Mondo Enoico

Mercato in crescita ma superfici in continua diminuzione

Secondo l'Oiv, dopo la pesante crisi del biennio 2008-2009, la situazione di mercato tende a migliorare. Scambiati 92 milioni di ettolitri nel 2010, in crescita del 6,7% rispetto all'anno precedente

09 aprile 2011 | Graziano Alderighi

Dopo un 2009 che ha risentito fortemente della crisi economica mondiale, Federico Castellucci, direttore generale dell'Oiv, ha indicato che il volume degli scambi internazionali di vino nel 2010 ha raggiunto oltre 92 milioni di hl, ovvero un aumento del 6,7% rispetto al 2009.

"Per la prima volta negli ultimi 15 anni, questa ripresa ha interessato maggiormente i paesi europei tradizionalmente esportatori rispetto ai paesi dell'emisfero sud e dagli Stati Uniti - ha dichiarato il sig. Castellucci - Nel contesto della crisi economica mondiale, questa evoluzione positiva del mercato mondiale del vino è da attribuirsi essenzialmente a un'importante crescita degli scambi di vino sfuso e delle riesportazioni, in particolare nell'ambito di scambi intercontinentali"

I consumi di vino mondiali nel 2010: tendenze e prospettive

Influenzato soprattutto dalla crisi economica mondiale, il consumo complessivo nei primi quindici paesi dell'Ue aveva registrato, nel 2008 e 2009, una regressione particolarmente marcata che aveva già iniziato a manifestarsi a partire dalla seconda metà del 2008. L'anno 2010 sembra segnare una battuta di arresto di questa evoluzione che era tendenzialmente regressiva e che era accelerata dalla crisi. Pertanto, con l'eccezione della Spagna (-0,7 Miohl / 2009), i paesi tradizionalmente produttori e consumatori hanno praticamente visto il loro consumo per il 2010 stabilizzarsi sul livello del 2009. Anche il Regno Unito registra una ripresa della sua domanda (+0,5 Miohl/2009), mentre gli altri mercati strutturalmente importatori sono complessivamente stabili. A una prima stima, il consumo nei primi quindici paesi dell'UE si ridurrebbe di soli 0,2 Miohl nel 2010, attestandosi a 119,6 Miohl contro i 119,8 Miohl nel 2009, 125,7 nel 2008 e 128,3 Miohl nel 2007.

Negli Usa, nel 2010, si registrerebbe, a una prima analisi, una stabilizzazione della domanda (27,1 Miohl) approssimativamente al livello del 2009. Questa stabilizzazione è considerata dagli osservatori come preparatoria a una ripresa della crescita del consumo in termini di volume (ricordiamo che il consumo del 2008 rasentava i 28 Miohl).

Sebbene il consumo neozelandese si mantenga su un livello elevato nel 2010 e quella del Cile si sia ripreso nettamente ritrovando il suo livello pre-crisi (+0,5 Miohl / 2009), questo avviene dopo due anni di domanda atona.

Al contrario, l'Argentina continua a registrare una domanda tendente al ribasso (-0,06 Miohl / 2009).

Queste evoluzioni ci portano, tenuto conto dell'utilizzo dello stesso metodo di stima utilizzato per la produzione di vino, a inquadrare il consumo mondiale di vino per il 2010 tra 230,4 e 242,1 Miohl, ossia 236,2 Miohl al centro della forchetta di stima: (-0,2 Miohl / 2009: 0,1%, il che, considerando il margine d'errore a livello di osservazione del consumo mondiale, non è significativo).

Si tratta, pertanto, di una netta battuta di arresto del calo verificatosi dopo la crisi dalla quale ci si può ragionevolmente aspettare un segnale precursore di un ritorno alla tendenza precedente la crisi in termini di consumo mondiale, ovvero una crescita moderata abbastanza regolare. Speranza che si basa, anch’essa, sul ritorno a un'importante internazionalizzazione del mercato nel 2010.

Vigneti e produzione: il calo continua

Per quanto riguarda i vigneti mondiali (7.550.000 ha), prosegue la riduzione delle superfici vitate, con una perdita di 65.000 ha. Questa contrazione si deve fondamentalmente alla riduzione di 64.000 ha di vigneti dell'Unione Europea , in seguito alle estirpazioni realizzate nel quadro della nuova organizzazione comune del mercato. La Spagna, i cui vigneti diminuiscono di 31.000 ha, conosce la maggiore contrazione tra i paesi europei nel 2010, seguita dall'Italia, che perde 14.000 ha, dalla Francia, dove la superficie viticola si riduce di 12.000 ha, dalla Bulgaria, dall'Ungheria, dal Portogallo e dalla Grecia.

Allo stesso modo, la produzione mondiale di vino 2010 diminuisce di 11.200.000 hl e si attesta a 260.000.000 hl. 

Nella Ue la produzione 2010 è nuovamente da ascrivere, insieme a quelle 2007 e 2008, come una tra le più scarse produzioni di vino di questi ultimi quindici anni. Rispetto alla produzione 2009, le evoluzioni quantitativamente sensibili si sono prevalentemente registrate in Germania, in Italia, in Austria e in Romania, rispetto ai loro precedenti livelli si produzione (rispettivamente -2,0, -2,6, -0,6 e -1,7 Miohl) mentre in Spagna e Francia, la riduzione è leggermente meno sensibile (rispettivamente -1,2 e -1,4 Miohl) rispetto però a produzioni alquanto modeste e poco notevoli, come in Italia, dovute alle estirpazioni avvenute di recente. Solo il Portogallo vede crescere la sua produzione di circa 0,9 Miohl.

Nelle altre aree di produzione, il livello raggiunto nel 2010 dovrebbe registrare una moderata riduzione rispetto a quelli del 2009 e del 2008: 70,6 Miohl contro rispettivamente 71,8 e 72,1 Miohl. In America del Sud l’evoluzione 2010/2009 è molto contrastante e invertita rispetto a quanto registrato l'anno precedente: il Cile nel 2010 registra un calo nel raccolto dopo la produzione record del 2009, che aveva superato i 10 Miohl: 8,8 Miohl. Allo stesso tempo, l'Argentina vede la sua produzione ripartire fortemente al rialzo (16,3 Miohl nel 2010), rispetto alla modesta produzione vinificata del 2009 (12,1 Miohl), questo grazie all'effetto di una minore conservazione di mosti rispetto a quella abituale per questo livello di produzione complessiva di uva. Infine, solo il Brasile registra, per il secondo anno consecutivo, un calo della sua produzione vinificata, sapendo però che in questo paese è in corso una netta crescita tendenziale della produzione di succo d'uva. In Sudafrica è stato implementato un meccanismo simile a quello osservato in Argentina al fine di limitare il calo della produzione vinificata che, ciò nonostante, si riduce a circa 9,2 Miohl (10,0 Miohl nel 2009).

Lo scenario competitivo internazionale: export e scambi commerciali

Le imprese dei paesi esportatori avevano avuto, semplificando al massimo, due possibili atteggiamenti: tentare di mantenere i flussi e il livello della domanda riducendo i prezzi medi sui vini destinati alla distribuzione oppure mantenere i prezzi medi e rischiare di vedere ripercuotersi sui distributori una riduzione della domanda. L’anno scorso, alcuni paesi come l'Italia, l'Australia o il Cile, sembravano avessero scelto la prima soluzione, mentre al contrario, Spagna e Francia, avevano tentato di seguire la seconda. Il primo meccanismo d'adattamento si fonde con l'emergenza delle preoccupazioni ambientali, offrendo ai distributori, ugualmente coinvolti dalla crisi, l’opportunità di appropriarsi di una parte della creazione di valore cercando di imbottigliare i vini quanto più possibile vicino ai luoghi di consumo, e attribuendosene eventualmente, al passaggio, una parte del valore di immagine del prodotto.

Di conseguenza, la crisi ha certamente contribuito ad aumentare quella tendenza, già segnalata lo scorso anno, che vede una parte crescente degli scambi basarsi sui vini sfusi.

Ciò prevede il rafforzamento della complessità degli scambi, dove la parte interessata dalle riesportazioni, in particolare nell'ambito di scambi trans-continentali, è in crescita.

La riclassificazione degli scambi (nonché le difficoltà di un monitoraggio dettagliato degli scambi: confusione tra lo sfuso e il BIB, tra origine e provenienza...) è troppo recente per poter misurare il peso dei vari meccanismi d'adattamento suggeriti lo scorso anno e il loro carattere congiunturale o strutturale per il futuro degli scambi.

In prima analisi, tutti i principali paesi esportatori sembrano beneficiare, in misura diversa, di questa ripresa degli scambi ma forse maggiormente i paesi tradizionalmente produttori, considerati complessivamente, rispetto ai paesi dell'emisfero sud e degli Usa, e questo per la prima volta in quindici anni, se non di più.

I paesi che hanno per volume resistito meglio alla crisi, tenuto conto del loro potenziale di esportazione, sono il Cile (+1,0 e +0,4 Miohl esportati rispettivamente tra 2008 e 2009 e tra 2009 e 2010), l'Italia (+1,7 e +1,4 Miohl esportati rispettivamente tra 2008 e 2009 e tra 2009 e 2010), la Nuova Zelanda (rispettivamente +0,2 e +0,3 Miohl) e, in misura minore, l'Australia (+0,7 e +0,25) e la Germania (stesso volume e +0,3 Miohl).

I paesi che, complessivamente, hanno quasi recuperato le loro perdite nel 2010 sono la Spagna (-2,3 poi +2,3 Miohl) e in misura minore la Francia (-1,1 poi +0,9 Miohl).

Complessivamente, gli altri paesi escono da questi due anni registrando ancora un calo in termini di volume esportato, in particolare l'Argentina e gli Usa.

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