Legislazione

LA MATERIA ANTINFORTUNISTICA E’ ASSAI COMPLESSA E NON SEMPRE RISULTA FACILE APPLICARLA DA PARTE DELLE AZIENDE AGRICOLE CHE SI AVVALGONO DI MANODOPERA ANCHE SOLO PER POCHI GIORNI ALL’ANNO. ECCO LA PRIMA PUNTATA DI UN’UTILE GUIDA

Occorre comprendere, prima di tutto, se la propria azienda deve ottemperare alle norme oppure viene esclusa. Se infatti il Civile Civile prevede l’”obbligo di sicurezza” a carico di tutti i titolari d’azienda nei confronti dei propri lavoratori, è anche vero che esistono delle eccezioni per i familiari ma non per i soci d’impresa

20 ottobre 2007 | Graziano Alderighi

Il Civile Civile prevede l’”obbligo di sicurezza” a carico di tutti i titolari d'impresa nei confronti dei propri lavoratori.
Infatti, l'art. 2087 del codice civile recita: “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Si tratta di un obbligo generale, a carico dei prestatori di lavoro, ovvero tutti i lavoratori con o senza retribuzione.
In sostanza, oltre alle legislazioni specifiche (ad es. 626/1994) che impongono obblighi a carico dei datori di lavoro verso i lavoratori subordinati, esiste un obbligo generale, imposto dal Codice Civile, a carico dell'imprenditore di tutelare tutti i soggetti che si trovino nei luoghi di lavoro.

Perché le disposizioni siano effettivamente applicabili, occorre la presenza, nell'azienda agricola, di due soggetti ben precisi: un datore di lavoro ed almeno un lavoratore subordinato, sia esso un salariato fisso o un bracciante, o soggetto equiparato.
Il legislatore non ha previsto regole particolari per il settore agricolo, e non ha quindi tenuto conto della specificità del settore, nel quale molte aziende, soprattutto quelle medio-piccole, si avvalgono di lavoro subordinato anche solo per pochissime giornate nell’anno.
La conseguenza è che, applicando alla lettera il dettato normativo, il datore di lavoro agricolo è tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi previsti nel decreto legislativo 626/1994 anche se assume nella propria azienda un solo lavoratore subordinato, anche per una sola giornata nell’anno.

Con l’entrata in vigore della 626, la responsabilità generale dell’imprenditore è stata posta maggiormente in evidenza e richiede una nuova e maggiore attenzione all’osservanza delle norme antinfortunistiche.

In caso di manca osservanza delle norme antinfortunistiche vi sono le molteplici sanzioni, anche e soprattutto di carattere penale, previste dal decreto legislativo 626/1994, ma può essere chiamato a risarcire il danno causato dalla sua inadempienza all'infortunato. La responsabilità dell'imprenditore può essere invocata, oltre che dall'infortunato, anche dall'Inail nel caso in cui l’infortunato sia un soggetto rientrante nell’obbligo assicurativo, che può chiedere il ristoro delle somme da essa pagate a titolo d'indennità all'infortunato e per le spese accessorie.
Va infine ricordato che usualmente le cifre che il giudice stabilisce per il risarcimento dei danni all'infortunato, ai suoi eredi o all’Inail di norma molto elevate, in particolare se viene rilevato il mancato rispetto delle legislazione sulla prevenzione dagli infortuni sul lavoro.

I soggetti tutelati dal decreto legislativo 626/94
La 626 equipara ai lavoratori subordinati i soci delle società, anche di fatto, comprese le cooperative, che prestino la propria opera nella società stessa.
In questo caso il datore di lavoro deve essere individuato nel legale rappresentante della società e, se la rappresentanza della società (come avviene di norma nelle società di persone) spetta a tutti i soci, l’obbligo ricadrà in solido su ciascuno di essi. È tuttavia possibile delegare espressamente un singolo socio al compimento di tutti gli atti necessari all’applicazione della normativa da parte della società.
Quanto detto riguarda anche le società di fatto: e cioè quelle situazioni in cui non esiste una società effettivamente e regolarmente costituita, e tuttavia le persone si comportano esattamente come se così fosse, sia nei loro rapporti interni sia nei rapporti con i terzi.

Come precisato nella Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 154 del 19 novembre 1996, il decreto legislativo non si applica nei confronti dei collaboratori familiari dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis del Codice Civile.
Si ricorda che nell’impresa familiare sono considerati collaboratori dell’imprenditore, a condizione che prestino in modo continuativo la propria attività nella famiglia o nell’impresa:
- il coniuge
- i parenti entro il terzo grado
- gli affini entro il secondo grado.
Va ricordato però che il legislatore ammette la possibilità che tra familiari si possa instaurare un rapporto di lavoro subordinato e quindi, in questo caso, si applicano integralmente le norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Anche nel caso di imprese diretto coltivatrici, non sussiste l’obbligo di rispetto delle norme di prevenzione per i parenti, in questo caso fino al quarto grado (legge n. 9 del 9 gennaio 1963), anche quando questi debbano iscriversi agli elenchi Inps e debbano essere assicurati Inail.
L’obbligo del datore di lavoro è tuttavia unicamente contributivo e di denuncia degli infortuni occorsi, e non dell’obbligo di applicazione delle discipline di prevenzione, come stabilito da un sentenza della Corte Costituzionale (212/1993).

In conclusione, quindi, l’obbligo di applicazione del decreto legislativo viene limitato nel caso delle imprese familiari. nelle imprese diretto-coltivatrici
Le imprese che si avvalgono esclusivamente del lavoro del titolare e/o dei suoi collaboratori familiari iscritti all’Inps e/o di collaborazioni occasionali, sempre di familiari, non sono obbligate all’applicazione del decreto legislativo.
Un’ulteriore conferma di questa interpretazione si evince dalla Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 20 dicembre 1996, n. 172, laddove afferma che: “Pertanto, per i lavoratori autonomi che non abbiano alle loro dipendenze lavoratori subordinati, le norme del decreto legislativo n. 626/1994, e successive modifiche, non trovano applicazione”.