Legislazione
Un po' d'ordine nel mondo dei sottoprodotti agricoli e alimentari
Da che è stato emanato, nel 2006, il Dlgs 152 ha sempre creato problemi agli operatori per le diverse interpretazioni a cui si presta. Ora un decreto di attuazione vuole fare chiarezza ma ancora alcuni punti oscuri rimangono
23 febbraio 2013 | R. T.
Chiunque abbia, anche solo di sfuggita, toccato il mondo dei sottoprodotti e del loro utilizzo, magari a scopo bioenergetico, sa che la definizione di “normale pratica industriale” è una condanna.
E' una condanna perchè si presta a molteplici interpretazioni diverse, sui cui si è sbizzarrita infatti anche la magistratura da che è divenuto operativo il Dlgs 152/2006.
Ora pare che il Ministero dell'ambiente sia deciso ad emettere quel decreto attuativo tanto atteso dagli operatori che dovrebbe dare attuazione, e chiarire, l'articolo 184 bis comma 2 del decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006, in merito all'utilizzo energetico dei sottoprodotti.
Resta il dubbio, molto italiano, sulle ragioni per cui sia il Ministero dell'ambiente a dover emettere il provvedimento attuativo ma poi “ai sensi del comma 10, articolo 8, del DM 6 luglio 2012, l’autorità competente per la verifica dei requisiti di provenienza e tracciabilità del sottoprodotto utilizzabile per fini elettrici è il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.”
Il tema del decreto, su cui si sono sbizzarriti i burocrati del Ministero dell'ambiente è appunto la tracciabilità e la tenuta della relativa documentazione.
In base all'articolo 3 della bozza di decreto sarà necessario disporre di ampia documentazione tecnica per attestare che il sottoprodotto è “originato da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto.” A tal fine la documentazione dovrà essere conservata per 5 anni.
Non solo, al fine di garantire la tracciabilità di queste sostanze “il produttore o il detentore e l’impianto di destinazione sono tenuti a conservare copia del contratto di fornitura, delle eventuali fatture di acquisto e dei documenti che attestano il trasporto e l’avvenuto conferimento dei sottoprodotti per 5 anni.” Il sottoprodotto deve avere, in base all'articolo 184 bis, comma 1, lettera d) del Dlgs 152/2006, requisiti per cui il suo “impiego non porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.” Al fine del soddisfacimento di tale disposizione occorre avere “adeguata documentazione tecnica che descriva le caratteristiche del circuito produttivo di provenienza, le caratteristiche dei residui destinati all’impiego, le eventuali attività di preparazione dei residui ai fini dell’impiego, le caratteristiche dell’impianto di destinazione e delle modalità di utilizzo.”
Ancora in fase di studio la parte più delicata ovvero la definizione della “normale pratica industriale”.
Nel frattempo tuttavia l'allegato al decreto, anche questo work in progress, riporta quali sono le normali pratiche industriali a cui può andare soggetto un sottoprodotto agricolo o alimentare: “trattamenti fisici, quali: triturazione, essiccazione, addensamento, sminuzzatura, centrifugazione, filtrazione, chiarificazione, sedimentazione, miscelazione”. Per i prodotti d'origine animale, invece, saranno consentiti “trattamenti e specifiche di utilizzo previsti dal Regolamento CE 1069/2009 e dal Regolamento CE 142/2011”.