L'arca olearia

Piogge e umidità portano lebbra e piombatura

Gli agenti fungini in olivicoltura sono spesso sottovalutati ma in stagioni umide questi alcuni patogeni possono causare seri problemi, anche sui frutti

11 ottobre 2008 | R. T.

Nelle regioni del centro nord, quest’estate e l’inizio dell’autunno sono stati piuttosto piovosi e alquanto umidi, condizioni ideali per lo sviluppo degli agenti fungini.

Sebbene l’occhio di pavone resti il fungo più pericoloso e dannoso per un corretto equilibrio vegeto produttivi dell’olivo, saltuariamente altri patogeni si affacciano nell’impianto.
Imparare a riconoscerli è quindi indispensabile anche perché piombatura e lebbra possono arrecare danno anche sui frutti, causando perdite quali quantitative.

Piombatura dell’olivo
Mycocentrospora cladosporoides è il responsabile della patologia conosciuta come piombatura dell’olivo, facilmente riconoscibile perché sulla pagina inferiore delle foglie appaiono delle macchie vellutate, fuligginose, in corrispondenza delle quali compaiono, sulla pagina superiore, aree clorotiche. Sui rametti, quando sono ancora allo stato erbaceo, possono invece comparire macchie irregolari, più o meno ovali, grigiastre. Nel caso di forti attacchi il fungo può anche attaccare i frutti su cui compaiono tacche bruno-rossastre, con diametro di circa 1 cm, più o meno depresse.
Il fungo si perpetua come micelio o per mezzo di sclerozi su foglie pendenti o cadute a terra.
Particolarmente sensibili alla piombatura sono Frantoio, Moraiolo, Nocellara, Ogliarola, Rosciola, Tonda.
Per contrastare l’instaurarsi della patologia è necessario arieggiare le chiome con operazioni di potatura laddove si sono verificati cospicui attacchi negli anni precedenti. Così può essere utile, inoltre, intervenire in autunno, in coincidenza con le prime piogge autunnali, con trattamenti rameici, in particolare nelle aree umide, con forti ristagni d’acqua.

Lebbra dell’olivo
Colletotrichum gleosporioides è invece il responsabile della patologia conosciuta come lebbra dell’olivo, i cui sintomi sono macchie aride, biancastre, tondeggianti o irregolari sui rami. Sui frutti, invece, si possono rilevare macchie brune più o meno chiare, spesso nel punto di inserzione del peduncolo.
Si conserva sotto forma di periteci, di micelio o di conidi nei frutti marciti, nei semi, nei residui vegetali o nei cancretti che produce. Penetra attraverso aperture naturali (stomi, lenticelle) o ferite.
Generalmente la lebbra attacca piante già deperite e determina cascola precoce delle olive con parziali o totali raggrinzimenti delle stesse. Dalle olive attaccate si ottiene un olio di qualità molto scadente.
Anche in questo caso, per difendersi da questo fungo, è necessario arieggiare le chiome, non esagerare con le concimazioni azotate e eliminare gli eventuali organi danneggiati.
In zone dove la lebbra storicamente ha fatto sentire la sua presenza può risultare necessario programmare interventi preventivi ripetuti, a base di prodotti rameici, durante l’autunno.