Mondo Enoico

La condizione ideale per apprezzare un buon vino

I cinque passi per degustarlo al meglio, proposti da Monica Sommacampagna, dopo aver sperimentato i diversi approcci e modalità evidenziati dalle varie associazioni di riferimento. Resterà qualcosa alla fine?

20 dicembre 2008 | Monica Sommacampagna

Qual è la condizione ideale per apprezzare un buon vino? La risposta può sembrare banale ma, invece, tanto scontata non è: lo stato di relax. A questa conclusione sono giunta dopo aver sperimentato diversi modi per degustare un vino, proposti da diverse associazioni. Ma, come vedremo, anche le affermazioni più apparentemente semplici nascondono un universo di significati. Dalle potenzialità interessanti.

Il primo passo: imparare a decodificare (piacevolmente) un mondo
Attraverso l’analisi sensoriale dell’Associazione Italiana Sommelier scopriamo il primo step: la valutazione dell’aspetto visivo, olfattivo e gustativo di un vino. Una danza di gesti che coinvolge mani, naso e palato ma che prima di tutto costringe la memoria a un ripescaggio di aromi e ricordi spesso arduo, a volte esaltante, altre volte sconfortante. Nel tentare di riconoscere fiori e frutta, ad esempio, nel bouquet di bianchi e rossi e nel compito ancora più arduo di dare loro un nome è facile sentirsi bambini dietro a un banco, insicuri delle proprie sensazioni, incantati dalle parole forbite del sommelier sapiente, traballanti nel corso delle prime esternazioni di odori e gusti che dobbiamo sforzarci di comunicare attraverso un linguaggio condiviso. Per fortuna, giunti al terzo corso Ais, dalla valutazione nuda e cruda dei vini si passa agli abbinamenti gastronomici. E allora, dopo tanti esercizi, si apre una porta che prelude al relax: quella che conduce i vini in tavola e li rende protagonisti indiscussi di pranzi, cene, ambiti dove la convivialità celebra il gusto!

Il secondo passo: prendere le provette di aromi con le molle
A diversi corsi di degustazione, come in quelli organizzati dall’Onav, si fa riferimento in via preliminare alle essenze per aiutare l’olfatto a riconoscere odori di cui serbavamo una memoria confusa. Ad esempio, violetta, pesca, caffè si possono percepire in maniera netta tuffando il naso in piccole provette con cotone significativamente imbevuto di questi aromi. Il metodo rappresenta un piccolo skilift verso la sensazione di non aver ancora perso la nostra capacità olfattiva – anche se nulla è facile come sembra, soprattutto all’inizio. Dalle provette ai calici il passo non è breve. Ma concluse le prove virtuali, per progredire occorre lasciare le essenze nello sgabuzzino della mente e concentrarsi, invece, sui vini. Lasciandosi la possibilità di dire la propria. Magari non sarà un’opinione popolare, le prime volte non sarà condivisa, ma poi, di assaggio in assaggio, l’esperienza arriva (e questa è la seconda grande fonte di relax)! La soddisfazione più grande? Se in un primo momento si faticava a riconoscere i profumi in tutte le provette, arrivare ad avvertire quelli più importanti per tutti i calici.

Il terzo passo: diffidare delle regole troppo restrittive
In una degustazione alla cieca le etichette dei vini sono coperte. Le degustazioni possono essere orizzontali se parliamo di un’unica annata e di diverse aziende produttrici della stessa tipologia di vino o della stessa zona e verticali se parliamo, invece, di più annate di un’unica azienda produttrice della stessa tipologia di vino. Il Centro Studi Assaggiatori insegna però che certe volte ci si può stupire dei propri sensi. Come quando a un panel di degustazione fu servito per due volte subdolamente lo stesso vino e venne valutato da più persone in modo abbastanza diverso. Altra fonte di relax, quindi: sì alle regole. Ma con un pizzico di brio e senza prenderle troppo sul serio.

Il quarto passo: imparare un linguaggio comprensibile ma semplice
A Slow Food il merito di aver messo sul trono la enologia di qualità italiana in un periodo storicamente bisognoso di incoraggiamenti mediatici. Tanto di cappello per molti tre bicchieri ma in alcune edizioni di questa guida come di altre Bibbie troviamo descrizioni di vini degne di un’opera di letteratura barocca. E allora non vale la pena rilassarci e parlare come mangiamo (anzi, come beviamo)? La qualità dei vini, che va giustamente celebrata, comunque non mente.

Il quinto passo: andare oltre le esperienze più innovative
Incontrare un produttore entusiasta che ti fa assaggiare i propri vini in abbinamento alle ricette tipiche di famiglia. Ascoltare la teatralizzazione di storie di generazioni (magari bendati per acuire le sensazioni uditive e olfattive). Vendemmiare fianco a fianco con il collega che ogni giorno al posto della cesoia usa il mouse. Muoversi di cantina in cantina per 12 ore tra una coda e l’altra di consumatori, gourmet nell’anima prima che al palato. Il vino si presta a mille esperienze di marketing: dalle più caserecce alle più esotiche.

Ma alla fine, che cosa ci resta?
Il piacere di degustare un vino. In relax. Con un buon piatto. Con familiari o amici. Magari per celebrare una giornata di armonia. E allora vanno benissimo le descrizioni professionali – purché siano sentite, credibili ed espresse in un linguaggio condivisibile che non ghettizza -, ottima la possibilità di abbinare vini e cibi (la maggioranza dei calici si sposa ai cibi, non dimentichiamolo), deliziosa l’esperienza a contatto con il produttore – purché nasca da un desiderio di scambiare emozioni.

Per degustare in relax, dopo tanto apprendimento bisogna andare oltre tutto quello che si è faticosamente imparato. E recuperare un’autenticità che sta alla prosopopea come la cultura all’erudizione.

Tempo fa scrivevo: riappropriamoci del nostro naso e della particolarità assolutamente soggettiva del suo modo di percepire come modalità per creare “schede di degustazione” tutte nostre, per scrivere le Bibbie che abbiamo vissuto, per fare un passaparola di esperienze di qualità. Rifuggendo dai diktat delle facili mode.

Oggi scrivo: rilassiamoci e godiamoci un vino di qualità. Ne guadagnerà non solo la nostra vita ma anche il nostro modo di percepire la bontà di un vino.