L'arca olearia

L’olivicoltura italiana scopre il rame, ma Italia e Ue hanno posto dei limiti

Utilizzato soprattutto contro talune patologie fungine e batteriche, oggi è in auge anche per contrastare la mosca delle olive. Si moltiplicano i trattamenti a base di prodotti cuprici ma occorre non esagerare

19 aprile 2008 | Alberto Grimelli

I trattamenti a base di idrossido di rame, ossicloruro di rame o di poltiglia bordolese nell’olivicoltura tradizionale erano confinati in due momenti ben precisi: la primavera e l’autunno.

Il rame è certamente il principio attivo che, nelle sue diverse formulazioni, soddisfa maggiormente le aziende olivicole per il contenimento delle principali patologie fungine e batteriche.
Valido ed efficace, può essere liberamente acquistato, senza necessità di patentino fitofarmaci, ed è liberamente utilizzabile anche in agricoltura biologica.

Come detto il rame viene principalmente utilizzato in primavera e in autunno, allorché si concentrano gli attacchi del cicloconio (occhio di pavone) e di altri funghi (lebbra, piombatura…) e del batterio responsabile della rogna dell’olivo (Pseudomonas syringae var savastanoi).

Tra quelli citati il patogeno contro cui si agisce con una strategia mirata è certamente il cicloconio e usualmente si considera che gli eventuali interventi contro questa patologia esercitano un controllo anche sulle altre.
La difesa contro il ciclonio viene condotta in maniera piuttosto sistematica, specie nelle aree più umide e per le varietà (Frantoio, Nocellara del Belice, Ogliarola) più suscettibili alla malattia. La strategia di difesa prevede l’esecuzione di un intervento in inverno, prima della ripresa vegetativa, per favorire la caduta delle foglie infette seguito da un secondo trattamento circa 15 giorni prima della fioritura e da un’ulteriore irrorazione nel periodo autunnale. Questi trattamenti vengono normalmente attuati con concentrazioni di 250 gr/hl.
Considerando che con un atomizzatore normalmente occorrono 4 hl di acqua per ettaro, ne consegue che, per ogni trattamento, la quantità di rame impiegato è pari a 1 kilogrammo per ettaro. Un dato solo all’apparenza insignificante, come vedremo.

Recenti esperienze hanno fatto intravedere la possibilità di utilizzare il rame, almeno come coadiuvante, nella lotta contro la mosca delle olive. Risultati interessanti, in particolare per l’agricoltura biologica che non può utilizzare i tradizionali principi attivi chimici di sintesi.
Pare infatti che dei trattamenti rameici ripetuti possano ridurre la popolazione batterica simbionte della mosca delle olive, indispensabile soprattutto nelle fasi larvali. E’ infatti noto da diversi anni che le larve del dittero vengano aiutate, per la digestione della polpa delle olive, da alcuni batteri presenti sia sul filloplano che instaurano con la mosca delle olive una simbiosi mutualistica. Riducendo quindi la popolazione batterica presente si aumenta la mortalità dei primi stadi di sviluppo di Bactrocera oleae.
Ovviamente in presenza di severi attacchi il rame da solo risulta largamente insufficiente a contenere l’infestazione, ma può essere un valido supporto ad altri metodi di lotta ecocompatibili (mass trap…), specie se i trattamenti cuprici vengono eseguiti tempestivamente (anche con infestazioni < 5%) e ripetuti nel tempo, specie dopo eventuali piogge.

L’olivicoltura sta dunque riscoprendo il rame proprio in un momento in cui l’Italia e L’Ue stanno mettendo paletti e limiti al suo utilizzo.

Effetti negativi e collaterali del rame
Il rame è un metallo pesante che, accumulandosi nel suolo, può favorire la mortalità della microfauna terricola; tale rischio è maggiore nei suoli acidi.
L’effetto deprimente sull’attività dei microrganismi del terreno induce una sensibile riduzione del processo di umificazione. Il rame, inoltre, può provocare danni alle popolazioni di molti insetti utili (coccinellidi, crisope, imenotteri, acari fitoseidi).

Non è tossico per le api, ma lo è per i pesci.

Per quanto riguarda l’uomo il rame, di solito adsorbito con gli alimenti, si deposita soprattutto nel fegato, che lo trattiene anche a scopo protettivo. L'intossicazione acuta avviene di solito per ingestione di cibi o bevande contaminati e provoca sintomi gravi.
Vi è però anche una tossicità cronica da rame che produce sintomi meno evidenti almeno all'inizio, ma il suo perdurare può provocare lesioni epatiche.

Un freno all’uso del rame in agricoltura
Essendo nota la tossicità del rame nei confronti dell’uomo, degli animali e dell’ambiente, alcuni Paesi del Nord Europa e la maggior parte delle associazioni biologiche europee iniziarono a esercitare forti pressioni sulle autorità politiche già negli anni 1990 affinché queste ultime mettessero a punto provvedimenti per limitarne l’impiego.

In questa logica con la pubblicazione del Reg. (CE) 473 del 2002, il legislatore europeo ha iniziato a porre vincoli nei confronti del rame per quanto riguarda sia le formulazioni, sia la quantità utilizzabile per unità di superficie.

In particolare, da 1 gennaio 2006, l’impiego di rame per anno non potrà superare i 6 Kg/ha.
Precisiamo subito che si fa riferimento al rame metallo presente nei diversi prodotti e riportato in etichetta (grammi o g/L) e non al prodotto commerciale tal quale.

Conclusioni
I limiti imposti dall’Ue potrebbero anche, dopo il 2010, essere riveduti al ribasso.
Cosa implica questo per l’olivicoltura?

Se per ogni trattamento la quantità di rame impiegato è di circa 1 Kg/ha di prodotto commerciale. Considerando che molti prodotti commerciali hanno una percentuale di principio attivo (Cu) del 50%, significa che per ogni intervento, a dosi standard, distribuiremmo 0,5 Kg di rame.
Sarebbero quindi 12 i trattamenti a disposizione dell’olivicoltore.
Considerando tuttavia che, in molti casi, si utilizzano concentrazioni di prodotto superiori (ad esempio prima della ripresa vegetativa) è più realistico pensare di disporre di 9-10 trattamenti rameici durante un’annata.