Mondo Enoico

Squilibri di maturazione nelle uve. E' tutta colpa dell'aumento della CO2 o dell'umidità?

I cambiamenti climatici affliggono anche la viticoltura. E' scontro sulle cause tra esperti e studiosi ma non su effetti e rimedi. L'attività enologica è quella che meno può influire su questo trend. La misura definitiva? Spostare i vigneti

19 novembre 2013 | R. T.

Un dibattito acceso quello che ha visto contrapposti il Prof. Attilio Scienza dell'Università di Milano e il Prof. Bernardo Gozzini del Consorzio Lamma e Marco Moriundo dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr.
Il cambiamento climatico in atto è opera dell'uomo oppure si tratta di un fenomeno naturale e ciclico?
Sono state date risposte diverse a queste domande. Il Prof. Scienza ha ricordato tra l'800 e il 1200 d.C. In Gran Bretagna vi era un'estesa viticoltura, in Groenlandia si coltivavano cereali. Nel 1500, durante il Concilio di Trento, vi è testimonianza di una vendemmia anticipata alla fine di luglio. Nè più né meno di quanto sta accadendo oggi, insomma. I cambiamenti climatici sono un fenomeno ciclico e non vi sono prove evidenti che l'uomo può aver contribuito in maniera sostanziale a questo mutamento.
A questa tesi però hanno ribattuto Gozzini e Moriundo ricordando i recenti studi dell'Ipcc che inequivocabilmente mettono in correlazione i cambiamenti climatici con l'inquinamento dell'uomo. Se è vero che, negli ultimi tre-quattro anni, il surriscaldamento del pianeta si è fermato, e la temperatura sta progressivamente scendendo, è anche vero che il livello di emissioni di CO2, nel medesimo periodo, è calato, soprattutto a causa della crisi economica.
Ma questo livello di CO2 nell'aria è così anomalo? Nel cretaceo, sulla Terra, i livello di anidride carbonica erano alcune volte più alti di quelli attuali fu proprio in quel periodo che nacquero molte specie botaniche. Inoltre non è soltanto il livello di CO2 ad aumentare ma anche l'umidità nell'atmosfera e questo potrebbe avere un effetto ancora più importante rispetto a quello dell'anidride carbonica.


Tesi contrapposte, insomma, durante il convegno su vino e cambiamenti climatici durante il 47 Congresso Ais.
Se sulle cause non c'è accordo, vi è invece piena sintonia su effetti e rimedi.
“La vite risponde con i mezzi che l'evoluzione ha messo a sua disposizione attraverso meccanismi di controllo della riduzione della disponibilità idrica, della mitigazione del danno ossidativo e del condizionamento della maturazione a temperature elevate – ha ricordato Attilio Scienza – e tutto questo comporta un cambio anche importante nei composti sensorialmente rilevanti nel vino, perchè a una diversa composizione chimica della bacca corrisponde anche una diversa attività di lieviti e batteri. Se negli anni a venire ci troveremo di fronte a maturazioni accelerate dal clima, c'è il rischio che nelle aree più calde del nostro paese vini freschi, poco alcolici, morbidi e con aromi fruttati diventino più difficili da produrre.”
E' un problema di temperature, certo, con ustioni sempre più frequenti sulle bacche, e conseguente aumento del tenore in carotenoidi, ma anche dell'aumento dei raggi ultravioletti che causano l'alterazione dell'equilibrio aromatico, favorendo l'emergere dei toni speziati. Le temperature influenzano molto la dinamica di maturazione. Anche pochi gradi di differenza possono variare di molto i rapporti tra i vari composti terpenici nell'uva e quindi anche nel vino.
Come reagire, dunque, ai cambiamenti climatici? Tra i parametri che meno possono incidere vi sono le pratiche enologiche, dove, essenzialmente, la potrebbe far da padrone la dealcolizzazione. Si può intervenire con metodi agronomici, come un'attenta irrigazione. Si possono studiare e introdurre nuovi portainnesti e anche nuovi cloni.
“Vi è però una sola soluzione definitiva – afferma Scienza – spostare i vigneti laddove il clima si presta meglio. Nel nostro Paese l'altitudine ci può venire in aiuto. Oggi in Trentino l'altitudine ottimale per gli spumanti è 400-600 metri sul livello del mare.”
Ci dovremo però rassegnare a un'evoluzione della geografia viticola europea e mondiale. Come ricordato da Giovanni Negri, grandi gruppi viticoli stanno investendo in vigneti in Gran Bretagna. Non è un caso se la Regina Elisabetta ha brindato con bollicine del Kent per festeggiare i successi inglesi alle recenti Olimpiadi.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati

Accedi o Registrati