Mondo Enoico

LA BIOLOGIA AL SERVIZIO DELLA CANTINA: I LIEVITI

Questi semplici esseri unicellulari non si occupano solamente della trasformazione dello zucchero in alcol ma intervengono in tutto il processo di vinificazione, arrivando anche a condizionare le altre tecniche enologiche. L’influenza sul profilo aromatico e sensoriale non è affatto trascurabile

30 ottobre 2004 | Graziano Alderighi

I lieviti ufficialmente riconosciuti come specie, secondo l’ultima classificazione, sono più di 600.
Non tutti si possono trovare nel mosto o nel vino, bensì solo un centinaio di specie.
Molte di queste sono occasionali, sono specie ubiquitarie diffuse anche nell’ecosistema vigneto, e si possono allora ritrovare nel mosto dove sopravvivono qualche tempo e poi sono sopraffatte da altre. Queste specie sono costituite per lo più da quei lieviti a metabolismo ossidativo o debolmente fermentativo.
Esistono anche specie di lievito più vigorosamente fermentative, e queste hanno il loro habitat di elezione nel vigneto e nei frutteti, i lieviti apiculati: sono quelle specie che si trovano in tutti i tipi di frutta che, in seguito a cattiva conservazione, iniziano a fermentare. Queste specie non arrivano mai a produrre elevate quantità di alcol nel loro habitat naturale, perché l’elevata superficie di scambio con l’aria che può avere una goccia di succo fuoriuscita dall’acino ne permette un facile allontanamento. Questi lieviti sono di regola responsabili dell’avviamento della fermentazione spontanea del mosto, ma hanno una vita relativamente breve in quanto, come già detto, non tollerano concentrazioni in alcol superiori a 3-4 gradi.
I lieviti che completano il processo fermentativo (detti "buoni fermentatori") sono Saccharomyces cerevisae, che comprendono la varietà dei bayanus, uvarum e chevalieri.
I lieviti delle rifermentazioni, che sono Zygosaccaromyces bailii e Rouxi.
I lieviti filmogeni che sono Saccaromyces cerevisiae, bayanus.
I lieviti della fioretta e i lieviti secondari sono Candida, Hansenula anomala e Pichia.
I lieviti resistenti all’anidride solforosa sono Saccaromycodes ludwitgii.
I lieviti resistenti all’acido sorbico sono Zigosaccaromyces bailii.
I lieviti della degradazione malica sono Schizzosaccaromyces pombe.

In enologia si usano lieviti che si definiscono selezionati,
perché un buon lievito enologico deve possedere numerosi requisiti combinati tra loro che lo rendono peculiare.
Essi sono:
- resistenza all’alcol etilico, cioè deve portare a termine la fermentazione anche dei mosti ad elevata concentrazione zuccherina;
- energia fermentativa, deve cioè avere una fase di latenza breve e dare un pronto inizio alla fermentazione, e velocemente finirla;
- essere resistente all’anidride solforosa, per lo meno nelle dosi impiegate prima della fermentazione;
- avere una basso potere schiumogeno;
- non produrre acido solfidrico né anidride solforosa;
- sedimentare velocemente a fine fermentazione;

Ma l’effetto del lievito sul vino finito non è solo quello legato a composti prodotti in fermetazione, bensì anche quello legato alle trasformazioni che avvengono nella conservazione: si pensi per esempio all’importanza del contatto dei lieviti al termine della fermentazione o, ancora di più, nell’elaborazione degli spumanti. Altri modelli di vinificazione possono avere il lievito come variabile: per esempio la vinificazione in barrique dei vini bianchi.
Differenze importanti si possono avere in questo caso in certi componenti volatili ceduti dal legno che il lievito può trasformare, così come la permanenza del vino sui lieviti che, a differenza di quanto avviene per gli spumanti, essendo lieviti vivi o in fase di declino, porta a risultati molto diversi rispetto ad una vinificazione tradizionale; e, ancora, il “batonnage” che comporta una risospensione delle cellule nel vino è un’altra pratica in grado di variarne la composizione ed il gusto finale.
Sono dunque tanti i modi con cui si può intervenire con i lieviti in enologia, soprattutto se si considera quali essi sono in realtà, cioè organismi viventi che interagiscono con un particolare ambiente e lo trasformano.

Il ceppo di lievito può dare cioè un’impronta al vino, può contribuire alla definizione della qualità del prodotto; non si può pretendere che l’apporto del ceppo sia paragonabile a quello dato dal vitigno e dalla qualità dell’uva, ma è indubbio che a parità di altre condizioni la vinificazione con diversi ceppi di lievito porta a prodotti che si distinguono tra loro all’analisi sensoriale e
chimica. Se è difficile quantificare quest’effetto, nella prospettiva di incrementare la qualità dei prodotti è necessario incrementare la qualità di ogni singolo fattore di produzione ed di miglioramento nel rendimento dei lieviti in vinificazione spetta ai microbiologi per quanto riguarda la selezione, ed agli enologi per l’ottimizzazione della fermentazione in funzione dell’ottenimento di prodotti particolarmente pregiati.