L'arca olearia
TALEA O INNESTO. QUALE SOLUZIONE?
È l’annosa alternativa che si affaccia ogni volta che ci si presenta da un vivaista per comprare una piantina d’olivo. La differenza nel costo d’acquisto si ripercuote sulla qualità del materiale vegetale? Una scelta consapevole si basa sulla conoscenza di questi due metodi di moltiplicazione
06 marzo 2004 | Alberto Grimelli
In Italia, fino qualche decennio or sono, vi era la convinzione che le piante di olivo innestate fossero più longeve, meglio ancorate, più adattabili ai diversi tipi di terreno e più resistenti alla siccità di quelle moltiplicate per talea, e pertanto da preferirsi, soprattutto per gli impianti produttivi. A quei tempi però i risultati nel taleaggio dell'olivo erano modesti, certo scoraggianti se confrontati con le percentuali di attecchimento della moltiplicazione per innesto, praticamente, quasi senza fallanza alcuna.
Riguardo alla longevità , i termini della discussione si riferiscono a 2-3 secoli, e quindi ben oltre la normale vita produttiva di un impianto olivicolo.
Da un punto di vista tecnico, è ovvio che l'adozione di portinnesti diversi possa permettere una maggiore adattabilità di una stessa varietà a terreni diversi, e che una opportuna e mirata scelta fra questi possa eventualmente garantire una maggiore resistenza a condizioni siccitose; ma vero è che, in condizioni medie, piante moltiplicate per talea si sono dimostrate tutt'altro che inferiori rispetto a piante innestate, sia dal punto di vista vegetazionale che da quello produttivo.
Inoltre non esistono ancora ricerche di base che possano fornire dati certi e incontrovertibili riguardo alla maggiore adattabilità di una varietà rispetto a unâaltra. Quindi le informazioni sono tutte basate su osservazioni, sullâempirismo e sullâesperienza personale.
Quello che invece può essere considerato un dato acclarato è la mancanza di differenze nello sviluppo radicale e nella sua fisiologia tra piante ottenute per innesto o per talea dopo alcuni anni dallâimpianto. Nel breve periodo invece, due o tre anni dopo lâimpianto, la piantina innestata può godere di alcuni benefici poiché il suo apparato radicale è maggiormente sviluppato garantendo così una precoce esplorazione del suolo e un maggiore ancoraggio al terreno, particolarmente utile in zone molto ventose.
Moltiplicazione per talea
La prima fase è quella del prelievo del materiale per la moltiplicazione. I periodi per eseguire questa operazione sono due: in marzo avendo cura di prelevare rami di un anno nella loro parte mediana e apicale, cioè in quelle parti meno legnose; oppure nel periodo di settembre-ottobre, in questo caso prelevando rami dell'anno nella frazione basale e mediana per evitare le parti troppo erbacee. Da questi rami, successivamente, si ricavano segmenti di 8 - 10 cm con tre/quattro nodi, due dei quali con le foglie (nella parte apicale), facendo attenzione ad eseguire il taglio subito al di sotto del nodo basale. A questo punto si passa alla fase di radicamento. La base dei rametti precedentemente preparati va immersa per 1 cm circa in una polvere contenente acido indol butirrico (IBA) un ormone vegetale che stimola l'emissione di nuove radici. Quindi ogni segmento con le foglioline verso l'alto va posto in un "cassone" chiuso, riscaldato e a temperatura costante del substrato tra i 20 e 22°C. Il substrato è costituito da agriperlite che deve essere precedentemente bagnata e lasciata scolare prima di essere immessa nel cassone. Le talee, che in questa fase non vanno concimate, rimangono nel cassone riscaldato circa quaranta giorni, dopo di che quelle che hanno emesso almeno due radichette vengono prelevate e immesse in vasetti forati del tutto simili ai normali bicchieri di plastica, con un substrato non concimato, costituito da torba, terriccio, foglie triturare e sabbia. Dopo circa un mese si esegue il trapianto nei vasi di plastica più grandi e definitivi. In questi casi il substrato, simile a quello precedentemente descritto, deve essere concimato con: azoto, fosforo, potassio e microelementi. Dopo circa un anno le talee che hanno raggiunto un'altezza attorno ai 30-40 cm sono pronte per essere messe a dimora in pieno campo.
Moltiplicazione per innesto
Tra novembre e dicembre, si prelevano i semi, che dopo essere stati lavati e sgrassati, vengono conservati in sacchetti al fresco.
L'utilizzazione dei semi dellâolivastro, quali futuri portainnesti, in passato si usavano quelli spontanei che crescevano nella macchia mediterranea, storicamente è stata determinata dalla necessità di avere a disposizione una pianta robusta, con sistema radicale ben formato, pronta, come scrive Giuseppe Tallarico nel 1939, "a sfidare i secoli futuri, a fare i conti da se stesso, senza aiuto d'altri, con i macigni e con le roccie di granito, con l'arsura dell'estate e con la povertà del luogo".
Oggi la tecnica della riproduzione non si affida più agli olivi selvatici, ma ad olivastri fatti crescere in appositi vivai oppure a varietà , Frantoio, Cipressino, Canino ed altre, la cui rusticità è ben acclarata dalla ricerca scientifica.
La semina avviene tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre, su un letto di germinazione posto in aiuola e costituito da terreno limo-sabbioso, calcareo; i noccioli vengono disposti a strati sovrapposti di 2 cm circa e ricoperti con lo stesso terriccio, tenuto costantemente umido.
La germinazione inizia dopo un mese e mezzo circa.
Nella primavera successiva, tra aprile e maggio viene effettuato il trapianto o il rinvaso. Una volta trapiantate, devono essere frequentemente irrigate, protette dal sole nei mesi più caldi e tenute pulite da infestanti.
Dopo un anno, quando i semenzali hanno raggiunto un certo sviluppo, sono pronti per essere innestati. L'innesto avviene dunque quando la piantina ha raggiunto un'età di circa 18 mesi ed un diametro di circa 6 mm. Il tipo di innesto comunemente usato è quello a corona, per cui è necessario che la pianta sia in succhio, cioè che la corteccia si distacchi facilmente per potervi porre una o più marze.
Quella dell'innesto è una pratica senza dubbio delicata, che richiede particolari attenzioni e cure. Tuttavia, nei vivai ben organizzati del Pesciatino, dove questa tecnica è ancora abbastanza diffusa, una squadra di due innestini e quattro ausiliari, che gestiscono le fasi della preparazione dell'innesto e della masticiatura finale, riesce ad effettuare circa 500 innesti l'ora. Dopo l'innesto, sottoposte ancora alle cure già indicate, le piante rimangono nella nestaiola o in contenitore, in questo caso è raccomandabile un ulteriore rinvaso, per un ulteriore anno, nel corso del quale viene scelto un solo germoglio proveniente dalla marza e legato ad un tutore per favorirne l'accrescimento verticale.
Qui, spesso, rimangono ancora un anno prima di essere vendute.
Innesto-talea
Il taleaggio può inoltre anche essere proposto e pensato per l'autoradicazione di talune linee di portinnesto. Il taleaggio in cassone riscaldato è inoltre adottato per la propagazione dell'olivo con la tecnica dell'innesto-talea in cui la marza di varietà difficili da radicare viene innestata (generalmente a spacco inglese semplice) su soggetti di facile radicazione. Il particolare ambiente rappresentato dal cassone riscaldato, caratterizzato da temperatura costante ed umidità elevata, consente la contemporanea saldatura dell'innesto e la radicazione del portinnesto. Il vantaggio rispetto all'innesto su semenzale è rappresentato dai minori tempi per l'attecchimento dell'innesto stesso e, soprattutto, da una maggior uniformità dei soggetti portinnesto e quindi, in ultimo del materiale prodotto