Legislazione

RIFIUTI, RIFIUTI, RIFIUTI. VENGONO ABBANDONATI IN OGNI DOVE. MA ALLA FINE CHI DEVE PAGARE?

Non sono poche le segnalazioni di solerti amministrazioni locali che ingiungono lo sgombero di montagne di spazzatura a incolpevoli proprietari di terreni. Oltre al danno di vedersi insudiciare la proprietà, la beffa di doversi fare carico degli alti costi di rimozione. Per fortuna la legge, almeno in questo caso, viene in aiuto

05 febbraio 2005 | R. T.

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un irrigidimento della disciplina di regolamentazione dei rifiuti che, se da un lato razionalizza le attività di smaltimento e recupero a beneficio dell’ambiente e della salute dei cittadini, dall’altro lato incide sui costi di gestione nelle singole imprese.
Ricorrendo ad una lettura estensiva della disciplina applicabile, molte amministrazioni locali hanno l’abitudine di agire automaticamente anche nei confronti del proprietario del terreno ed indipendentemente dalla sua partecipazione all’illecito, chiedendogli a priori un comportamento attivo che è sanzionato penalmente.
Alla luce della disciplina applicabile, però, una siffatta lettura non appare condivisibile ed impone una ponderata valutazione degli interessi coinvolti in simili fattispecie individuando le posizioni delle singole situazioni giuridiche interessate.

L’abbandono incontrollato dei rifiuti
Ai sensi dell’art. 14 del decreto Ronchi «l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati» ed “è altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee”.
Divieto, questo, difeso da un peculiare sistema sanzionatorio binario repressivo e propositivo: da un lato gli artt. 50 e 51 prevedono, in caso di violazione del divieto, sanzioni amministrative e penali; dall’altro lato il comma 3 dell’art. 14 contempla l’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati con ripristino dello stato dei luoghi.

L’ordinanza automatica di sgombero ai danni dei proprietari
A dispetto delle caratteristiche applicative di tale regime giuridico, le amministrazioni comunali stanno consolidando un indebito comportamento emanando automaticamente ordinanze a carico dei proprietari dei terreni (o dei titolari di diritti reali o di godimento) interessati da abbandoni incontrollati indipendentemente dalla sussistenza di elementi che possano dimostrarne un comportamento soggettivo doloso o colposo. Ordinanze, queste, emesse in assenza di qualsivoglia concreta verifica e sulla base del mero accertamento catastale, a volte rafforzato, ricorrendo al fondamento giuridico dell’art. 650 cod.pen., da generici motivi di igiene o sicurezza pubblica. Provvedimenti che riconoscono illegittimamente per i proprietari incolpevoli una tipologia di responsabilità oggettiva per fatto altrui non prevista dall’ordinamento.
Il coinvolgimento del proprietario di un terreno (e dei titolari dei diritti reali o di godimento) sussiste, invece, esclusivamente nel caso in cui sia a questi addebitabile un comportamento doloso o colposo, non potendosi in altri casi attribuire a questi una responsabilità per fatto altrui solo in quanto titolare di una particolare posizione giuridica nei confronti del terreno interessato.
La lettera dell’art. 14, infatti, appare chiara sul punto attribuendo alla pubblica amministrazione l’onere probatorio necessario a fondare l’ordinanza di sgombero, per cui, prima della sua emissione, si deve accertare ed appurare, attraverso gli organi di vigilanza, se il proprietario del fondo sia o meno responsabile dell’abbandono incontrollato o se egli abbia concorso anche solo per colpa, all’illecito compiuto da terzi. L’assenza di indizi o prove a carico del proprietario fa di questi la vittima dell’illecito non consentendo all’amministrazione comunale di emettere alcun valida ordinanza ai suoi danni.
Come è stato più volte riconosciuto, infatti, se non sussiste alcun elemento soggettivo in capo al proprietario, non è questi che dovrà rimuovere i rifiuti abbandonati, ma, nel caso in cui il responsabile diretto non fosse noto ovvero non ottemperasse all’ordine sindacale, dovrebbe essere l’intera collettività a farsene carico al fine di evitare che l’evento occasionale e marginale di abbandono non precipiti nella fattispecie più grave del superamento (potenziale o concreto) dei limiti di inquinamento dell’ambiente (Consiglio di Stato 16 luglio 2002, n. 3971). Un impegno della collettività, questo, che appare connaturale al generale obbligo della pubblica amministrazione di garantire e tutelare i singoli cittadini e la proprietà privata di cui costoro sono titolari da ogni turbativa posta in essere da terzi, sia essa atto vandalico, furto, danneggiamento o abbandono di rifiuti.
Oltretutto, l’ordinanza di sgombero di cui all’art. 14 ha si natura propositiva, ma anche prettamente sanzionatoria, ossia tale da «non poter essere ricondotta nell’ambito delle ordinanze contingibili ed urgenti» (TAR Basilicata 11 dicembre 2001, n. 873).

Conclusioni
Concludendo, in presenza di accertati fenomeni di abbandono, l’amministrazione pubblica non può sic et simpliciter imporre al proprietario di terreno oneri comportamentali e di facere senza alcuna prova del suo coinvolgimento soggettivo, anche omissivo, nel fatto illecito, in quanto, ai sensi del decreto Ronchi, la pubblica amministrazione, mentre ben può vigilare sui privati proprietari perché si attengano al puntuale rispetto della normativa ambientale, non può certamente, anche fondandosi sull’erronea applicazione della disciplina civilistica in tema di responsabilità, imporre ai privati medesimi che non hanno alcun coinvolgimento sull’origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di sgombero e risanamento.
Pertanto, dove l’autorità di vigilanza non raccoglie prove sul comportamento doloso o colposo del proprietario, il sindaco non può emettere alcuna ordinanza ai suoi danni e, dove emessa, essa è illegittima (Consiglio di Stato 1° dicembre 1997, n. 1464; Consiglio di Stato 2 aprile 2001, n. 1904; Consiglio di Stato 16 luglio 2002, n. 3971; Consiglio di Stato 20 gennaio 2003, n. 168; nonché: TAR Lombardia 26 gennaio 2000, n. 292; TAR Piemonte 17 marzo 2000, n.308; TAR Toscana 29 marzo 2000, n. 581; TAR Lazio 20 giugno 2000, n. 5086; TAR Veneto 4 luglio 2000, n. 1290; TAR Piemonte 28 luglio 2000, n. 913; TAR Sardegna 12 ottobre 2000, n. 892; TAR Liguria 16 novembre 2000, n. 1232; TAR Campania 20 novembre 2000, n. 4327; TAR Lombardia 12 dicembre 2000, n. 7788; TAR Lombardia 13 febbraio 2001, n. 987; TAR Emilia Romagna 6 marzo 2001, n. 191; TAR Toscana 21 marzo 2001, n. 604; TAR Piemonte 11 maggio 2001, n. 1100; TAR Lombardia 16 luglio 2001, n. 4934; TAR Basilicata 27 agosto 2001, n. 675; TAR Emilia Romagna 25 settembre 2001, n. 702; TAR Lombardia 25 settembre 2001, n. 792; TAR Sardegna 29 settembre 2001, n. 1024; TAR Veneto 3 novembre 2001, n. 3337; TAR Sicilia 16 novembre 2001, n. 1571; TAR Veneto 19 gennaio 2002, n. 133; TAR Campania 19 febbraio 2002, n. 990; TAR Piemonte 23 febbraio 2002, n. 471; TAR Campania 12 marzo 2002, n. 1291; TAR Toscana 22 marzo 2002, n. 619; TAR Sicilia 8 aprile 2002, n. 901; TAR Lombardia 23 aprile 2002, n. 813; TAR Campania 13 gennaio 2003, n. 99; TAR Puglia 27 febbraio 2003, n. 872; TAR Toscana 12 maggio 2003, n. 1548; TAR Molise 30 giugno 2003, n. 500; TAR Basilicata 18 settembre 2003, n. 878; TAR Campania 16 ottobre 2003, n. 12822; TAR Abruzzo 15 gennaio 2004, n. 34).

Fonte: Ismea – Dott. Matteo Benozzo