Mondo Enoico

È GUERRA SUL TOCAI. MENTRE ITALIA E UNGHERIA LITIGANO, ENTRA UN TERZO CONTENDENTE, L’AUSTRALIA

Recentemente l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue ha affermato che è valido l’accordo, del 1993, tra Ue e Ungheria che vieta ai nostri viticoltori l’uso del nome Tocai. Intanto si affaccia sui mercati il Tokai australiano

08 gennaio 2005 | Alberto Grimelli

L’accordo tra l’Unione europea e l'Ungheria che vieta l’uso del nome del vino italiano “Tocai” è “pienamente valido”. Questo il parere dell’avvocato generale Jacobs della Corte di giustizia europea del Lussemburgo.
Ad aprire la controversia sono state la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale (Ersa) chiedendo l’annullamento della legge italiana che dà attuazione al divieto previsto dall’accordo, presentando ricorso al Tar del Lazio, che a sua volta ha sottoposto il problema alla Corte di giustizia.
Nel 1993 la Comunità europea e l’Ungheria hanno concluso un accordo per la tutela ed il controllo reciproco delle denominazioni dei vini. Per proteggere l’indicazione geografica ungherese “Tokaj”, l’accordo prevedeva il divieto dell’uso del nome “Tocai” dal marzo 2007. Jacobs accentra la sua riflessione sulla difesa delle indicazione geografiche sostenendo: “Mentre “Tokaj” è un’indicazione geografica ungherese, “Tocai” non è un’indicazione geografica italiana, ma una varietà d’uva e, come tale non può godere della tutela accordata a tali indicazioni”. L’accordo sulle denominazioni dei vini prevede che, in caso di indicazioni geografiche omonime o identiche, in generale si possa continuare a usare entrambi i nomi. Ma per Jacobs la denominazione italiana “è riconosciuta per una varietà di vite e non come indicazione geografica, poiché non possiede una particolare qualità, notorietà o caratteristica in questo senso”. Anche l’intesa TRIPs prevede che, in caso di indicazioni geografiche di vini omonime sia accordata tutela ad entrambe. Al riguardo la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’Ersa, hanno sostenuto che l’accordo TRIPs stabilisce un parallelo tra “indicazione geografica” e “denominazione di una varietà d’uva”, impedendo in tal modo che l’Ungheria possa invocare l'indicazione geografica Tokaj per vietare l’uso del nome Tocai, ma l’avvocato generale non condivide questa tesi.
Alla Corte Ue è stato anche chiesto se il diritto di usare il nome di una varietà d’uva nella commercializzazione del vino rientri nel concetto di “proprietà”, previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per Jacobs “anche qualora vi sia stata un’ingerenza nel diritto di proprietà, è stato rispettato il principio di proporzionalità, in quanto i viticoltori hanno beneficiato di un periodo transitorio di 13 anni per adeguarsi”.
È bene sottolineare che l’opinione dell’avvocato generale non vincola la Corte, Il compito di Jacobs consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica per la causa per la quale è stato designato. È altresì altrettanto noto che i giudici della Corte di Giustizia europea tengono in alta considerazione i pareri dell’avvocato generale e che, molto spesso, seguono le sue indicazioni. La sentenza è attesa tra circa sette mesi.

“Ho incaricato i miei uffici di studiare il parere dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia – informa il Ministro Alemanno- al fine di verificare gli strumenti giuridici da mettere in atto in sede comunitaria e nazionale, per non perdere il diritto di utilizzare le denominazioni Tocai. Il Tocai rappresenta una denominazione fortemente radicata nell’economia friulana, profondamente legata al suo territorio ed alle tradizioni culturali ed economiche degli operatori friulani. Accanto alle forme di iniziativa legale intendiamo ribadire alla Commissione europea la necessità di applicare in maniera adeguata le conclusioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea del dicembre 2002, che aveva impegnato l’esecutivo comunitario a proporre le soluzioni idonee per assicurare adeguata tutela ai produttori interessati. Riteniamo, infine, utile continuare ad esplorare con il Governo ungherese tutte le possibili ipotesi di collaborazione finalizzate a promuovere le due diverse produzioni di Tocai friulano e di Tokaj ungherese”.

Intanto si affaccia il Tokai australiano
L'Italia, raccogliendo un'analoga sollecitazione da parte dell'Ungheria, ”si è decisamente schierata contro il negoziato che l'Ue ha avviato con l'Australia per il riconoscimento dell'indicazione geografica del vino Tokai prodotto in Australia”. Lo ha dichiarato il sottosegretario alle politiche agricole e forestali Paolo Scarpa Bonazza, a margine dei lavori del Consiglio dei ministri dell'agricoltura e della pesca dell'Ue a Bruxelles. Il riconoscimento dell'indicazione geografica per il vino Tokai prodotto in Australia, oggetto di un negoziato tra questo paese e l'Unione europea, rappresenterebbe per Scarpa Bonazza un paradosso inaccettabile visto che l'utilizzo dell'indicazione geografica viene negato all'Italia sulla base di un equivoco evidente riferito a due tipi di vino completamente diversi. Per il sottosegretario difficilmente si riuscirebbe a spiegare questa situazione ai produttori italiani, veneti, friulani e trentini.
''Sulla posizione dell'Italia - ha concluso Scarpa Bonazza - si sono dichiarati d'accordo Germania, Slovacchia, Austria, Portogallo, Spagna e Francia''.
Marian Fischer Boel, ha espresso la sua comprensione per le preoccupazioni ungheresi, ma ha rilevato che, in base agli attuali accordi Trips, a certe condizioni, uno stato membro del Wto può utilizzare un nome per un vitigno anche se questo è riconosciuto come indicazione geografica da un altro membro. L'Australia sostiene che tali condizioni sono rispettate dal Tokai. Il commissario ha anche sottolineato che, in base alla atte legislazione comunitaria, è prevista in certe circostanze la coesistenza tra indicazioni geografiche e nomi di vitigni. Infine, Fischer Boel ha sottolineato che la bozza di accordo prevede che l'indicazione geografica ungherese “Tokaj” sia protetta in Australia, cosa che attualmente non succede. Il commissario ha detto che le discussioni con le autorità australiane stanno continuando e si è impegnata ad esaminare attentamente qualsiasi documentazione presentata dalle autorità ungheresi su questo tema.