTO DI GIUSEPPE PONTIGGIA

“Mettiti in testa che il problema non è di controllare i rubinetti del gas!”, mi dice lei, piegandosi sul volante e stringendolo con le sue mani scarne.
Siamo fermi in una piazzuola dell’autostrada, arroventata dal sole. Le automobili passano in un fluire ininterrotto.
“E qual è?”
“Sei tu!”, esclama. “Il problema è di riuscire a vincere le proprie manie!”
“Sì, sono d’accordo”, rispondo, sudato, asciugandomi una guancia con il fazzoletto. “Però questa volta lasciami controllare i rubinetti. Ti prometto che è l’ultima”.
“E invece sarà la prima che non lo fai”, si volta a fissarmi. “Finché ritorni a controllare vuol dire che non sei guarito”.
“Ma io non sono guarito”.
“E allora ti guarisco io!”
“No, non ci siamo”, abbasso la testa. “Ti faccio un esempio”.
“Non cominciamo con i tuoi esempi, ti scongiuro”, esclama lei. “Sono sempre fuorvianti”.
“Vedi”, continuo io, assorto. “Se io soffro di agorafobia e ho paura della strada, tu non mi guarisci buttandomi fuori casa”.
“Ma neanche lasciandoti chiuso in casa!”
“Questo è vero”, annuisco. “Perciò bisogna trovare una via di mezzo”.
“La tua la conosco già”. Lei riprende a guardare avanti. “E’ di tornare a casa e controllare, dicendo che non lo farai più”.
Resto in silenzio.
“Questa volta però non ti assecondo”, continua lei. “Sono io che guido. Tu non hai voluto imparare a guidare, sempre per le tue debolezze. E allora sopportane le conseguenze”.
Riaccende il motore e sporge la testa dal finestrino. Aspetta che nella corrente delle automobili si apra un varco. La osservo incredulo.
“Non mi farai una cosa simile”.
“Certo che la faccio”, risponde lei tornando, con una manovra rapida, sul rettilineo. “Dovevi imparare a guidare”.
Incerto se afferrarla per un braccio, provocando la catastrofe, o se sorridere con assurda eleganza, mantengo un viso fortemente inespressivo. Campi, filari e pioppi continuano ad apparire e a sparire ai lati.
Dopo qualche chilometro lei chiede, senza voltarsi:
“Come ti senti?”
“Meglio”.

Quando ci fermiamo, al buio, davanti all’immenso condominio sul mare (centosei appartamenti definiti in totale solitudine), la custode si affaccia al finestrino:
“E’ lei, signora?”
“Sì, come vedi”.
“Hanno telefonato da Milano”, continua l’altra. “E’ esploso il vostro appartamento per il gas”.


Giuseppe Pontiggia



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