L'arca olearia
Uno schieramento a difesa dell'olio italiano
Un percorso convergente con Unaprol, puntando sull’alleanza fra imprese agricole e imprese artigiane olearie. Giampaolo Sodano, vicepresidente Aifo, invita a voltare pagina, abbandonando antiche certezze, vecchie sigle, pratiche logorate dal tempo. Ma... C'è sempre un "ma"
24 luglio 2010 | T N
Caro Caricato,
due anni fa lâAifo, di fronte ai primi segnali di una nuova crisi economica e a una sempre maggiore difficoltà del mercato dell'olio, ha intrapreso un percorso convergente con lâUnaprol convinti della prioritaria necessità di costruire uno schieramento a difesa dellâolio italiano puntando sullâunica risorsa che poteva sostenerlo e cioè lâalleanza fra le imprese agricole e le imprese artigiane olearie.
In questo contesto sono maturate iniziative comuni di grande rilievo come il consorzio I.O.O.% QUALITAâ ITALIANA e un lavoro di ricerca e un comune impegno politico che ci ha portato, con i seminari di primavera e le assemblee territoriali dei frantoiani di queste settimane, a definire i contenuti di un rinnovata e unitaria strategia per la valorizzazione del prodotto nazionale e la difesa degli interessi delle imprese.
Eâ quindi maturata la consapevolezza di realizzare un processo di convergenza e unificazione delle associazioni For e Aifo, sulla base della comune volontà :
- di imprimere una svolta nelle politiche dellâassociazionismo imprenditoriale;
- di sostenere un processo di modernizzazione del settore, puntando su identità e qualità ;
- di rafforzare il sistema delle imprese artigiane olearie.
Un ruolo centrale nella filiera deve essere riconosciuto alla impresa artigiana olearia per lâinnovazione tecnologica e la formazione, per la promozione e lââeducazione al prodottoâ dei consumatori, per il cambiamento della classificazione degli oli e della denominazione dei grassi da semi oleosi.
Un progetto ambizioso per uscire dalla crisi cambiando le regole del gioco.
Un progetto che, per affermarsi, ha bisogno di essere sostenuto da un movimento di opinione capace di rivendicare la qualità del cibo come un diritto di tutti e un diritto alla salute.
Tocca a noi: agli agricoltori e agli artigiani che producono lâolio dalle olive.
E ai consumatori.
Una nuova alleanza per rivendicare il valore di questo prodotto, denunciare le mistificazioni, rivendicare una riforma radicale e profonda.
Ma per dare vita ad una nuova alleanza fra consumatori, agricoltori e frantoiani dobbiamo voltare pagina: abbandonare antiche certezze, vecchie sigle, pratiche logorate dal tempo.
Dobbiamo metterci al lavoro per costruire una nuova, originale organizzazione, unitaria, articolata e decentrata sul territorio, autorevole e rappresentativa con le istituzioni politiche regionali, nazionali e comunitarie, capace di coniugare i diritti del consumatore con gli interessi dellâimpresa.
Dobbiamo ridefinire il ruolo e la funzione della nostra organizzazione a partire dal ruolo dellâimprenditore e dalla funzione delle nostre aziende.
Negli scritti di Pico della Mirandola è centrale la figura dellâhomo faber come colui che cerca lâautonoma creatività .
Una cultura che impronta il lavoro dei âmastri oleariâ.
Lâhomo faber del terzo millennio è il moderno artigiano che padroneggia tutte le fasi della creazione di un prodotto.
Per noi, per lâartigiano oleario, lâorgoglio di un prodotto ben fatto, può valere più di quanto rende.
Eâ il nostro codice etico. E lâetica è intrinseca al prodotto e ai suoi processi.
Ciò è reso necessario anche per i cambiamenti profondi che sono avvenuti nel nostro settore nel corso degli ultimi decenni.
Oggi il frantoio è unâimpresa, tecnologicamente avanzata, che produce e commercializza, in Italia e sul mercato internazionale, il proprio prodotto, lâextravergine italiano.
Oggi il frantoio è lâunico produttore di extravergine che può e deve, attraverso la tracciabilità della materia prima e la certificazione del processo produttivo, garantire al consumatore che la qualità del prodotto che gli vende non significa solo soddisfazione del palato e dellâolfatto, ma soprattutto un alimento che, per proprietà salutistiche proprie, previene importanti e gravi patologie.
Ma di questa identità e funzione sociale dellââimpresa frantoioâ non câè traccia nella nostra legislazione. Tanto meno in quella comunitaria. E scelte coerenti, sul piano politico e sindacale, tardano a manifestarsi. Un vuoto che ha favorito fino ad oggi la cosiddetta âindustria oleariaâ, in realtà industria di confezionamento, che si è sviluppata con lâimportazione, la miscelazione e la distribuzione di oli di origine europea e nordafricana.
Eâ tempo di scelte nuove e coraggiose.
Ad iniziare dalla cosiddetta filiera. E necessario prendere atto che non vi è alcun comune interesse da difendere fra chi produce lâolio dalle olive e chi âinventaâ miscele in laboratorio. Anzi sono interessi in conflitto. Sono aziende che offrono al consumatore due prodotti diversi e che hanno, nella società , ruolo e funzioni diverse. Per non parlare di quanti confezionano e vendono quei grassi estratti chimicamente dai semi che un legislatore superficiale e distratto ha chiamato âolioâ.
Eâ venuto il tempo di fare chiarezza. Il tempo di un confronto sulla complessa, ricca e articolata presenza delle imprese artigiane di produzione olearia soprattutto in relazione ad una normativa comunitaria e nazionale decisamente superata per promuovere nuove soluzioni legislative.
Cordiali saluti
Giampaolo Sodano
Vicepresidente AIFO
Caro Sodano,
sono completamente d'accordo: è giunta l'ora di voltare pagina e di cambiare lo status quo attraverso una "nuova, originale organizzazione, unitaria, articolata e decentrata sul territorio" e che sia anche "autorevole e rappresentativa".
Ci sto, e aderisco in linea di principio, ma con la certezza che ci siano però volti nuovi, non legati a quelli del passato, nè da vincolo di parentela, nè di appartenenza, o da strani meccanismi distorsivi propri del potere. Ma forse tutto ciò è pura utopia.
Concordo invece senza tentennamenti sulla centralità da assegnare all'homo faber e anche sulla necessità di attenersi a un codice etico.
Il ruolo del frantoiano va certamente rivisto e riproposto in maniera diversa, rispetto a quanto è avvenuto anche nel recente passato. Però la colpa - non dimentichiamolo - è dei frantoiani che non hanno saputo far squadra e difendere con i denti la propria identità .
Il leglislatore può anche aver trascuralo e perfino martirizzato i frantoiani, costringendoli a ricoprire responsabilità "notarili" che non competevano loro, ma esiste anche la dialettica, e perfino la lotta, anche quella dura ed estrema.
Eppure io, che la categoria dei frantoiani conosco molto bene, non ricordo mai di aver assistito a forme di protesta vere che si dicano realmente tal, potenti, capaci di suscitare imbarazzi e paure. Ho assistito solo al silenzio.
Lo ripeto a scanso di equivoci: se la categoria dei frantoiani non ha avuto finora peso, è perché la categoria in quanto tale non c'era: c'erano solo i frantoiani, in ordine sparso.
A parte tali precisazioni, ritengo tuttavia che non ci debbano essere, all'interno delle filiere dell'olio, figure da considerare nemiche, e perciò da deplorare, da combattere e perfino da tenere lontane, quasi fossero l'espressione del male.
Non possiamo continuare a muovere battaglie senza senso.
Tutti devono impegnarsi a collaborare, facendo in modo che il comparto olivicolo e oleario non presenti più ombre.
Le responsabilità dello stato attuale, di grande crisi, sono di tutti, frutto di un lacerante egoismo e di una ipocrisia che ha sottratto da decenni tanta linfa vitale all'intero comparto.
O forse non ho ragione?
Perché continuare ad alimentare una conflittualità tra i vari attori della filiera? A che titolo possiamo distinguere i buoni e i cattivi?
E perché mai i cattivi sono sempre da una parte?
I buoni e i cattivi nel mondo dell'olio stanno dappertutto, la storia degli ultimi trent'anni insegna.
Ecco: il codice etico serve proprio a questo, nel dare una svolta all'intero comparto, cercando di armonizzare e non invece di separare.
E' così difficile capirlo?
Non dimentichiamo che le cose sporche finora le hanno fatte un po' tutti in Italia. Occorre essere onesti e ricominciare daccapo, mettendo da parte il passato, con i rancori e le recriminazioni, senza dimenticare per questo
ciò ch'è accaduto, a futura memoria, per non cadere di nuovo in errore.
E' forse chiedere troppo insistere sull'idea di un'armonizzazione delle filiere?
O si è forse - molto srigativamente - dei venduti all'industria solo perché si sta esprimendo un libero pensiero che (forse) può non piacere a chi ha nascondere responsabilità di un passato poco limpido?
Il fatto che il progetto del "Risorgimento dell'olio italiano" - di cui Teatro Naturale è stato artefice nel promuovere l'iniziativa - sia stato stoppato per puro egoismo di alcuni - e aggiungo anche: per negligenza e miopia - la dice lunga sulle buone intenzioni di chi pensa di correre in solitudine ritenendo di bastare a se stessi, senza avere nemmeno lontanamente il buon senso del padre di famiglia nel capire che un corpo ha necessità di avere tutti i suoi organi in buona salute, perfettamente funzionanti e in ottima coordinazione tra loro. Perché allora non voler bene a quel corpo che rappresenta il comparto oleario italiano?
Certe volte mi stupisco, continuerò a stupirmi.
Una proposta: si faccia tabula rasa; si ricominci daccapo, ma con un nuovo spirito, più ecumenico e non più conflittivo. Un corpo solo: il comparto oleario italiano, in cui ciascuno è chiamato a ricoprire un proprio ruolo e tutti sono parte del tutto.
E' così difficile da accettare?
Coraggio, capisco e condivido le buone intenzioni, ed esprimo per questo un grande in bocca al lupo. Crederci è importante. I frantoiani meritano rispetto e considerazione, quanto non è stato riservato loro in tutti questi anni.
Un cordiale saluto anche da parte mia
Luigi Caricato