Mondo Enoico

VALORI E VALORE DEL VINO: LA PAROLA ALLA FILIERA. EMERGONO, NEL MONDO, DUE DIFFERENTI VITICULTURE E CAMBIA PURE IL PROFILO DEL MERCATO

Una bottiglia ogni tre viene consumata in una nazione diversa da quella che l’ha prodotta. Bayer CropScience ha dedicato al mondo vitivinicolo un evento in grande stile. E' necessario che si diffonda una corretta cultura del bere. L’ecocompatibilità della viticoltura sarà sempre più importante, come l’estetica del paesaggio

12 gennaio 2008 | T N

Tecnici del vino, ma non solo. Produttori, ma non solo. Anche aziende dell’indotto, ricercatori, giornalisti della stampa tecnica e di quella generalista, operatori televisivi … insomma quasi un migliaio di presenze hanno siglato il successo dell’ennesima iniziativa di Bayer CropScience a sostegno del mondo vitivinicolo nazionale, con il patrocinio di importanti istituzioni e associazioni, tra le quali il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV).

A Firenze, l’11 dicembre scorso tutta la filiera del vino si è data appuntamento presso l’Auditorium del Palazzo dei Congressi per celebrare l’uscita di un volume “speciale” dedicato alla vite e al vino e contemporaneamente dialogare, tramite un seguitissimo convegno, sugli aspetti più strategici del settore fiore all’occhiello dell’agroalimentare nazionale, quello del vitienologico, che costituituisce il secondo comparto agroalimentare italiano in ordine di fatturato ed è al primo posto nell’esportazione a livello mondiale.

I lavori sono stati introdotti da Giuseppe Matulli, Vicesindaco di Firenze, che ha dichiarato come il vino esprima un mondo multiforme e portatore di tantissimi valori, intrinseci alla natura stessa dell’uomo e da Frank Terhorst, amministratore delegato di Bayer CropScience, che ha sottolineato l’attenzione rivolta alla filiera vitivinicola italiana, nello sviluppo di nuove soluzioni tecniche per la protezione della vite e la produzione di uve sane, primo presupposto di un vino di qualità, come pure nell’offerta di servizi agli operatori vitivinicoli per contribuire alla conoscenza ed alla valorizzazione della produzione italiana.

“Due viticolture” a confronto per un mercato del vino globalmente in espansione
Grande interesse ha riscosso l’intervento di Federico Castellucci, Direttore Generale dell’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino che ha sede a Parigi. Castellucci ha tratteggiato le dinamiche più recenti riferite allo sviluppo dell’ettarato mondiale della viticoltura e anche alle tendenze in atto nel mercato del vino, dove coesistono “due viticolture”, quella europea, di storia antica, fortemente regolamentata e non incline ad attuare una strategia di marketing unitaria, i cui vigneti sono molto radicati nel territorio di cui sono parte integrante; quella extraeuropea, con vigneti di recente impianto e grandi dimensioni, che ha potuto crescere rapidamente, beneficiando di una forte spinta innovativa, regole meno rigide, finanziamenti esterni, supporto governativo nella promozione, forti strategie di marketing. Relativamente ai consumi, in una situazione di contrazione a livello dei paesi tradizionalmente grandi consumatori di vino (Francia, Italia e Spagna), Castellucci ha indicato i mercati tuttora in crescita, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, e i nuovi consumatori, tra cui spiccano Russia, India e Cina; ha poi sottolineato come oggi, globalmente, ben una bottiglia ogni tre viene consumata in una nazione diversa da quella che l’ha prodotta.
“L’Oiv – ha concluso Castellucci – è inoltre ben consapevole della necessità che si diffonda una corretta cultura del bere. Infatti noi puntiamo a sviluppare nuovi mercati avvicinando più persone al vino, e non a far aumentare il consumo pro-capite nelle nazioni dove già questa bevanda è sufficientemente diffusa”.


In un libro, paesaggio, salubrità, cultura del bere e rapporto fra tradizione ed innovazione
Il buon andamento delle esportazioni del vino italiano negli ultimi anni si spiega anche con la notorietà e la credibilità di cui gode il made in Italy nel mondo, che punta non tanto sull’offerta di un vino, ma piuttosto di un contesto culturale, fatto di storia, territorio, vitigni autoctoni, che non può essere imitato.
La conoscenza di questi valori è il tasto su cui spinge il volume La vite e il vino, della collana “Coltura & Cultura” che Bayer CropScience ha ideato a che sta portando a compimento con 12 volumi dedicati alle produzioni più tradizionalmente italiane (fra cui, già realizzati, il grano, il pero, il mais, ed ora la vite).
Ma perché un’azienda agrochimica si è dedicata all’editoria? “Bayer CropScience è leader mondiale nell’offerta di mezzi tecnici per la protezione delle colture - ha risposto Renzo Angelini, Direttore Marketing di Bayer CropScience oltre che ideatore e curatore della collana. "Non è retorica quindi dire che abbiamo una coincidenza d’interessi fortissima non solo con i nostri clienti diretti, gli agricoltori, ma con tutta la filiera agricola. Per questo ascoltiamo con grande attenzione le esigenze espresse dall’agricoltura, sia attraverso i tanti contatti che abbiamo a livello nazionale e locale, sia attraverso incontri con rappresentanti selezionati della filiera che chiamiamo i dialoghi di Bayer CropScience”.

“Ogni libro della collana - ha introdotto il giornalista Giovanni Carrada - riunisce tutte le conoscenze che ruotano intorno alle colture strategiche italiane: la botanica, ma anche la storia, l’arte, la coltivazione, il paesaggio, l’alimentazione, l’economia e la cucina. Fra gli autori le competenze migliori esistenti nelle università e negli enti pubblici di ricerca italiani”. Nel presentare il volume sulla vite e il vino, sono stati ripresi alcuni valori importanti che spettano al vino italiano e possono sostenerne il valore economico e il successo futuro se opportunamente sfruttati e comunicati. Diego Tomasi, del Centro di ricerca per la Viticoltura del Cra, ha parlato del valore del paesaggio, un elemento solo apparentemente esterno alla bottiglia di vino. “Oggi – ha spiegato – tutto ciò che è intorno alla produzione di un vino ha un’importanza simbolica sempre maggiore, fino a diventare un fattore decisivo nella creazione del valore. Il vino è più buono se il paesaggio in cui è stato prodotto è più bello; pochi paesi come l’Italia possono giocare questa carta. L’ecocompatibilità della viticoltura sarà sempre più importante, come l’estetica del paesaggio, che andrà maggiormente studiato, caratterizzato e, ove possibile, salvaguardato”.

Ha riguardato consumi e stili di vita l’intervento di Carlo Cannella, docente di scienza dell’alimentazione all’Università La Sapienza di Roma e Presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca sull’Alimentazione e la Nutrizione. “Il consumo del vino, una volta considerato un alimento, è cambiato per sempre", ha attaccato il noto nutrizionista e comunicatore. "C’è però un aspetto della tradizione mediterranea che va recuperato e incoraggiato: l’abitudine di bere il vino durante i pasti, in un’atmosfera di serena convivialità. Non solo perché il vino esalta i sapori dei cibi. Ma soprattutto perché è il modo migliore per far sì che il consumo resti moderato. Si tratta di un’abitudine tradizionale mediterranea che incoraggia il consumo responsabile del vino, ma che purtroppo si sta un po’ perdendo, a favore di nuove abitudini d’importazione, come il rito dell’aperitivo. Dovrebbe invece essere promossa dal mondo del vino italiano, non solo in Italia ma anche nei paesi in cui si esporta, come parte dello stile di vita italiano, magari insieme ai nostri prodotti agroalimentari e alla nostra cucina”.

Attilio Scienza, docente dell’Università di Milano, coordinatore del libro, ha concluso la sessione dedicata alla presentazione del volume toccando il tema del valore della ricerca scientifica in vitienologia.
“Continuare una tradizione – ha affermato il professore - vuol dire saperla tramandare ma anche saperla tradire; la via per la vitivinicoltura italiana è quella del ‘tradimento fedele’. il criterio è cambiare dove i cambiamenti possono essere utili o vantaggiosi, e non cambiare in tutto quello che è esclusivamente nostro, come il vitigno e il territorio. Fondamentale sarà poi arrivare ad una conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi che regolano la fisiologia della vite e la biochimica dei processi fermentativi: è solo dalla ricerca condotta con rigorosi canoni sperimentali che i settori produttivi possono progredire”.


Mercato, consumi, normative in evoluzione: dove va l’Italia?
Il pomeriggio ha visto lo svolgersi di una tavola rotonda dove i più importanti esponenti della filiera vitivinicola hanno tratteggiato la situazione attuale, le richieste e le aspettative del settore. Il dibattito, condotto dal giornalista Matteo Marenghi, ha toccato tematiche complesse sempre però con un clima colloquiale e quasi salottiero. Premessa del moderatore è stata che, negli ultimi decenni, l’Italia ha sempre reagito positivamente ai tanti cambiamenti intercorsi. Dalla super produzione degli anni ’70 e ’80 la cui modesta qualità ha trovato il punto più basso nello scandalo del Metanolo, fino alla rinascita nazionale con vini sempre più legati al territorio e la riscoperta di un consumo raffinato, fenomeno che ha condotto alle quotazioni impossibili di uve e aziende di qualche anno fa. Cambiate in 30 anni anche le stesse occasioni e le modalità del consumo, a volte con dinamiche volitive (wine bar, vino come aperitivo, happy hour, …) a volte con tendenze che si sono consolidate (ad esempio la crescente importanza della grande distribuzione organizzata nella vendita de vino). Infine un cambiamento periodico degli scenari normativi del settore; dall’Ocm vino del 1999 che segnalava l’eccesso di produzione mondiale ma proponeva ancora aiuti di mercato come la distillazione e ribadiva il contingentamento della superficie produttiva comunitaria, alla consapevolezza di una sempre più serrata competizione internazionale e tuttavia la probabile futura liberalizzazione degli impianti, con una revisione anche del concetto di Vqprd.

Prima fra gli ospiti Pia Donata Berlucchi, Presidente delle ‘Donne del vino’, che ha tratteggiato un trend positivo in merito ai consumi sul mercato nazionale e sottolineato come, a livello globale, è evidente un sempre maggior peso del gentil sesso negli acquisti e nel consumo di vino.

È toccato invece a Stefano Raimondi, Responsabile settore vini e alcolici dell’Ice (Istituto per il commercio con l’estero) entrare nel merito del ruolo dell’Italia nell’arena mondiale del vino. “Quest’anno resterà nelle statistiche – ha spiegato Raimondi – dato che abbiamo registrato un vero e proprio boom delle esportazioni che hanno raggiunto i 18 milioni di ettolitri. Segnale evidente di un dinamismo italico che va però potenziato presidiando più organicamente anche i tanti mercati emergenti, quali quelli asiatici”.

Antonio Calò, Presidente Accademia della Vite e del Vino ha invece esposto i filoni di ricerca attualmente in corso; molti risultati sono attesi dalla definizione del genoma della vite, risultato ottenuto proprio nel 2007 grazie ad un gruppo di studio internazionale in cui l’Italia ha avuto un ruolo strategico. Altre innovazioni arriveranno dalle ricerche sulla proteomica e sulla fisiologia della maturazione dell’uva.

Cesare Cecchi, Consigliere Unione Italiana Vini ha parlato della domanda di ricerca e innovazione espressa dalle cantine, a cui la stessa Uiv risponde a livello di servizi con i laboratori di analisi, la consulenza legale, l’editoria specializzata, ma soprattutto con il Salone Simei, di recente concluso, che permette alle aziende che producono mezzi tecnici di mostrarne le potenzialità a tutti gli utilizzatori.

Piero Antinori, a nome di Federvini, ha affrontato invece il tema delle dimensioni aziendali, parametro che diventa spesso fattore limitante nelle capacità esportative. Non tutto però è frutto delle grandi dimensioni; “nei segmenti di nicchia – ha spiegato - con l’organizzazione si può avere successo anche se si è piccoli”. Lanciata una richiesta, accolta poi dal sottosegretario Tampieri, circa la necessità di una semplificazione e sburocratizzazione del settore. Richiesti anche controlli più efficaci, non tanto sulle ‘carte’ ma sulle bottiglie di vino, dato che le analisi sempre più sofisticate oggi permettono di detectare composizione ed origine dei vini in modo assai minuzioso.

Riccardo Ricci Curbastro, Presidente di Federdoc, ha ribadito la necessità di avere un efficace sistema dei controlli ed auspicato una riduzione del numero delle denominazioni di origine italiane. Concetto ripreso anche dalla comunicazione fatta pervenire al convegno da Giuseppe Martelli, Direttore di Assoenologi, che ha anche sottolineato il fatto che, se avverrà la liberalizzazione dei diritti d’impianto, le aziende potrebbero averne nell’immediato un danno sul fronte dei valori fondiari.

Carlo Salvadori, Vice Presidente del settore vitivinicolo di Fedagri (Confcooperative) ha parlato delle due facce della cooperazione che presenta punte di assoluta efficienza unitamente ad esempi di inadeguatezza, ma i limiti non sono nel sistema associativo, che ha soprattutto l’enorme merito di saper esaltare il legame fra vino e territorio. “La distillazione – ha infine aggiunto - non è un’esigenza della cooperazione; quella efficace non ne ha bisogno”.

È stata poi la volta di Valentino Valentini, Presidente dell’Associazione Città del vino, cha ha ricordato come le amministrazioni comunali debbono poter disporre di maggiori strumenti normativi per tutelare le aree dove la vitivinicoltura riveste ruoli fondamentali per l’economia, l’occupazione, il paesaggio ed il turismo. “In questo senso – ha concluso – molto ci attendiamo dal Piano regolatore dei Comuni vitivinicoli oramai in dirittura di arrivo”. Ultimi sul palco, prima dell’intervento conclusivo del sottosegretario, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali agricole.

Roberto Scalacci, responsabile del settore vitivinicolo Cia Regionale Toscana, Prisco Lucio Sorbo, Direttore Coldiretti Toscana e Federico Vecchioni, Presidente nazionale di Confagricoltura hanno espresso le istanze della base produttiva della filiera, che chiede un quadro normativo più semplice, sburocratizzazione, difesa dalle imitazioni ed assistenza professionale sempre più qualificata. Grande preoccupazione anche circa la discussione in corso relativa alla proposta di Ocm vino, che si auspica non penalizzi il sistema produttivo italiano nel suo complesso.

Le conclusioni del Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Guido Tampieri hanno infine impreziosito i lavori di una giornata intensa ed assai partecipata. Tampieri ha risposto a tutti gli interrogativi istituzionali lanciati nel corso del dibattito.
“Personalmente – ha concluso – vorrei rassicurare tutti coloro che, giustamente, hanno chiesto una semplificazione del settore e un minor impatto della burocrazia in quanto sta per divenire operativo un progetto che il Ministero ha messo a punto proprio su questa tematica”.


Matteo Marenghi, giornalista e moderatore

Si ringrazia Alessia Crispolti, Italy Corporate Communications