L'arca olearia

Le nuove frontiere dell’olivicoltura. L’India si sta avvicinando all’olio d’oliva

Non solo consumo ma anche produzione. La coltivazione dell’olivo si sta diffondendo sempre più anche in aree non tradizionalmente vocate. Abbiamo approfondito l’argomento con VN Dalmia, Presidente dell’Indian Olive Oil Association

26 aprile 2008 | T N

L’Indian Olive Oil Association è un ente nato di recente, anche perché risale a pochi anni fa l’interesse di questo Paese per gli oli d’oliva e per l’olivo.
La tradizione gastronomica indiana è infatti sempre stata lontana dall’olio di oliva ma le sue proprietà nutraceutiche sono state un favorevole viatico per questo prodotto.
VN Dalmia, oggi Presidente dell’Indian Olive Oil Association, è stato un pioniere dell’olio d’oliva in India, lanciandolo nel consumo, tanto da ottenere dallo Stato italiano, con cui ha da sempre ottimi e proficui rapporti, il titolo di Commendatore.



- Presidente Dalmia, l’India ha deciso di investire molto nel comparto olio di oliva. Si parla addirittura di un nuovo modello di olivicoltura, nell’ambito della regione di Rajasthan. Si sta puntando in particolare su tecniche e tecnologie irrigue all’avanguardia... Come mai tutta questa attenzione?
In realtà non penso che l’India stia attribuendo eccessiva importanza alla coltivazione dell’ulivo. Tale interesse sta iniziando soltanto ora.
Gli imprenditori che ora stanno investendo nella coltivazione dell’ulivo sono effettivamente degli imprenditori molto coraggiosi giacché stanno facendo qualcosa di assolutamente nuovo in India. Non c’è alcun precedente si stanno assumendo i propri rischi imprenditoriali. Probabilmente solo a partire dal 2013 in poi, tali investimenti cominceranno ad avere un ritorno. Il progetto del Rajasthan è un progetto pioniere ed è il primo del suo genere in India.
Quello del Rajasthan è un progetto che viene portato avanti in collaborazione con un produttore israeliano di olio di oliva. Il primo ministro dello stato del Rajasthan, durante una sua visita in un kibbutz in Israele, è rimasta molto impressionata dalla coltivazione dell’olivo utilizzando un sistema di irrigazione a goccia in una zona agricola molto secca; tale zona era molto simile a quella quasi desertica dello Stato del Rajasthan. Tanto è rimasta colpita che ha chiesto la collaborazione israeliana per realizzare un progetto simile nel Rajasthan. Al momento si tratta solo di un progetto pilota su una superficie di 250 ettari di terra dove il governo dello Stato del Rajasthan ha reso disponibile la terra, l’azienda israeliana ha offerto il suo know-how, ossia la sua esperienza tecnica mentre un’altra impresa indiana ha garantito il capitale. Cosicché si tratta di una joint venture condotta da tre soci. Proprio perché si tratta di un primo progetto non è il caso di affermare che stiamo attribuendo molta importanza alla coltivazione dell’olivo. Al momento è solo una piccola cosa.
Recentemente, tuttavia c’è stato l’annuncio di una joint-venture Indo-Spagnola nello Stato collinoso del nord di “Himachal Pradesh”. C’è anche qualche notizia circa alcuni investimenti fatti negli Stati occidentali del Maharashtra, verso Nashik, che rappresenta la regione del vino Indiana.
Considerando la dimensione della nostra nazione nonché la popolazione anche tre progetti costituiscono piccoli numeri. Ma se consideriamo la velocità con cui si susseguono gli annunci, ciò che oggi possiamo definire “una goccia” , potrebbe in breve diventare una “inondazione”.

- L’obiettivo dell’India, in particolare, è di piantumare almeno 120 mila piante di diverse varietà. Si tratta di una scommessa che porterà dei buoni esiti secondo lei? Ci sono i presupposti per trovare la migliore adattabilità agronomica della pianta dell’olivo?
Bene, i 125.000 alberi di olivo sono principalmente di 3 varietà così come mi è stato comunicato dall’imprenditore israeliano. Non ho dubbi circa il fatto che i risultati saranno buoni, forse solo dopo i soliti problemi iniziali che caratterizzano qualsiasi progetto nuovo. I promotori di tale iniziativa sostengono che stanno producendo un buon olio di oliva in Israele e quindi non c’è alcun motivo di dubitare sul fatto che saranno in grado di fare lo stesso in India.
C’è da dire, in aggiunta che l’India è oggi in grado di produrre un vino di buona qualità nelle regioni di Nashick e lungo le colline di Nandi vicino a Bangalore. Entrambe le aree hanno climi che possono essere considerati molto simili a quelli del bacino mediterraneo. Se l’India è quindi in grado di produrre un buon vino, sarà in grado di fare altrettanto per le olive e quindi per l’olio.

- Le attenzioni verso l’olio d’oliva a quando risalgono per l’esattezza? Come viene percepito quest’olio così inusuale per le abitudini culinarie locali?
Storicamente l’olio di oliva è sempre stato apprezzato in India quale olio eccellente per i massaggi. Non era conosciuto come olio commestibile.
Ancora adesso il più grande consumo di olio di oliva è per i massaggi, sebbene naturalmente, il consumo di olio di oliva per la cucina stia crescendo molto velocemente.
Il nostro interesse per l’olio di oliva è abbastanza recente. La parte occidentale ha cominciato ad interessarsene negli anni novanta. Poiché gli indiani hanno incominciato a viaggiare sempre di più all’estero, hanno anche potuto apprezzare i benefici dell’olio di oliva. Grazie ai continui sforzi spesi in attività promozionali da parte delle principali società importatrici di olio di oliva presenti in India nonché da parte del Coi c’è stato un interesse sempre crescente da parte dei media, dei cuochi, dei nutrizionisti ecc. sui benefici apportati dall’olio di oliva.
Il risultato è stato che il consumatore indiano sta diventando sempre più informato sull’olio di oliva in generale nonché sulle sue differenti qualità e soprattutto su come usare ciascuno nel modo migliore.
In precedenza nessuno si era occupato di tale attività di “educazione”. Ciascuno sosteneva alla cieca, che usavano l’olio extra vergine di oliva giacchè è il migliore. Un miglior gusto sicuramente ma non sempre il migliore per cucinare indiano.
L’olio extra vergine di oliva è l’olio più caro in assoluto tuttavia è il migliore qualitativamente con un bouquet ed una aroma perfetti. L’etra vergine è l’ideale per l’uso a crudo, per condimenti e per esaltare i sapori delle pietanze; ma non è l’ideale per la frittura in quanto l’extra vergine trasmette il suo sapore intenso al cibo cucinato in tale modo. Molti indiani non amano cambiare il gusto ai loro piatti.
La qualità successiva, l’olio di oliva, ha un bouquet e sapore meno deciso, ma è solo marginalmente inferiore come prezzo all’olio extra vergine di oliva. Sebbene l’olio di oliva possa essere usato per la cucina, ha un gusto più delicato cosicché si adatta maggiormente per la frittura o la cucina mediterranea. In India tale olio è il più popolare come olio per massaggi.
Infine c’è l’olio di sansa e oliva. E’ il prodotto che ha il prezzo più basso ed ha in più caratteristiche di leggerezza per gusto e sapore. Il cibo indiano cucinato con l’olio di sansa non modifica qualsiasi tipo di piatto tipicamente indiano. Lo si può usare per friggere, per cuocere al forno, per arrostire o per qualsiasi altra cosa. L’olio di sansa è un buon sostituto per tutti gli olii attualmente usati dai consumatori indiani (girasole, mais, soia, cartamo, palma ecc.) tutti olii raffinati.
Per queste ragioni l’olio di sansa è spesso considerato il più adatto per il consumatore indiano. Ovviamente non dobbiamo dimenticare che l’olio di sansa costa la metà dell’olio extra vergine di oliva. Attualmente abbiamo speso molte energie per pubblicizzare che l’olio di oliva può essere utilizzato per 1/3 in quantità, rispetto agli altri olii e quindi per questo non è costoso come sembra, l’olio di oliva ha il più alto contenuto di acidi monoinsaturi inoltre è ricco di antiossidanti ed ha numerosi altri benefici salutistici.
Naturalmente ci aspettiamo che il gusto del consumatore indiano si evolva nello stesso modo in cui si è evoluto in altri mercati. Ci aspettiamo che il consumatore indiano si diriga verso l’olio extra vergine di oliva nel momento in cui svilupperanno un gusto per l’olio di oliva.

- Come mai l’India intende investire anche in maniera autonoma sulla produzione d’olio d’oliva? E’ per ragioni di puro business o vi sono altre motivazioni?
L’India ha una tradizione di grandi imprenditori. Quindi era inevitabile che noi investissimo su un prodotto il cui consumo fosse in crescita. L’India ha importato circa 1.500 tonnellate di olio di oliva nel 2006 e 2.300 nel 2007 con un tasso di crescita del 53%. La crescita è dovuta principalmente allo sviluppo del suo utilizzo come olio edibile. Si vedano i dati della tabella seguente:



Nel 2010 ci aspettiamo una domanda di circa 25.000 tonnellate. Nell’anno 2012 ci aspettiamo che lo domanda cresca fino ad oltre 42.000 tonnellate. Questa è la misura del mercato che merita una considerazione molto seria da parte dei nostri imprenditori per investire.
Comunque non ci aspettiamo che il livello delle importazioni possa scendere anche se un domani dovesse incominciare una produzione in India. Facendo tesoro dell’esperienza maturata da altre nazioni, continuano a coesistere sia i prodotti locali che quelli importati negli scaffali del dettaglio commerciale. C’è quindi un consumatore per entrambe le tipologie di prodotto. Naturalmente occorre tenere presente che ci vorrà un po’ di tempo per noi affinché si riesca a raggiungere la qualità di più esperti produttori di olio di oliva oltre che per raggiungere le economie di scala e quindi i più bassi costi degli altri Paesi produttori. Si tenga inoltre presente che ci vorranno dai 5 ai 6 anni prima che potremmo essere in grado di entrare in produzione. In ogni caso ritengo che una produzione indiana, sia necessaria e che abbiamo incominciato nel momento giusto.

SEGUE…

Dobbiamo un ringraziamento a Massimo Occhinegro per la sua opera di intermediatore e di traduttore nei nostri rapporti con VN Dalmia