L'arca olearia
Potatura olivo: ciò che devi sapere per non sbagliare
Potare un olivo serve a mantenere la struttura e ottenere la massima produttività tutti gli anni. I trucchi e i segreti per la potatura dell'olivo
09 febbraio 2024 | R. T.
La potatura dell’olivo rappresenta una delle più antiche tecniche colturali in olivicoltura.
Veteris proverbi meminisse convenit eum, qui aret olivetum rogare fructum, qui stercoret exorare, qui caedat cogere.
A proposito di potatura olivi, nel suo libro De re rustica (libro V, capitolo IX) Columella cita un vecchio detto: “chi ara l’oliveto chiede il frutto, chi lo concima prega di darlo, chi lo pota costringe a darlo”
Quindi sono sempre state almeno tre le operazioni colturali annotate nei trattati di agricoltura ante litteram: lavorazione del suolo, concimazione e potatura. Proprio la potatura dell’olivo assurge a tecnica decisiva quando si afferma che costringe a dare frutto, ovvero a dare le olive.
Nel corso dei secoli sono stati molti i tecnici e gli scrittori che, sulla base di una visione per lo più empirica, hanno fornito indicazioni sulla potatura ulivo. Raramente, però, le indicazioni sono state raggruppate in una visione d’insieme come invece ha fatto il Prof. Alessandro Morettini ne Olivicoltura, edito da Reda (Ramo Editoriale degli Agricoltori) nel primo Dopoguerra, risalendo la prima edizione al 1950.
Alcuni dei principi della potatura dell’olivo declinati dal Morettini costituiscono capisaldi validi ancor oggi, quantunque dimenticati o comunque relegati in secondo piano, alla ricerca di indicazioni tecniche di pronto uso. E’ bene invece ricordare queste basi, che serviranno successivamente a indirizzare nelle scelte pratiche di fronte alla pianta.
Le operazioni di potatura “si propongono di esaltare la capacità funzionale dell’olivo ai fini di accentuarne la fruttificazione. Se si considera in qual modo l’albero si nutre, si accresce e compie le sue funzioni, ci si rende conto che si influisce in modo notevole sul rendimento modificando il numero o l’entità dei singoli rami con le operazioni cesorie, la loro disposizione nello spazio rispetto alla luce e i loro rapporti reciproci con il tronco, variando, inoltre, opportunamente, la forma della chioma.”
Nelle due frasi del Morettini c’è l’essenza della potatura di produzione, intesa come operazione volta alla fruttificazione. Certo, oggi la potatura dell’olivo ha anche altri connotati, soprattutto economici, volti a massimizzare l’efficienza e l’efficacia anche di altre operazioni colturali, prima di tutto la raccolta ma anche la difesa.
Principi di potatura dell'olivo (potatura di produzione)
Quanti tipi di potatura olivo? I principi o capisaldi della potatura di produzione dell'olivo sono sempre gli stessi e indipendenti dalla forma di allevamento scelta:
- rispetto della forma di allevamento e dello scheletro della pianta
- riduzione della dimensione dei rami secondari e della massa legnosa, rispettando la forma di allevamento
- mantenimento dell’equilibrio vegeto-produttivo, lasciando abbastanza rami per la fruttificazione ma anche abbastanza spazio per la crescita di nuova vegetazione
- mantenimento di una superficie fogliare compatibile con il volume della chioma e la probabile estensione/volume radicale
- disposizione dei rami secondari equilibrato lungo l’asse principale (monoconi-monocauli) o lungo le branche principali (forme a vaso), sia spazialmente sia per dimensione (dal più leggero/piccolo nella porzione alta della chioma fino ai più grandi/pesanti/strutturati nella porzione basale della chioma)
- garantire adeguati arieggiamento e illuminazione della chioma
- garantire il corretto funzionamento di ogni ramo della chioma in ragione della posizione e del ruolo (sink/source)
- garantire una buona trasmissione delle vibrazioni per macchine scuotitrici/vibranti/abbacchiatori
- garantire che il flusso di mezzi di difesa fitosanitaria (tipicamente atomizzatori) possa raggiungere tutte le parti della chioma
- garantire l’economicità e la sicurezza delle operazioni di potatura
Si tratta di una sorta di decalogo (potatura olivo) dove ciascuna regola non ha maggiore importanza delle altre e tutte devono essere ugualmente rispettate.
Come potare olivo: applicare le regole
Cerchiamo dunque di declinarle nella tecnica di potatura ulivi di campo che, possibilmente, deve essere eseguita da terra con svettatoi o potatori/forbici/motoseghe elettriche montate su aste telescopiche. L’uso di tali mezzi, oggi sempre più precisi e funzionali, permette da un lato di garantire la sicurezza degli operatori, che non devono salire su scale o direttamente sull’albero ma anche, impratichendosi, dell’economicità, limitando l’intervento cesorio nel limite dei 10-15 minuti a pianta a seconda delle dimensioni e della condizione dell’albero.
La pre-potatura con barre falcianti o dischi non rappresenta la soluzione definitiva ma solo un mezzo per raggiungere lo scopo del mantenimento dell’equilibrio vegeto-produttivo e di una superficie fogliare compatibile con l’olivo. E’ da considerarsi, similmente a quanto accade per la vite, una pre-potatura perché richiede, comunque e come minimo, l’intervento del potatore per la regolazione della massa legnosa, la disposizione dei rami secondari, l’arieggiamento. La precisione/regolazione della barra falciante è utile al fine soprattutto di ridurre gli interventi cesori manuali fino a 2-4 ore/ha che oggi vengono considerati il minimo indispensabile per una potatura semi-meccanizzata adeguata dell’olivo che ne possa garantire la vita e produttività per un periodo lungo.
Una delle maggiori difficoltà per i potatori è prendere confidenza con il fatto che ogni organo e struttura dell’albero ha una propria funzione, quindi deve avere una propria disposizione e angolo di inserzione sulla struttura primaria dell’olivo. Ci sono rami che sono un sink (attirano nutrienti e assimilati) e rami che sono source (sono fonte di assimilati). Tipicamente i rami più giovani sono source mentre i rami più grandi sono sink. Rami verticali sono tipicamente dei sink, rami orizzontali diventano tipicamente dei source. Le olive sono degli attrattori di risorse (nutrienti e assimilati). Questo significa che i rami fruttiferi devono avere un grado di inserzione orizzontale perché possano essere delle fonti di nutrienti delle olive. Il grado di inserzione però non dovrebbe essere eccessivamente orizzontale per garantire una buona trasmissibilità della vibrazione degli scuotitori. Tipicamente si considera che un grado di inserzione intorno ai 45 gradi sia ottimale per entrambe le funzioni. La punta dell’albero è un sink naturale che serve quindi ad attirare nutrienti fino alla cima perché possano essere distribuiti più uniformemente all’intera chioma. Ovviamente, non necessariamente la punta dell’albero deve essere definita con una vettuzza fine (anche chiamata coda di topo in alcune regioni), l’importante è che sia sufficientemente giovane e verticale per assolvere il ruolo di sink. La capitozzatura dell'olivo tal quale è dunque da evitare.
Gli ormoni vegetali esercitano il controllo della destinazione e ripartizione degli assimilati, delle risorse idriche, minerali e nutrizionali, determinando l’entità e le modalità di crescita dei diversi organi e quindi dell’intera pianta. Le auxine, le giberelline e le citochinine svolgono un ruolo positivo nell’attivazione dei sink e di conseguenza influiscono sullo sviluppo vegetativo e riproduttivo. La potatura, riducendo il numero di meristemi (gemme apicali in accrescimento) e dei siti della sintesi ormonale, modifica il bilancio con fluttuazioni più o meno accentuate. E’ bene a tal proposito sapere che numerosi piccoli tagli stimolano più la formazione di nuovi germogli di pochi grossi tagli. Pertanto l’eliminazione di rami secondari grandi stimola meno l’accrescimento vegetativo rispetto all’eliminazione di un’equivalente quantità di branchette.
Naturalmente è importante che i rami secondari, ovvero i rami che si inseriscono direttamente sulle branche principali o sull’asse centrale, siano disposti in maniera uniforme lungo la branca, tenendo conto della capacità strutturale dell’albero. Questo significa che è bene lasciare rami più leggeri e di dimensioni minori sulla porzione alta della chioma e via via più grandi e pesanti nella porzione basale. Rami troppo grandi sulle parti alte, tipici per esempio delle forme di allevamento acefalo, obbligano a interventi negli anni sulle branche principali che andranno a piegarsi in maniera anomala. Generalmente tali rami di grandi dimensioni vengono lasciati poiché si ritiene che possano attrarre più nutrienti verso di sé, riducendo lo sviluppo in altezza dell’albero. In realtà, quello a cui si assiste è la formazione di numerosi rami assurgenti e verticali in competizione tra loro e per gli assimilati, che andranno ridotti o eliminati, con la conseguenza di aver sprecato energie importanti per l’albero. Rami troppo grandi, inoltre, sono generalmente anche piuttosto estesi, creando ampie zone di ombreggiamento nelle parti sottostanti della chioma. E invece una delle regole della potatura di produzione è favorire l’irraggiamento luminoso e l’arieggiamento.
Quando l’illuminazione della chioma scende sotto al 10-30% della massima irradiazione luminosa processi come la fotosintesi, l’accrescimento dei germogli ma anche la crescita e inolizione dei frutti, quindi processi collegati alla produttività della pianta, vengono sensibilmente ridotti.
E’ infatti noto che alte intensità luminose promuovono la differenziazione delle gemme a fiore e con valori di intensità luminosa minori al 30% della massima disponibile l’induzione a fiore non avviene o è molto ridotta. Oltre a questo è bene ricordare che è bene che le giovani figlie, quelle che si sviluppano nell’anno della potatura, ricevano la massima insolazione per tutto il loro ciclo di sviluppo fino all’età adulta. Le foglie sviluppatesi in condizioni di scarsa intensità luminosa, oltre a subire una riduzione dell’attività fotosintetica, rispetto alle foglie ombreggiate solo dopo il loro completo sviluppo, anche quanto riportate a una buona disponibilità luminosa non sono in grado di raggiungere una capacità fotosintetica pari a quelle cresciute in condizioni di buona illuminazione.
Occorre infine ricordare che condizioni di ombreggiamento prolungato, così come di scarso arieggiamento, possono favorire l’instaurarsi di fungi e parassiti.
Tipicamente anche una potatura dicotomica, che prevede continue biforcazioni dei rami secondari man mano che ci si sposta verso l’alto, porta a ombreggiamento e progressiva defogliazione delle parti basali. E’ infatti bene ricordare che la vita di una foglia di olivo arriva a tre anni ma, spesso, tende a cadere alla fine del secondo anno e questo è tanto più frequente tanto più la sua crescita avvenga in condizioni di scarsa illuminazione. La potatura dicotomica avrebbe, tra i suoi scopi principali, la riduzione del vigore dei rami per favorire il contenimento delle dimensioni dell’albero e la fruttificazione. In realtà si ha solo un apparentemente contenimento della vigoria con la produzione che si sposta progressivamente verso l’alto, con la necessità, dopo qualche anno, di interventi cesori importanti per ricostituire la chioma basale dell’albero.
Nell’eseguire tutte le operazioni citate occorre ovviamente tenere in considerazione l’intensità di potatura. Considerando il legno asportato la potatura si distingue in leggera, media e intensa, quando venga eliminato rispettivamente il 15%, 25-30% e 50% o più della vegetazione. Per stabilire la giusta intensità di potatura occorre considerare la risposta dell’albero alle potature precedenti. Una potatura troppo blanda non favorirà la nuova vegetazione che viceversa sarà eccessivamente favorita da una potatura severa. Con terreno molto fertile o abbondanti concimazioni è bene ridurre l’intensità di potatura e la verticalità dei rami. Se siamo in presenza di una varietà vigorosa è bene ridurre l’intensità di potatura, il contrario su una varietà poco vigorosa. Ovviamente l’intensità di potatura dipenderà anche dalle necessità dell’albero in termini di disposizione spaziale dei rami secondari e per favorire una buona illuminazione e arieggiamento.
Da questo punto di vista è quindi importante capire i segnali che fornisce la pianta, prima e dopo la potatura. I succhioni e i polloni, ovvero rami molto vigorosi e assurgenti, sono spesso la risposta della pianta a uno squilibrio aereo/radicale. Una potatura troppo severa obbliga l’olivo a reagire emettendo rami vigorosi, che possono crescere in breve tempo, ripristinando un’adeguata superficie fogliare. Generalmente vengono definiti succhioni i rami vigorosi che si sviluppano nella chioma o sulle branche principali e polloni quelli che si sviluppano dal piede della pianta.
Dall’illustrazione delle principali regole sulla potatura dell olivo, che pur non essendo esaustive forniscono un quadro completo, si evidenzia come le indicazioni non vanno lette singolarmente e disgiuntamente ma complessivamente e in maniera complementare.
Tecnica di potatura dell’olivo: cosa fare di fronte alla pianta
Quando ci si avvicina all’olivo da potare, prima di qualsiasi intervento, è bene fare un giro intorno all’albero, osservando lo scheletro, le branche principali e quelle secondarie, la loro disposizione spaziale e la loro vigoria, conformazione ed età (presenza di branchette esaurite o secche).
Una volta che ci si è fatti un’idea della conformazione dell’albero si può iniziare a intervenire su polloni e succhioni, eliminando soprattutto quelli più vigorosi e interni alla chioma. Questa operazione risulta anche necessaria per avere un’idea dello spazio (arieggiamento) della pianta.
A questo punto si comincia individuando la cima (asse unico) o le cime (vaso con branche principali). Le cime dovrebbero avere tendenzialmente la stessa altezza, conformazione e vigoria per non creare squilibri tra le branche principali. Questo significa che può risultare utile, in caso di dubbi, di lasciare più potenziali cime in una fase iniziale, intervenendo alla scelta finale solo una volta che i tagli principali sono stati eseguiti. Buona prassi è che la cima sia in continuità con la branca principale, senza troppe derivazioni, non sia eccessivamente vigorosa, sia verticale o lievemente inclinata (massimo 30 gradi) verso l’esterno della pianta.
Una volta individuata la o le cime, si possono iniziare gli interventi cesori veri e propri sulla chioma, dalla cima dell’asse principale e/o delle branche primarie. Si interviene inizialmente sullo scheletro, quindi eliminando i rami secondari esauriti, disposti in maniera errata, sovrapposti, dicotomici o comunque non conformi alle regole essenziali della potatura di produzione dell’olivo. Nella scelta dei rami secondari è bene preferire quelli meglio inseriti sulla branca principale e che offrono la maggiore vegetazione (foglie) con le minori diramazioni possibili, così favorendo la trasmissione delle vibrazioni per la raccolta.
Quando gli interventi più importanti sono stati portati a termine si interviene sulla vegetazione secondaria, accorciando eventuali rami secondari troppo esterni (tagli di ritorno), diradandoli, eliminando la vegetazione vecchia, di solito ben riconoscibile perché è la più interna e la più spoglia dalle foglie. E’ bene, nella gestione della vegetazione secondaria, eliminare i rami esauriti ma non quelli più giovani che si solito scaturiscono in maniera abbastanza verticale sul ramo secondario nell’area prossimale a quella produttiva. Quindi è bene evitare di “pelare” tutti i giovani rametti assurgenti, specie se lontani dalla branca principale, poiché saranno la futura chioma produttiva una volta che l’attuale andrà in esaurimento (rinnovo della vegetazione secondaria).
Generalmente, una volta completate tutte queste operazioni, è bene fare un nuovo giro intorno alla pianta per comprendere se si è raggiunto l’equilibrio richiesto dalla potatura di produzione. E’ bene però effettuare solo un colpo d’occhio, senza soffermarsi eccessivamente, per evitare tagli di rifinitura che potrebbero risultare inutili e antieconomici per la potatura per olive.
Quando potare l’olivo? La potatura dell’olivo in inverno ed estate
I momenti dell’anno in cui si può intervenire con tagli cesori sulla pianta (olivo potatura) sono essenzialmente due: la potatura secca alla fine dell’inverno o inizio della primavera e la potatura verde in estate. La definizione di potatura secca è impropria e di derivazione frutticola, indicando il momento di fermo vegetativo della pianta (quando in frutticoltura i rami sono spogli e appaiono secchi). L’olivo è un albero sempreverde pertanto non ha un vero e proprio fermo vegetativo, quanto una stasi con minori flussi linfatici e minore attività fotosintetica e di scambi gassosi.
La potatura invernale dell’olivo è quindi il momento principe per gli interventi cesori principali. E’ in questa fase che si operano i tagli principali sullo scheletro e sulla struttura dell’albero. Ovviamente il periodo preciso dipende da vari fattori, come l’epoca in cui è finita la raccolta delle olive, il rischio di gelate e/o di false primavere e in generale dalla correlazione con le altre operazioni colturali. Irrigazioni eseguite tardivamente, per preservare i frutti, possono indurre una stasi ritardata dell’olivo, così come concimazioni azotate autunnali. Un intervento precoce, in questi casi, può favorire un riscoppio vegetativo anticipato e un potenziale disequilibrio vegeto-produttivo. Una raccolta tardiva delle olive (gennaio-febbraio) può indurre una ritardata differenziazione delle gemme a fiore e una potatura precoce, magari durante la raccolta, può favorire la fase vegetativa, incrementando l’alternanza di produzione. L’epoca di potatura dell’olivo va sempre quindi considerata in ragione della fisiologia dell’albero, dell’andamento meteo-climatico e delle operazioni colturali sull’oliveto.
In estate la tradizione vuole che la potatura sia limitata alla rimozione dei polloni o succhioni dalla pianta. In realtà la potatura verde dell’olivo può avere molteplici funzioni, oltre a ridurre eventuali squilibri vegeto-produttivi creati con la potatura invernale. Interventi cesori sulla chioma, favorendo l’illuminazione, possono accelerare la maturazione delle olive, riducendo anche il fabbisogno idrico della pianta. Interventi simili, quando possibile, andrebbero però eseguiti con molta accortezza e attenzione, limitandoli allo stretto necessario, per evitare disequilibri.
Ogni quanto un ulivo è da potare? Il turno di potatura
La tradizione vuole che l’olivo vada potato tutti gli anni. La potatura annuale permette infatti una gestione molto ordinata e precisa dell’equilibrio vegeto-produttivo dell’olivo, senza interventi troppo drastici, in particolare sulla struttura secondaria dell’albero, spesso limitandosi a tagli di rinnovo o comunque a pochi interventi. E’ la classica potatura leggera dell’olivo. Dal punto di vista operativo ed economico, se si è operato adeguatamente negli anni precedenti, la potatura annuale potrebbe essere svolta in 5-10 minuti per albero, a seconda della sua dimensione. Spesso è l’organizzazione aziendale, oltre alla cronica mancanza di manodopera a rendere impossibile la potatura annuale dell’olivo, a favore di turni più lunghi.
La potatura biennale dell’olivo è la tecnica probabilmente oggi più diffusa. Consiste nell’intervento cesorio effettuato ogni due anni. Obbliga, ovviamente, a una tipologia di potatura media o medio severa, dovendo tenere conto dello sviluppo vegetativo di due stagioni di crescita. Dal punto di vista operativo ed economico la potatura biennale potrebbe essere svolta in 10-15 minuti per albero, a seconda della sua dimensione.
E’ possibile intervenire a cadenza poliennale, ogni tre, quattro o cinque anni? Senza considerare i vincoli della Politica agricola comunitaria ma solo di tipo agronomico, la potatura poliennale è possibile, purchè rientri in una strategia aziendale, pur piuttosto rischiosa. L’intervento poliennale infatti prevede sempre interventi cesori severi, con accentuazione dell’alternanza di produzione tipica dell’olivo. In una cadenza triennale, per esempio, al primo anno dopo la potatura si delega il rigoglio vegetativo, con bassa o nulla produzione, con il secondo anno in cui si avrà una produzione modesta/media e un rigoglio vegetativo medio, e il terzo anno con rigoglio vegetativo modesto e abbondante produzione. La media produttiva triennale dovrebbe e potrebbe essere comparabile con quella di cicli di potatura più brevi. Si tratta, tuttavia di una pratica rischiosa, poiché se nell’anno di massima carica avvengono fenomeni meteo-climatici avversi con impatto sulla produttività, l’intero ciclo di produzione triennale risulta economicamente compromesso.
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