L'arca olearia
Commercializzazione oli di oliva, il 2009 non è stato un anno nero
Liscio come l’olio, si potrebbe dire. I dati del monitoraggio Federolio testimoniano il buon andamento dei mercati, ma qualcosa ancora non convince. L'origine italiana non viene premiata. Scandagliando i dati, è possibile entrare nei minimi meandri della commercializzazione e valutare tendenze e prospettive
11 settembre 2010 | T N
Ormai è un appuntamento annuale molto atteso. Non è più possibile rinunciare alle informazioni fornite da Federolio attraverso il più che collaudato Monitoraggio dellâofferta disponibile, dei flussi e dei canali di commercializzazione degli oli di oliva in Italia e allâestero.
I dati riportati nel volume pubblicato dalla Federazione nazionale del commercio oleario
sono alquanto preziosi perché permettono di entrare nel vivo degli scambi commerciali e di valutare, di conseguenza, tendenze e prospettive future.
Il volume, comprensivo di un cd allegato, offre dati affidabili, frutto di unâattenta analisi di quanto emerge dalle aziende campione monitorate, realtà operative â si legge nel documento â capaci di incidere sui mercati tramite le loro scelte gestionali.
Con questa sesta annualità , ha affermato il presidente di Federolio Gennaro Forcella, la pubblicazione ha assunto âunâimportante connotazione di continuità â.
Lâunica novità di questâanno è lâanalisi approfondita dei flussi mercantili, in entrata e in uscita, del secondo semestre 2009. Flussi â tanto per essere più espliciti â che riflettono i riscontri concreti scaturiti dallâentrata in vigore della normativa sullâorigine obbligatoria.
Il risultato? Lâorigine preferita dal mercato interno ed estero, spiace ammetterlo, è quella comunitaria. Viene pertanto relegata al secondo posto lâorigine italiana.
GLI ACQUISTI 2009
Gli acquisti di oli sfusi, attestati su 276 mila tonnellate, segnano una netta crescita rispetto allo scorso anno.
Va ricordato, ovviamente, che i dati si riferiscono alle aziende partecipanti al progetto di monitoraggio Federolio.
Si tratta di una crescita significativa, pari al 7,5%, con una elevata concentrazione verso lâextra vergine, che con le 215 mila tonnellate ha rappresentato il 78% degli acquisti complessivi.
Seguono a ruota lâolio di oliva (12,2%), lâolio di sansa (7,8%) e lâolio vergine (2%).
Câè molto da riflettere, inoltre, sul fatto che il ricorso alla provenienza estera abbia riguardato soprattutto la categoria merceologica dellâolio extra vergine di oliva (+20,2%).
Gli approvigionamenti esteri di oli di oliva sfusi provengono in particolare dalla Spagna, e rappresentano circa il 44% del totale, con una quota del 40,5% riservata agli oli extra vergini di oliva. Non meno importante lâaltro Paese fornitore di rilievo, la Grecia, che fornisce il 18,3% del totale della categoria degli oli di oliva, di cui il 15,2% è extra vergine.
LE VENDITE 2009
Le vendite si attestano sulle 300,7 mila tonnellate, con una crescita rispetto allâanno precendente del 15,1%.
Tale volumi, va precisato, hanno riguardato per il 77,7% il confezionato (233,6 mila tonnellate), con una crescita su base annua, dellâ11,5%; me è altrettanto importante la crescita degli oli sfusi (+ 29,4%).
Anche in tal caso a dominare la scena è la categoria degli extra vergini, con un incremento su base annua del 13,6%, e unâincidenza del 74,5%, a fronte di una quota del 16,4 % dellâolio di oliva e dellâ8,9% dellâolio di sansa.
Le vendite del confezionato in Italia
Sono 147,5 mila le tonnellate di oli di oliva confezionati venduti in Italia, di cui il 78% extra vergini, il 17,4% oli di oliva e il 4,5% oli di sansa.
Una tendenza positiva, visto che rispetto allâanno precedente si è verificato un incremento del 7,1%, di cui lâextra vergine vanta un + 6,3%.
Eâ solo lâolio vergine che ha registrato un calo del â1,3%.
Le vendite del confezionato allâestero
Le esportazioni delle imprese monitorate coprono una quota del 36,9%, pari a 86,1 mila tonnellate di prodotto confezionato. Anche in questo caso primeggia lâextra vergine con una quota del 76,1% del totale dei volumi esportati, pari a 65,5 mila tonnellate.
Tra i principali Paesi di destinazione gli Stati Uniti, stabilmente al primo posto, con una quota del 26,5%, quindi a seguire Germania (20,4%), Giappone (9%), Canada (7,5%), Francia (6,8 %), Polonia (2,7%) e Regno Unito (2,6%); e rappresentano infine una quota complessiva del 24% tutti gli altri Paesi non menzionati.
EXTRA VERGINI DOP, IGP E BIO
Non câè molto da gioire per ciò che invece concerne il segmento degli oli a denominazione di origine o con attestazione da agricoltura biologica.
Gli acquisti dele aziende campione di Federolio si sono attivate per quantitativi che incidono per appena lo 0,9% sul totale degli acquisti di extra vergine.
Lâattenzione è diretta in particolare verso lâIgp Toscano, la cui incidenza sugli acquisti della categoria Dop/Igp è risultata del 77%, la quota residua si indirizza invece per il 12,4% verso la Dop Terra di Bari, per il 3,8% la Dop Riviera Ligure, il 2,9% la Dop Chianti Classico, lâ1,8% la Dop Umbria, lâ1,3% la Dop Canino e lo 0,6 % la Dop Monti Iblei.
Stupisce ma non sorprende più la scarsa incidenza del Sud, dove al contrario si concentra la massima quota produttiva.
La quota complessiva è poco importante, ma va precisato tuttavia che gli oli a marchio Dop/Igp hanno registrato in ogni caso dei tassi di crescita notevoli. A consuntivo dellâanno 2009 i volumi di acquisto hanno registrato una crescita su base annua del 134,3%. Câè da sperare in un incremento della quota di Dop/Igp rispetto al totale degli extra vergini?
Per ciò che concerne le vendite, invece, le denominazioni che hanno ottenuto le migliori performance sono, in ordine, lâIgp Toscano (43,8%), la Dop Terra di Bari (33,8%), la Dop Umbria (10,3%), la Dop Riviera Ligure (5,3%) e le Dop Chianti Classico (4,6%), Monti Iblei (1%) e Canino (0,4%).
Lâandamento tendenziale delle vendite Dop e Igp è risultato positivo per il 21,3%, ma il buon andamento è da ricondurre solo al prodotto sfuso (+349%), mentre risulta negativa (-4,7%) la dinamica del confezionato.
Per quanto infine riguarda il mercato degli oli prodotti con metodo biologico, questi influiscono solo per una quota del 2,7% sul totale degli acquisti degli extra vergini, pari a 5.730 tonnellate. Gran parte della domanda â si legge nel volume di Federolio â è stata soddisfatta dal mercato interno, la restante parte (il 19,3% del totale della domanda) è di origine spagnola (6,8% del totale) e tunisina (6,5%).
Risulta buona la performance commerciale 2009 per ciò che concerne le vendite, con un incremento su base annua del 39,4%. Commercializzazione che ha interessato per il 71,1% lo sfuso e il 28,9% il confezionato.
Resta da riflettere sul fatto che si evidenzi una forte difficoltà , da parte delle aziende monitorate, nel mantenere rapporti commerciali presso i tradizionali mercati di sbocco quali Francia e Svizzera.
I CANALI DI VENDITA
Il volume sul monitoraggio Federolio prosegue scendendo nei dettagli anche degli andamenti commerciali di olio di oliva e olio di sansa di oliva.
Per quanto invece riguarda i canali di vendita, è sempre la Distribuzione moderna lâinterlocutore privilegiato delle vendite realizzate dalle aziende monitorate sul mercato interno, fino ad arrivare a coprire il 77,6% dellâofferta complessiva. Il dettaglio tradizionale ha assorbito invece lâ8,1% delle vendite totali, seguono dunque i privati, con la rilevante quota dellâ8,5%, mentre è solo del 3% la quota Horeca. Così, mentre la Distribuzione moderna (+6,4%) e il Dettaglio tradizionale (+9,3%) incrementano la quota vendite rispetto al 2008, câè un andamento negativo per lâHoreca (-1,6%) e soprattutto per i privati (-5,8%).
Quanto abbiamo riportato è solo una sintesi molto stringata del monitoraggio Federolio, sarebbe piuttosto consigliabile approfondire la lettura.
Per concludere questo sguardo sui mercati, ciò che preme invece notare, è che proprio quando uno strumento diventa utile, accade che si tende sempre a impedire a uno strumento di crescere e migliorare. Infatti Federolio denuncia apertamente il taglio di fondi, di circa il 50%, al progetto del monitoraggio, con la conseguenza che gli stessi risultati non possano più essere divulgati su vasta scala a tutti gli operatori, oltre a impedire di fatto altri studi in materia, come per esempio la questione dei prezzi nella grande distribuzione. Un vero peccato, perché sarebbe quanto mai utile, soprattutto in questo periodo storico, studiare le criticità del sistyema, nel tentativo di capire le politiche commerciali nellâambito di uno snodo così importante qual è quello della grande distribuzione. Eâ decisamente un vero peccato.