Mondo Enoico
Il mondo del vino alla ricerca delle sue radici
La continua innovazione e la ricerca di novità in campo viticolo e enologico rischiano di far perdere al mondo del vino le sue radici culturali e identitarie. Si stanno riscoprendo allora i vitigni autoctoni e l'archeologia viticola
23 ottobre 2015 | Graziano Alderighi
Il vino del contadino non esiste più, per fortuna. Il mondo vitivinicolo ha corso moltissimo negli ultimi decenni, tanto che è possibile affermare che il nettare di Bacco di oggi è solo un lontano parente di quello di qualche anno fa.
Innovazione continua. Nuove tecniche e tecnologie in campo e in cantina, per migliorare qualitativamente il prodotto, per rispondere alle esigenze del mercato, per abbattere i costi.
Il mondo del vino corre talmente tanto da rischiare di dimenticare le proprie origini e radici.
La riscoperta dei vitigni autoctoni e delle loro potenzialità sono la ricerca di tornare, con le conoscenze moderne, a sapori, tradizioni e culture antiche. Il tentativo di non perdere le radici, di non standardizzare il mondo vitivinicolo, facendolo diventare solo un'industria, dove domina l'omologazione e la standardizzazione.
Cabernet, Merlot, Syrah uguali dall'emisfero nord a quello sud, rischiano di far perdere al vino il proprio carattere fashion, modaiolo ed esperienziale.
Oltre a sapori e profumi inconsueti, di vitigni antichi, oppure rivisitazioni di antiche tecniche, come l'affinamento in argilla, occorre però anche ritrovare le basi culturali su cui fondare il nuovo corso.
Ecco così nascere l'archeologia vitivinicola.
Ricercare tracce del passato significa, in fondo, dare un'identità e una traccia all'oggi.
La sfida sta nel raccogliere gli elementi caratterizzanti di epoche più o meno antiche e riportarle ai nostri giorni, con la mediazione delle conoscenze e delle tecniche moderne.
Pensare che questo movimento sia un fenomeno tipico del vecchio continente è estremamente riduttivo e miope. La Georgia, ma più in generale tutto il Medio oriente e l'Asia vitivinicola, stanno riscoprendo la loro storia.
Così avviene anche in Israele. L’Università Ariel e l’ente Kkl-Jnf per la protezione della natura e dell’ambiente hanno avviato un intenso programma di ricerca che ha coinvolto archeolologi e genetisti per individuare quali fossero i vitigni autoctoni dell’epoca di Re David.
Pochi infatti sanno che la vitivinicoltura moderna in Israele è relativamente recente. Fu avviata dalla famiglia Rothchild alla fine del 1800, partendo dai vitigni francesi.
Dopo aver scoperto le tracce botaniche degli antichi vitigni, con più di settemila anni di storia, sono cominciate le operazioni per riportarle nel mondo moderno. Riprodotti e piantumati, per poi vinificarli, o meglio microvinificarli, lasciando poi il giudizio agli esperti e al mercato.
E' così che è nato un vino bianco, presentato a Expo nei giorni scorsi, offerto in degustazione ai un selezionato gruppo di opinion leader. Un vino bianco, con 12 gradi, da un vitigno antichissimo, denominato Marawi.
E' presto per dire se il Marawi avrà un futuro enologico, ma il forte interesse mostrato evidenzia come la voglia di nuovo, in campo vitivinicolo, ci spinge indietro nel tempo.