L'arca olearia

Niente più trucchi grazie agli isotopi. Più difficile barare con origine extra vergine

Le garanzie basate su schemi di certificazione cartacei non bastano più. Occorre fornire più sicurezze e certezze al consumatore attraverso sistemi d’analisi oggettivi, ripetibili e sicuri. Tra le possibili soluzioni l’esame degli isotopi stabili

01 maggio 2010 | Alberto Grimelli

Una serie di ricerche correlate che riguardano prevalentemente gli isotopi stabili di idrogeno, carbonio e ossigeno, ma anche il contenuto in minerali, offrono nuove prospettive per le produzioni a certificazione d’origine, prospettive di poter offrire al consumatore garanzie che vanno ben al di là di un puro schema di certificazione cartaceo, basato su registri.

Non è la prima volta che pubblichiamo su Teatro Naturale ricerche che hanno come fine voler offrire strumenti analitici volti all’accertamento dell’origine. Gli studi condotti da Federica Camin e Luana Contempo dell’Istituto di San Michele all’Adige hanno però il pregio di essersi già misurati, anche se ancora in minima parte con la realtà olivicola italiana e internazionale.

In dieci anni d’attività sono stati analizzati circa 1000 campioni provenienti da tutta Italia, oli a denominazione d’origine, che hanno permesso la creazione di un database, a disposizione del Ministero delle politiche agricole, che potrebbe consentire di discriminare la provenienza in ragione del rapporto tra gli isotopi stabili ci C, H e O, che sono legati oltreché all’origine botanica della pianta alle caratteristiche geografiche, geologiche e climatiche della zona di coltivazione.



“Il metodo – ci dice Federica Camin – è particolarmente sensibile alle differenti aree climatiche, per questa ragione, ad esempio riesce a discriminare molto bene gli oli gardesani dagli altri e a distinguere anche quelli di Calabria e Sicilia rispetto ai pugliesi. E’ possibile discriminare anche tra territori vicini come quelli della Dop Canino e della Dop Sabina. E’ tuttavia necessario procedere con cautela perché in annate anomale, come il 2009, connotato da temperature miti al sud e calde al nord, le differenziazioni sono state più lievi.”

Al momento lo screening è stato effettuato suddividendo l’Italia in quattro macroregioni geografiche: Nord (Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna), Centro (Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo, Lazio), Sud1 (Campania e Puglia) e Sud2 (Calabria e Sicilia).

Se è sempre stato possibile ben discriminare gli oli del nord da quelli del sud Italia, più difficoltoso è stato per aree più omogenee, come il Centro e il Sud1 mentre ben differenziabili sono Sud1 e Sud2.
Il metodo va certamente ancora tarato e occorreranno altri anni di sperimentazione affinché possa definirsi collaudato ma le potenzialità sono evidenti. Non solo, per esempio, è stato possibile discriminare tra la Dop Canino e la Dop Sabina ma anche tra Aprutino pescarese e Colline teatine.

“E’ l’inizio di un percorso – continua Federica Camin – anche perché l’analisi è piuttosto costosa, 200-300 euro per campione ma il sistema può funzionare.”



Una discriminazione più precisa si potrebbe inoltre ottenere affiancando l’analisi degli isotopi stabili con quella degli elementi minerali contenuti nell’olio.

Un simile studio è stato condotto, nell’ambito del progetto europeo Trace, proprio dall’Istituto di San Michele all’Adige, su circa 300 oli provenienti da otto aree olivicole del vecchio continente, dall’Italia alla Grecia, dal Portogallo alla Francia, scoprendo che è possibile differenziare gli oli prodotti nei diversi Paesi.

Combiando le due tecniche è stato possibile distinguere l’origine anche in base al profilo minerale dell’olio scoprendo che oli ottenuti su suoli calcarei, sedimentario fine o magmatico acido forniscono risultati analitici ben diversi.
Le quantità di minerali presenti nell’olio sono comunque molto modeste, rendendo necessario una concentrazione di questi, con un alto rischio di contaminazioni, anche accidentali, che possono falsare il risultato.

Per ridurre i margini d’errore è quindi necessario ampliare ulteriormente la banca dati tanto per gli isotopi stabili quanto per il profilo minerale.
Tra qualche anno, non è però escluso che tale metodica possa divenire ufficiale, venendo adottata da qualche consorzio di tutela dell’extra vergine, ed essere poi proficuamente utilizzata per combattere le frodi.