L'arca olearia

Oli di oliva. Tutti sulla stessa barca, tutti destinati al naufragio!

Dopo un appunto sull'editoriale di Gualtiero Marchesi, il Comitato scientifico degli oli monovarietali, con la Alfei, Pannelli e Ricci esprimono il proprio disagio per l'assenza di repliche o interventi. Nutrivamo la speranza di un dibattito, che non c'è stato

10 luglio 2010 | T N



Caro Luigi,

abbiamo volutamente atteso alcune settimane dalla pubblicazione dell’editoriale di Gualtiero Marchesi dal titolo “Oliato o condito?” (29 maggio: link esterno) e del successivo commento (5 giugno: link esterno) a cura del Comitato Scientifico della “Rassegna Nazionale degli Oli Monovarietali”, in attesa di repliche o interventi sui relativi contenuti. Verificata l’assoluta indifferenza con cui, ad ogni livello, sono stati accolti i due articoli ci permettiamo di intervenire nuovamente sul tema, visto il particolare disagio con cui abbiamo vissuto la vicenda.

Ritenevamo, e riteniamo tuttora, che produzione e valorizzazione di un olio di qualità superiore a quella di un generico extravergine, portatore di notevoli virtù nutrizionali, salutistiche e sensoriali, disegnino la sola strategia di marketing capace di assicurare un futuro all’olivicoltura nazionale, pena una sempre più agguerrita concorrenza da parte di numerosi altri Paesi produttori di generico extravergine (Alfei et al., 2007; Pannelli, 2007).

Nutrivamo la recondita speranza di sollevare un dibattito intorno al tema del trasferimento al mondo del consumo dei progressi conseguiti dai produttori (con il contributo del mondo della ricerca) della migliore tipologia di olio: quella con percezioni sensoriali decisamente positive. Infatti, attribuiamo ai professionisti della formazione e della comunicazione grandi possibilità d’intervento a sostegno del potenziale ruolo di dispensatore di salute e soddisfazione a tavola dell’olio di massima qualità.

Usciamo malconci dal suddetto tentativo in quanto delusi e rammaricati per la mancata risposta da parte di G. Marchesi, per l’assenza di ogni tuo autorevole intervento e per l’indifferenza dei diretti interessati (produttori e/o trasformatori).

Per i maestri di cucina e per i curatori della tavola è legittimo perseverare nella tradizione, ma sarebbe anche doveroso sperimentare nuove proposte culinarie basate sulle percezioni gustative ed olfattive trasmesse da prodotti di massima qualità, specialmente se sostenute da accertate virtù nutrizionali e salutistiche.

Per quanto riguarda la base produttiva (compresi i suoi rappresentanti) restiamo solo nel dubbio se attribuire la totale indifferenza all’intramontabile vezzo nazionale di “armiamoci e partite” oppure alla morte del paziente alla quale ci ostiniamo a non credere, naturalmente salvo lodevoli eccezioni.

Speriamo con queste poche parole di aver espresso i sensi della nostra profonda delusione per l’evidente fallimento di un progetto intorno al quale intendevamo coinvolgere le migliori competenze in tema di formazione e comunicazione. Evidentemente, la mancanza di strategie condivise era e resta il principale problema del comparto olivicolo nazionale.

Ricordiamo come dalla fine del XIX secolo le ricorrenti crisi del settore olivicolo-oleario, indotte prima dalla concorrenza di nuove fonti energetiche poi da quella degli oli di semi, sono state superate puntando, nell’ordine, sull’incremento dei consumi alimentari dell’olio da olive e sulla progressiva elevazione qualitativa dei suoi consumi. La lunga storia dell’ex Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura e l’Oleificio (ora CRA-OLI) di Spoleto ne è eloquente testimonianza (Pannelli, 2010).

Alla fine del XX secolo il percorso è stato sostenuto anche dalla classe medica e dai media, con il risultato che l’Italia è divenuto l’unico Paese tra quelli grandi consumatori di olio da olive dove gli acquisti di extravergine prevalgono nettamente su quelli delle altre tipologie.

Ora siamo all’ennesima situazione di crisi, stavolta indotta dalla concorrenza di altri Paesi produttori di olio di qualità generica, e logica vorrebbe che concordemente si proseguisse nella strada della elevazione qualitativa dei consumi proponendo olio di qualità superiore a quella del generico extravergine, così come precedentemente descritto.

Il mercato nazionale, fortemente deficitario nei quantitativi prodotti internamente ed evoluto nei consumi di grassi alimentari, si presenta come il substrato ideale su cui investire prioritariamente per elevare ulteriormente i consumi di olio di qualità, nel tentativo di sollevare le sorti dell’intera filiera olivicolo-olearia nazionale.

Al contrario, si preferisce lamentarsi pedissequamente della situazione, attendere gli eventi sperando nel solito miracolo, elemosinare favori e/o contributi, disperdere risorse in una miriade di eventi utili solo ai promotori, difendere ad oltranza posizioni di privilegio, accusare al lordo di preliminari esami di coscienza oppure, come nel nostro caso, ignorarsi accuratamente.

Se questo è il futuro del comparto olivicolo nazionale c’è poco da rallegrarsi per occasionali vittorie di Pirro di chiunque lungo l’intera filiera: siamo tutti sulla stessa barca (dai produttori ai confezionatori) e tutti destinati al naufragio!!

Con la solita stima ed amicizia,

Barbara Alfei, Giorgio Pannelli, Antonio Ricci
Comitato Scientifico Rassegna Nazionale degli Oli Monovarietali


Carissimi Barbara, Giorgio e Antonio,

grazie per l'intensa e preziosa testimonianza, sempre utile per destare una pur minima reazione in un comparto dormiente.

Capisco l'amarezza, ma io non mi attendo certo risposte immediate dai vari attori della filiera, e non so nemmeno se ve ne saranno di risposte in futuro, in tutta franchezza. Ne dubito.

Quanto all'editoriale di Gualtiero Marchesi, ho già comunicato via email a Barbara Alfei il pensiero del grande cuoco, molto gentile e garbato, ma che non intende discostarsi dalla sua opinione, pienamente legittima.

Marchesi non ne fa una questione di natura tecnica o scientifica, non dichiara nulla che vada contro il vostro, e nostro, punto di vista, ma esprime un'adesione di puro gusto personale: ama il burro e non lo nega, e tra gli oli extra vergini di oliva ne predilige solo alcuni, tendenzialmente dolci.

Nulla da eccepire, ciascuno è libero di esprimere una propria predilezione.
Non vedo dove sia il problema: non possiamo certo pretendere che chi la pensa diversamente da noi cambi il proprio gusto e la propria personale visione sui grassi.

A Barbara Alfei, nell'email privata che ho inviato subito dopo la precedente lettera, ho scritto che occorre lavorare molto sui giovani chef, e in particolare con coloro che devono ancora formarsi e che desiderano fortemente emergere: è su di loro che è possibile esercitare un'influenza, e in ogni caso non si può mai costringere qualcuno a pensare secondo i nostri punti di vista.

Mi sembra un principio fondamentale: lasciare la piena libertà di scelta, non forzando mai la mano, perché non dobbiamo inquadrare nessuno, ma solo educare alla corretta conoscenza e al corretto impiego della materia prima, nel nostro caso l'olio extra vergine di oliva.

Mi sembra la strada giusta da percorrere, altrimenti si ottiene poco o nulla.
E' necessario pazientare e mai insistere oltre il dovuto.
Tutto qui. Non c'è motivo di provare alcun disagio: la vita è bella comunque, anche se a qualcuno piace il burro.

Luigi Caricato


Bibliografia

Alfei B., Pannelli G., Ricci A., 2007. Le possibilità che offrono gli oli monovarietali. L’Informatore Agrario, 33: 4-5.
Pannelli G., 2007. Il futuro dell’olivicoltura italiana. L’Informatore Agrario, 45: 4-5.
Pannelli G., 2010. Identità storica dell’olivo e dell’olio. Olivo e Olio, 6. Supplemento “Catalogo degli Oli Monovarietali”: 5-10.