L'arca olearia
Il consumatore non si educa. Ecco cosa significa dire "mercato dell'olio"
Non si tratta di un'entità astratta: si produce e si vende, con il miglior rapporto qualità-prezzo possibile, ciò che il mercato richiede. Interviene il direttore di Assitol Claudio Ranzani sullo "splendido isolamento di Unaprol". Nessun passo avanti nella reciproca comprensione
11 luglio 2009 | T N
Egregio Dr. Caricato,
leggo con attenzione Teatro Naturale e non mi è sfuggito il pezzo "Unaprol chiama Assitol. Ciascuno si schiera dietro i propri scudi" (link esterno), anche se mi sarebbe sembrato più appropriato un âAssitol chiama Unaprolâ, visto che è stata Assitol ad ospitare il Dr. Gargano nel proprio convegno e non viceversa, né siamo stati invitati da Unaprol ad un qualsiasi confronto pubblico o privato negli ultimi tempi.
Questa puntualizzazione non vuole essere una critica a Lei o ad Unaprol, libera di scegliere lo splendido isolamento che lâha portata ad uscire dallâOrganismo interprofessionale; lâinvito intendeva genuinamente consentire al Dr. Gargano di esporre le proprie ragioni al fior fiore dellâindustria italiana dellâolio dâoliva.
Non mi è parso, purtroppo, che si siano fatti passi avanti nella reciproca comprensione.
Colgo perciò lâoccasione offertami dalla lettera del Sig. Giuseppe Del Console e dalla sua richiesta di lumi (link esterno) per esprimere il mio punto di vista, sperando di dare così qualche modesto contributo sulla questione.
Prima di iniziare la nuova carriera a livello di Associazioni imprenditoriali che mi ha portato allâattuale ruolo in Assitol, fresco di laurea entrai tanti anni fa in una delle più importanti imprese multinazionali operanti nel nostro paese.
Ebbene, fin dal primo colloquio allâufficio del personale mi sentii dire: âSia chiaro, noi siamo unâazienda marketing orientedâ e ben presto compresi che cosa ciò volesse dire.
Si produce e si vende, con il miglior rapporto qualità -prezzo possibile, ciò che il mercato richiede, dove âil mercatoâ non è unâentità astratta, ma sono le Signore Maria, Antonella, Concetta, Francesca e così via.
Erano e sono la Signora Maria, la Signora Concetta e la Signora Francesca che dovevano prendere i nostri prodotti dagli scaffali, aprire il borsellino ed acquistarli. E lâavrebbero fatto solo se convinte che questi prodotti fossero quelli giusti per le esigenze della loro famiglia, che come tutti ben sappiamo di solito ha mille esigenze, tante priorità e pochi soldi!
Tutti i nostri comportamenti, perciò, dovevano essere risposte alle loro domande.
Da qui nasce la prima grande difficoltà ad intendersi. Aziende che riescono a sopravvivere e prosperare solo se non dimenticano neppure per un istante che âprima di tutto viene il consumatore, ciò che vuole il consumatoreâ sanno anche che non è loro compito educarlo, né sarebbero credibili se cercassero di farlo, tanto più con tutto il fango che altre componenti della filiera continuano a rovesciare loro addosso.
Ma siamo poi sicuri che il consumatore non sappia, non capisca? Pensiamo davvero che la Signora Maria, la Signora Antonella e la Signora Francesca, cioè le nostre madri, mogli, figlie, sorelle ed amiche, siano delle ignoranti?
Che non sappiano, per fare solo qualche banale esempio, che la Mercedes Classe M Premium abbia âqualche cosa in piùâ della Fiat Grande Punto o che il Bordeaux Chateau Rothschild abbia sentori raffinati che non si ritrovano nel vino dei castelli? O che una vacanza allâHotel Quisisana di Capri sia più âsplendidaâ di una settimana alla pensioncina di Cervia? Certo che lo sanno, anche se alcune talvolta affermano che la Mercedes âconsuma ed inquina troppo ed è scomoda da parcheggiare in città â, il Bordeaux âtroppo pesante quando poi si deve lavorareâ, il Quisisana âtroppo lontano dal mare per i bambiniâ.
Alla fin fine, comunque, nella maggior parte dei casi pensano che per le loro esigenze e possibilità Fiat Grande Punto, pranzetto ai castelli e pensioncina di Cervia siano per loro IL MEGLIO quanto a qualità , anche perché ci sono molti e diversi gusti, molte e contrastanti esigenze e perciò molti modi di fare qualità ed il prezzo ne è una componente fondamentale!
Ecco perché la Fiat Grande Punto è stata premiata con numerosi e prestigiosi riconoscimenti in Europa ed in America e chi la produce ne ha vendute tante da potersi lanciare in ambiziosi programmi di business!
Con la logica del Sig. Del Console sarebbe invece un catorcio da disprezzare.
Certo, talvolta capita, soprattutto nelle Aziende padronali, che con il succedersi delle generazioni arrivi ai vertici qualche figlio scapestrato che non ha capito la lezione del mercato e che cerca di âeducare il consumatoreâ, ma ciò non costituisce un problema: come abbiamo visto in varie occasioni lâAzienda fallisce rapidamente e viene assorbita da unâaltra, più rispettosa della sovranità del consumatore e che perciò chiede alla Signora Maria cosa desideri, invece di pretendere di imporglielo.
Le imprese che rappresento non sono dirette da âfigli scapestratiâ, ma da imprenditori seri e ben consapevoli delle regole del mercato.
In tanti e tanti decenni di lavoro, queste imprese hanno costruito oggi marchi prestigiosi, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo e portano gli oli dâoliva, soprattutto extravergini, praticamente in tutti i paesi.
Ci guadagnano? Certo, nessuno o quasi nessuno lavora solo per la gloria, ma la loro leadership porta lavoro e benessere non solo alle â400 personeâ che cita il Sig. Del Console, ma alle migliaia che producono gli oli DOP, IGP e â100% italianoâ da loro venduti in tutto il mondo, a quanti fabbricano macchine ed impianti, bottiglie e lattine, etichette, tappi, cartoni e pallet, agli addetti alla logistica e, perché no, ai pubblici funzionari che controllano quotidianamente ogni partita di olio dâoliva destinata allâesportazione.
In cambio arriva valuta pregiata con la quale pagare le tante tonnellate di oli dâoliva che dobbiamo importare ogni anno per i consumatori italiani, perché la nostra agricoltura non riesce a produrle.
Sa il Sig. Del Console che nel 2008 con le 331.000 tonnellate di oli esportati (per il 90% confezionato) abbiamo pagato quasi completamente le quasi 510.000 importate sfuse ?
E si pagano imposte, tante imposte, con cui finanziare tra lâaltro gli interventi che Commissione europea, Parlamento e Governo decidono a favore dei settori più deboli.
Si badi, praticamente tutte le nostre aziende vendono anche DOP, IGP e prodotti di âqualità superioreâ (non necessariamente italiani; vada qualche volta il Sig. Del Console ad assaggiare gli oli non italiani che vincono i concorsi internazionali!): le imprese maggiori, per quanto mi risulta, per ragioni di immagine e perdendoci soldi, ma per alcune mie associate di minori dimensioni le DOP e le IGP sono un profittevole âcore businessâ, tanto che non farei bene il mio lavoro, che deve essere rispettoso degli interessi di tutti i miei associati, se non parlassi sempre più che bene di questi prodotti della nostra olivicoltura.
Però se ne vendono poche bottiglie, perché poche ne richiede il mercato.
In ogni caso, visto che il Sig. Del Console, citando alcuni miei associati, parla di mercato americano e di blend, le nostre imprese vendono negli USA sia prodotto autenticamente â100% italianoâ che blend, entrambi ben chiaramente etichettati, questi ultimi indicando esplicitamente in etichetta le diverse provenienze utilizzate, ed i consumatori americani (le Signore Mary e Jane) hanno ben imparato ad apprezzare le caratteristiche di entrambi i prodotti e la capacità tutta italiana di selezionare gli oli più adatti e di comporli sapientemente per produrre oli extravergini di qualità costante e gradita.
Capacità di selezionare e mescolare che, se vogliamo parlare di Storia, noi datiamo almeno dallâ800, quando le prime famiglie fondatrici (molti dei principali marchi dâoggi) iniziarono a girare il Mediterraneo e ad esportare i blend oltreoceano, ma che potremmo datare ben prima, visto che le navi romane affondate lungo le coste italiche portavano olio dâoliva a Roma e non viceversa.
Unâaltra considerazione che mi viene da fare è che le mie aziende sono i clienti dei produttori agricoli (la mancanza del microfono, nellâatmosfera frizzante del nostro convegno, ha fatto purtroppo perdere la battuta dellâIng. Maccari, che ricordava che la sua azienda è il âprimo acquirente AL MONDO di oli italianiâ!) e sarebbe giusto si aspettassero dai propri fornitori almeno un poco della considerazione e del rispetto che noi abbiamo per i nostri clienti.
Ad esempio un poco di ascolto su che cosa chiedano i consumatori, su quali problemi qualitativi tanti oli italiani abbiano (e ne hanno, oh se ne hanno!) e su che cosa occorra fare per restare sul mercato in maniera competitiva e vincente.
Ricevono invece continui attacchi, pesanti ed inutili intralci ed appesantimenti burocratici nel loro lavoro, nella completa indifferenza della politica per i destini di questa importante componente dellâagroalimentare nazionale, mentre i nostri concorrenti spagnoli vengono agevolati, sostenuti e finanziati per sottrarci quote di mercato e ricchezza.
Questo atteggiamento, tra parentesi, spiega forse i numerosi fallimenti da Lei recentemente ricordati di iniziative passate del mondo agricolo nel mondo del confezionamento, dellâindustria e del commercio, pur abbondantemente finanziate dalla mano pubblica; chi quotidianamente attacca i propri clienti ed i distributori e considera e tratta da ignorante la Signora Maria non può che fare la fine dei âfigli scapestratiâ di cui si diceva.
Ed infine, se anche si moltiplicassero le Signore Maria ansiose di spendere 18 euro per avere una bottiglia da 0,7 litri di extravergine, non crede il Sig. Del Console che ben presto vedremmo arrivare sugli scaffali, a prezzo conveniente, gli oli di alta qualità e le DOP che sistemi agricoli meglio organizzati del nostro già sfornano ed ancor più potrebbero sfornare in futuro a prezzi inferiori a quelli dei nostri produttori, se âci fosse mercatoâ?
Pensa poi che ciò aiuterebbe chi in Italia produce lampante, tanto lampante, come caro Direttore si ricorda in altra parte dellâultimo numero di Teatro naturale? O vergine italiano di modesta qualità o âda taglioâ, per il quale il produttore vorrebbe chissà perché spuntare un prezzo superiore (spesso molto superiore) a quello di analoghi oli extravergini dâimportazione, che è poi il prezzo che il mercato (la Signora Maria!) è disposto a pagare?
Non pensa il Sig. Del Console che la nuova PAC, come è stato detto e ripetuto fin dallâinizio dal Commissario allâAgricoltura a Bruxelles, abbia voluto riportare le regole del mercato in agricoltura, che mercato significa cicli e perciò periodiche crisi, che nelle crisi si difende meglio (anzi, di solito trova occasioni di sviluppo) chi è forte, sano e competitivo e che perciò, per cercare di migliorare la situazione, occorrerebbe preparare e soprattutto attuare con urgenza un serio programma di ammodernamento della nostra agricoltura, che faccia crescere la superficie media da quel ridicolo âpoco meno di un ettaroâ che riportano le statistiche, che aumenti la produttività , riduca i costi e migliori le capacità imprenditoriali e commerciali dei nostri fornitori?
Nella sua lettera non vi è traccia di ciò, anzi semmai critiche ai produttori agricoli spagnoli, che questo ammodernamento hanno realizzato e che continuano ad investire per fare ancora meglio.
Non pensa che i richiami degli economisti sullâurgente necessità di far crescere la produttività del âSistema Italiaâ siano diretti anche a lui e non solo agli âaltriâ?
Mi creda il Sig. Del Console, il giorno che i produttori agricoli italiani si convincessero ad intraprendere questa strada di umile studio, fatica e lavoro, abbandonando le visioni autoconsolatorie loro proposte da un paio di loro Organizzazioni nelle quali tutti gli altri sono ignoranti o mascalzoni, il giorno che arrivassero a comprendere che il miglior giudice della qualità di un prodotto non è chi lo produce, ma chi lo acquista, avrebbero dalle nostre imprese non una mano, ma due. Sapesse quanto ci pesa non avere alle spalle unâolivicoltura forte e moderna!
Per intanto, invece di vedere proposte utili a far crescere lâimprenditorialità dei produttori agricoli, ci tocca sentire Unaprol e Coldiretti che, dissociandosi da tutte le altre numerose Organizzazioni della filiera, chiedono inutili misure che minano la competitività delle nostre imprese. E, peggio, ci tocca vedere che vengono ascoltate.
Mi scuso per la lunghezza di questo mio intervento, ma sarebbero ancora tante le cose da dire!
Di fronte a tali e tanti problemi, anche se lo facciamo, non credo proprio che sedersi intorno ad un tavolo per discutere come investire quei 10 (?) milioni in promozione possa da solo servire a granché.
Con i migliori auguri di successo per il Suo lavoro ed i più cordiali saluti.
Claudio Ranzani
Lo sappiamo che senza l'apertura di Assitol l'Unaprol continuerebbe a restare nel suo mondo dorato di favole e finanziamenti pubblici.
E proprio per questo che l'Unaprol ha urgente bisogno di voi: dopo questo pasticcio del made in Italy obbligatorio in etichetta, e tanti proclami e osanna, in via Rocca di Papa si pongono ora il problema di chi vendera' l'olio.
Di fronte alla realta', all'Unaprol (e aggiungo: alla Coldiretti) inizieranno finalmente a rendersi conto che la filiera ha bisogno di porre delle relazioni serie tra le parti, e non di annunci e proclami fondati sul nulla.
Vedremo cosa accadra'. Intanto faremo il possibile per essere e rimanere ottimisti.
Luigi Caricato
TESTI CORRELATI
Presente, passato e futuro dellâolio dâoliva italiano. Unaprol chiama Assitol: link esterno