Mondo Enoico
UN BRUNELLO PRODOTTO IN AMERICA? SÌ, GRAZIE A BRUXELLES. PRODUZIONI ENOICHE DI QUALITA' A RISCHIO. PER BIECHI MOTIVI POLITICI
Rimesso in discussione pur di favorire gli accordi commerciali in sede Wto, il sistema a tutela dei vini a denominazione di origine potrebbe saltare. Sono almeno 17 le menzioni italiane dal futuro incerto. Intanto negli Stati Uniti risulta falsa una bottiglia su due. L'opinione di Giuseppe Caldano, dell'Unione Italiana Vini
07 febbraio 2004 | Alberto Grimelli
L'Unione europea occupa una posizione predominante nel mercato vitivinicolo mondiale: essa rappresenta il 45% delle superfici viticole, il 65% della produzione, il 57% dei consumi e il 70% delle esportazioni.
La vitivinicoltura, fino agli anni â80, era libera, senza limitazioni per i nuovi impianti e con pochissimi strumenti di regolamentazione del mercato. A partire da quel periodo abbiamo assistito a una costante diminuzione dei consumi e a un cambiamento qualitativo profondo della domanda. Per far fronte a questi cambiamenti, lâUnione europea ha modificato in maniera radicale lâorganizzazione comune di mercato ed ha introdotto norme a tutela e garanzia delle produzioni di qualità .
Tra le più importanti sicuramente il Reg. CE 753/02 che fissa talune modalità di applicazione del Reg. CE 1493/1999 per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione di taluni prodotti vitivinicoli.
Con una decisione a sorpresa del Comitato di gestione dei vini dellâUe questa legge europea, pilastro della nuova viticoltura votata alla tipicità e alla qualità , viene rimessa in discussione, i motivi sono tutti politici. Pur di favorire sviluppi positivi negli accordi commerciali in sede di WTO con i più importanti partner dellâEuropa, primo fra tutti gli Stati Uniti, la Commissione ha deciso di âsacrificareâ alcune menzioni e nomi importanti per lâItalia.
Quindi a breve i prodotti delle vigne italiane potrebbero essere affiancati, sui mercati globali, dal Brunello delle cantine argentine, dall'Amarone imbottigliato in Sud Africa, dal Morellino neozelandese, dal Vinsanto di 'brand' australiano, ma anche dal Gutturnio âmade in Usaâ. La proposta di regolamento della Commissione europea, che potrebbe essere approvata nei prossimi giorni, nonostante il voto contrario dell'Italia e degli altri Paesi produttori, mette in allarme il mondo enologico italiano.
Secondo la Coldiretti sono almeno 17 le menzioni che potrebbero venir legalmente rubate allâItalia: Amarone, Cannellino, Brunello, Est!Est!Est!, Falerno, Governo all'uso Toscano, Gutturnio, Lacryma Cristi, Lambiccato, Morellino, Recioto, Sciacchetra' (o Sciactra'), Sforzato (o Sfurzat), Torcolato, Vergine, Vino Nobile, Vin Santo o Vino Santo o Vinsanto.
Già ora, secondo una indagine di Nomisma, solo negli Stati Uniti il mercato dei vini di imitazione del made in Italy è quasi uguale a quello delle nostre esportazioni, parliamo di un controvalore pari a 2,5 miliardi di Euro. In altre parole è "falsa" una bottiglia su due e non è quindi difficile incontrarsi con curiose bottiglie di Chianti, Sangiovese, Refosco e Barbera anche Rosé, Barolo e Super Piemontese prodotti in California ma anche Moscato e Malvasia, con "DOC" californiane Napa Valley o Sonoma County.
Non sono mancate immediate prese di posizione, anche molto dure.
âTre volte No â spiega il Ministro Alemanno â al regolamento della Commissione Europea votato il 27 gennaio scorso che svilisce la protezione delle menzioni tradizionali dei vini con denominazione di origine. No al programma di ridimensionamento presentato dallâEsecutivo di Bruxelles al Comitato di gestione vini che cambia le regole per le etichette dei vini a denominazione di origine, tra cui molti nomi italiani. No perché favorirebbe lâindustria del falso âMade in Italyâ che oggi già fattura la metà di tutta lâindustria alimentare italiana, non rispettando i principi internazioni sulla concorrenza leale. No perché non si favorisce il commercio internazionale indebolendo i prodotti dei Paesi europei e non tutelando i produttori comunitari che hanno determinato la notorietà delle menzioni tradizionali. No perché questo tipo di decisioni, invece di consolidare il sentimento europeo, genera pesanti disaffezioni nei confronti dellâUnione che adotta decisioni più favorevoli per i produttori dei Paesi terzi rispetto ai produttori comunitari dei vini di qualità â.
âLa proposta di modifica del regolamento 753/02 â secondo Flavio Zambon, presidente dellâAssociazione nazionale Città del Vino - più che un ridimensionamento rischia di assumere le proporzioni di un colpo di spugna, stabilendo, se sarà approvata così come è stata presentata, che nessuna menzione âtradizionaleâ sarà più riservata in termini assoluti ai paesi europei, rendendone possibile lâutilizzo anche per vini di paesi extracomunitari. Restano due settimane circa, prima che la proposta di modifica diventi operativa; due settimane nelle quali lo sforzo comune a tutte le Associazioni, Enti, Produttori e amanti del vino deve concentrarsi affinché il Governo italiano si faccia fermamente portavoce dellâindignazione di tutta un filiera, importante in Europa, come quella del vino. Qualità , passione e secoli di cultura enologica non possono essere sacrificati a presunte promesse di guadagni, perpetrate da chi ha il solo obbiettivo di sfondare il mercatoâ.
âLa "menzione" - riferisce la Coldiretti - si usa infatti tradizionalmente per indicare vini caratterizzati da un preciso metodo di produzione, invecchiamento, qualità , colore o evento, ottenuti in un territorio strettamente connesso con la storia e la cultura del vino. Il passo indietro nella protezione di "menzioni" che rappresentano pezzi importanti della vitivinicoltura italiana ed europea apre le porte al rischio della diffusione di imitazioni che si richiamano ai nostri vini di pregio senza avere nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale. Un regalo alla "vinopirateria" internazionale che già colpisce pesantemente le produzioni italiane di vino a denominazione di origineâ
Per comprendere più a fondo le ripercussioni che tale provvedimento arrecherebbe al mercato vinicolo italiano abbiamo chiesto il parere del Dott. Giuseppe Caldano dellâUnione italiana vini, noto estensore del Codice della Vite e del Vino.
- Come nasce questa vicenda che sta scuotendo il mondo vitivinicolo italiano e non solo?
Nonostante il voto sfavorevole di Italia, Francia e Spagna pare che alcune menzioni tradizionali, non solo italiane, tra cui Recioto, Amarone e Brunello siano passate dalla lista B, quella con le maggiori garanzie e tutele, che era stata istituita dopo molte fatiche solo qualche mese orsono, alla A, in previsione di una unificazione di questi due elenchi. Questo provvedimento, se venisse approvato e reso operativo dalla Commissione europea, liberalizzerebbe il mercato e consentirebbe a vitivinicoltori esteri di potersi fregiare di alcune menzioni tradizionalmente europee. Sarebbe un danno per il nostro Paese che si è avvalso di questi nomi per affermare sui mercati internazionali vini di cui andiamo fieri, che sono sinonimo di alta qualità . Non a caso tutte le organizzazioni ed enti che fanno capo al mondo vitivinicolo italiano hanno condannato questa presa di posizione europea.
- Quanto nel mondo globalizzato ci si può aspettare che certi nomi e denominazioni possano essere tutelate?
In sede di accordi internazionali, nel WTO, tutto è contrattabile, le decisioni che vengono prese sono politiche e non si limitano a un singolo comparto ma abbracciano lâintero sistema economico. Negli ultimi mesi gli Usa hanno spinto molto perché il mercato delle denominazioni fosse liberalizzato, diventasse aperto, pare che lâUe, con questo gesto, abbia voluto mandare un segnale forte oltre oceano. Certo se lâUnione europea cede su questo punto, la tutela sulle menzioni tipiche e tradizionali può riguardare, al limite, solo il nostro mercato nazionale, con le Doc e Docg e relativi disciplinari di produzione, ma fino a quando?