Legislazione

Decreto legislativo 194/08. Una nuova tassa per tutti o quasi

Ancora non vi sono stime ufficiali riguardo al possibile gettito fiscale del nuovo tributo, ma si vocifera possa trattarsi di qualche centinaio di milioni di euro all’anno, proveniente proprio da quel settore agricolo e agroalimentare prossimo al collasso

07 febbraio 2009 | T N

La segnalazione di Luigi Tega (link esterno) ci ha messo in fibrillazione.
Studiato a dovere il provvedimento (Dlgs 194/08) e il regolamento comunitario collegato (882/04) abbiamo dovuto amaramente prendere atto che è stato istituito un nuovo tributo che va a gravare sulle aziende del settore primario, su quelle di trasformazione e via via lungo la filiera fino ai grossisti dei mercati generali.
Una platea di contribuenti vastissima e molto arrabbiata.

Tra le prime associazioni a reagire l’Aifo (Associazione italiana frantoiani oleari) anche a seguito di alcune segnalazioni provenienti dai soci. Un provvedimento considerato vessatorio, attuato senza alcuna concertazione, entrato in vigore di nascosto, contenente forti elementi di discriminazione per le piccole e medie imprese. “In un momento di profonda difficoltà per il settore oleicolo – denuncia l’Aifo – tanto da richiedere un intervento straordinario e personale da parte del Ministro Zaia, questo balzello rappresenta un colpo mortale per il morale, se non per l’economia, dei nostri frantoi.”

Anche Confartigianato alimentare si è attivata, indicendo un direttivo straordinario, dal quale sono emerse tutte le contraddizioni del decreto legislativo e le incongruenze col il provvedimento comunitario di riferimento, il reg. 882/04. Il Dlgs 194/08 infatti sarebbe in contrasto con l’articolo 27 comma 5 del regolamento comunitario in quanto non prevederebbe alcuna diversificazione tariffaria sulla base della posizione geografica e delle aziende a bassa capacità produttiva. Inoltre, secondo i calcoli dell’associazione, il tributo sarebbe anche in contrasto col principio della proporzionalità della tassazione in quanto in proporzione alle quantità prodotte, secondo le fasce indicate dal decreto, sarebbero proprio le piccole e medie imprese a pagare di più

Il Dlgs 194/08 stabilisce infatti in una tabella i settori, o meglio le tipologie di aziende soggette a tributo, e vi sono praticamente tutti i settori. Da “vino e bevande alcoliche” a “produzione e imbottigliamento oli”, a “miele” fino a “prodotti di IV e di V gamma” e “alimenti vegetali non considerati altrove”. Colpito dunque il settore primario ma anche quello commerciale visto che dovranno pagare anche i “depositi alimentari” e gli “operatori del settore alimentare operanti in mercati generali e del settore ortofrutticolo”.

Per ciascuna attività vengono stabilite tre fasce di contribuzione (400, 800, 1500 euro) in funzione delle quantità prodotto per singola attività.

Per il settore oleicolo la fascia A è fino a 1000 Hl, la fascia B dai 1001 ai 10000 hl e fascia C oltre i 10000 hl.

Per il settore vitivinicolo la fascia A è fino a 5000 hl, la fascia B da 5001 ai 50000 hl, la fascia C oltre i 50000 hl.

Le aziende dovranno versare la somma entro il 31 gennaio di ogni anno, a partire dal 2009. Per il primo anno è prevista una sovratassa del 20%.

Non è chiaro se per le imprese miste, ovvero quante abbiano più di una coltura o di attività, l’importo sarà la somma delle singole attività oppure se verrà tassata solo l’attività prevalente.

Nel complesso, quando sono già partite le lettere che richiedono la riscossione del tributo in varie Regioni, dalla Puglia alla Sicilia, sono ancora molti i punti non chiariti in attesa di una circolare ministeriale che tarda ad arrivare.

Buone ultime si sono mosse le organizzazioni di categoria, che sottolineando l’iniquità della tassa evidenziano come la sicurezza alimentare in Europa è basata soprattutto sul sistema di autocontrollo aziendale.
Circa l’80% delle segnalazioni di pericolo che attivano le procedure di sicurezza alimentare (RASFF-Rapid allert system food and feed) provengono dalle stesse aziende e non dai controlli ufficiali.

Il Ministero del Welfare si trova quindi ormai assediato dalle richieste di spiegazioni e di intervento, soprattutto per depotenziare un decreto che, come ricordano un po’ tutti, serve solo a fare cassa.