L'arca olearia

ANCHE PER IL MONDO SCIENTIFICO E’ NECESSARIO UN PIANO DI INTERVENTO NAZIONALE. IL PERSONALE È RIDOTTO AI MINIMI TERMINI; IN MOLTI CENTRI NON SI RAGGIUNGE LA MASSA CRITICA, SI PERDONO COMPETENZE NON FACILMENTE RIMPIAZZABILI

Il pensiero di Enzo Perri: non perdiamo solo posizioni competitive sui mercati internazionali, non solo i nostri impianti invecchiano, diventando obsoleti, anche il mondo della ricerca perde pezzi. Malgrado tutto si va avanti. Molti i programmi di studio e di sperimentazione in corso, ma nonostante siano invocati nuovi investimenti, il futuro è nelle prossime leggi finanziarie. Ci saranno tempi bui?

07 luglio 2007 | Alberto Grimelli

E’ inutile nascondere che Teatro Naturale è fortemente preoccupato dallo stato della nostra olivicoltura, ancor più lo siamo dallo stato in cui versa la ricerca scientifica oliandola nel nostro Paese.
Le aziende, spesso di ridottissime dimensioni, non possono permettersi di fare ricerca, a mala pena oggi sopravvivono, quindi l’onere deve essere assunto, in toto, dal mondo scientifico, che però fatica, a causa di una cronica scarsità di mezzi e di personale.

Alla vigilia della prossima legge Finanziaria, abbiamo voluto fare il punto della situazione sullo stato della ricerca olivicola italiana con Enzo Perri, direttore del CRA – ISOL, meglio conosciuto come Istituto sperimentale per l’olivicoltura.

- Dal suo osservatorio privilegiato, quale ritiene sia l’attuale stato di salute dell’olivicoltura italiana? Quali le positività e quali le negatività?
Mentre nel mondo la quantità di olio di oliva prodotto ed i consumi sono in costante aumento, in Italia le produzioni segnano il passo e lo stesso “sistema olivo” è sempre meno competitivo nei confronti degli altri Paesi produttori. Le ragioni di un simile trend sono diverse e complesse, ma si possono sicuramente attribuire, ad esempio, agli impianti obsoleti che non rispondono adeguatamente alle pratiche colturali, alle dimensioni eccessive delle piante che spesso impediscono una raccolta precoce del prodotto, all’irregolarità dei sesti d’impianto che ostacola la meccanizzazione o ne riduce l’efficacia, allo scarso ricorso alla meccanizzazione ed al conseguente notevole impiego di manodopera che determina un alto costo di produzione, all’eccessivo immobilismo o agli errori commessi nella scelta delle cultivar o delle forme di allevamento, alla qualità delle produzioni, solo in parte classificabili nella categoria extravergine, alla carenze nel campo del marketing e, da un punto di vista generale, alla mancanza di una strategia nazionale condivisa dagli attori della filiera olivicolo-olearia, capace di promuovere l’intero comparto. Eppure in Italia sussistono condizioni di grande potenzialità per l’olivicoltura, legate alla grande ricchezza del patrimonio genetico esistente, e, quindi, alla possibilità di produrre una vasta gamma di oli tipici di pregio, ed anche alle condizioni climatiche di molte zone di produzione che permettono di ottenere oli extravergine di oliva con caratteristiche merceologiche, nutrizionali e sensoriali eccezionali. In ogni Regione esistono importanti varietà caratterizzate da elevate percentuali di acido oleico, da contenuti notevoli di composti antiossidanti e di sostanze con attività biologiche e, presumibilmente, farmacologiche, interessantissime.
Alla luce di queste considerazioni appare evidente come la pratica colturale della raccolta assuma un ruolo determinante nel perseguimento degli obiettivi primari relativi al miglioramento qualitativo ed alla riduzione dei costi della produzione. Infatti, considerato che le modalità di raccolta tradizionali incidono tra il 50 e l’80% sul costo della produzione e viste le difficoltà ed i costi di approvvigionamento della manodopera stagionale, la meccanizzazione della raccolta diventa inevitabile se si intende perseguire un’olivicoltura da reddito che assicuri il profitto ai produttori. La meccanizzazione della raccolta, ottimizzata dalla scelta delle macchine da impiegare e dalle forme di allevamento più idonee, rimane la tecnica più affidabile ed efficace per ridare competitività alla filiera.

- La ricerca olivicola, nel nostro Paese, eccezion fatta per rari e brevi periodi, non ha avuto quella vitalità e quei risultati che si sono registrati in altri Paesi. A cosa dobbiamo tali deficienze? Mancanza di uomini o di mezzi?
Da diciotto anni sono testimone oculare di ciò che è accaduto nell’ambito della ricerca olivicolo-olearia nazionale non solo perché in servizio presso un osservatorio privilegiato che è l’Istituto sperimentale per l’olivicoltura di Rende (CRA ISOL), ma anche grazie ai miei frequenti viaggi in Italia ed all’estero e, recentemente, perché direttore incaricato del CRA ISOL che ha raccolto umilmente l’eredità di Solinas ed è destinato a svolgere un ruolo fondamentale in questo momento storico che vede oramai realizzato definitivamente il passaggio dagli istituti di ricerca e sperimentazione del MIPAF al Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura. Proprio per questa ragione non condivido pienamente la tesi di coloro che, in questo momento, in modo semplicistico e, quindi, non del tutto corretto, sostengono che esisterebbe o persisterebbe una crisi diffusa della ricerca in olivicoltura-elaiotecnica in Italia. La realtà, come sempre, è più complessa e bisogna aver il coraggio di presentarla lasciando da parte campanilismi e sentimenti nostalgici. Le difficoltà dell’Istituto Sperimentale per l’Elaiotecnica, ad esempio, che certamente ha avuto un passato glorioso, sono dovute, principalmente allo “svuotamento di personale e competenze” che si è verificato in quell’Istituto, che ha perso molti dei suoi ricercatori senza che ci sia stato l’auspicabile passaggio di testimone e ricambio umano.
La difficile ed avversa congiuntura economica che sta ancora interessando l’economia Italiana ha sicuramente condizionato gli investimenti nel campo della ricerca negli ultimi venti anni, ma sono mancate, soprattutto, le azioni sinergiche, il coordinamento delle attività di ricerca applicata ed una strategia nazionale che fosse realmente al servizio della filiera olivicolo-olearia nazionale. In altri termini, malgrado l’opera eccellente di Mario Solinas, negli anni ’80 e ’90, la suddivisione artificiosa ed infelice della ricerca tra “olivicoltura” ed “elaiotecnica” ha comunque rappresentato un fattore negativo che ha frenato persino il finanziamento di progetti di respiro nazionale per molti anni, a causa di un conflitto o competizione tra i due istituti. Un fatto simile mai sarebbe potuto accadere in Spagna. Ed è proprio la Spagna che possiede una lucida regia sia a livello di governo centrale che di Junta de Andalucia, al contrario dell’Italia, ha concentrato le risorse economiche, meno cospicue delle nostre, e le ha rese sinergiche attraverso la ricerca applicata dell’Istituto de la Grasa di Sevilla, delle Stazioni Sperimentali dell’IFAPA, Jaen in primo luogo, in sintonia sinergica con le principali Università.
In Italia, il mancato varo di un progetto per la filiera olivicolo-olearia nazionale ed una lunga consuetudine di finanziamenti modesti, “a pioggia”, certamente ha contribuito a vanificare gli sforzi. Tuttavia, negli ultimi anni registriamo un’inversione di tendenza anche nel finanziamento dei progetti di ricerca da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Infatti, nel 2005 è stato finanziato il primo Progetto di ricerca, organico e di filiera, il Progetto Ricerca ed Innovazione per l’Olivicoltura Meridionale, che ho l’onore e l’onere di coordinare, che però, essendo finanziato con fondi CIPE, non ha potuto dare una risposta a tutte le esigenze di ricerca provenienti dalle diverse realtà olivicole della Penisola.
Oggi però, siamo arrivati ad un bivio: in seguito al susseguirsi di numerosi e recenti pensionamenti, il personale degli Istituti del CRA è ridotto ai minimi termini; in molti Centri ed Unità non si raggiunge la “massa critica”, si perdono competenze non facilmente rimpiazzabili. La situazione nelle Università e negli Istituti CNR è analoga.
Tuttavia, il mondo scientifico Italiano ha, in questi anni, ottenuto risultati molto interessanti ed originali e ideato, elaborato e proposto numerose innovazioni che però non sono sufficientemente conosciute, divulgate e trasferite alle imprese. Molte imprese italiane non hanno compreso l’importanza di queste innovazioni in campo tecnologico e biotecnologico, non investono nel campo della ricerca come potrebbero e dovrebbero e non sfruttano le nuove opportunità che l’UE offre alle piccole e medie imprese attraverso i bandi per la presentazione di progetti di ricerca applicata coordinati da esse. C’è, in Italia, una sorta di riluttanza diffusa o comunque difficoltà ad elaborare proposte di progetti di ricerca da parte di Enti, Università o Imprese nell’ambito dei programma quadro dell’UE, legata allo scetticismo, alla laboriosità, all’incertezza dell’esito e alle difficoltà di lingua.

- Recentemente si è avuta la riforma del CRA. Si è così finalmente posto rimedio a una condizione angosciosa che bloccava gran parte della ricerca agricola italiana. Quali sviluppi ci aspettano nel prossimo futuro?
Il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura è stato istituito nel 1999 ma è operativo solo dal 2004. Nelle prossime settimane, il nuovo consiglio d’amministrazione del CRA si insiederà e ratificherà l’istituzione dei nuovi Centri di ricerca e delle nuove Unità di ricerca. La filiera olivicolo-olearia nazionale potrà finalmente avvalersi del nuovo Centro per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia (C10), un Centro di ricerca di concezione moderna e adeguatamente attrezzato, nella sua sede scientifica di Rende e di Pescara, con strumentazioni e competenze provvidenzialmente complementari. Infatti, Rende, negli ultimi dieci anni, si è specializzata nell’applicazione di tecniche basate sulla spettrometria di massa, sulla biologia molecolare e sull’analisi sensoriale, mentre a Pescara sono ancora presenti competenze relative all’elaiotecnica, al servizio di revisione d’analisi sensoriale e alla risonanza magnetica nucleare. Il nuovo Centro continua ad avvalersi della Sede distaccata di Spoleto (già Sezione Operativa Periferica di Spoleto dell’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura di Cosenza) mentre, purtroppo, sarà soppressa la Sezione periferica di Palermo. Sono convinto che il nuovo Centro per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, se sapientemente diretto, diventerà il volano della ricerca applicata per la filiera olivicolo-olearia nazionale e luogo di dialogo privilegiato per l’elaborazione e verifica di una strategia nazionale per la filiera, condivisa da tutti gli attori.

- Lungo quali linee l’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura intende muoversi? Quali ricerche e sperimentazioni sono in corso e quali sono programmate nell’imminente futuro? L’Istituto vuole essere anche una guida strategica per l’olivicoltura italiana, ovvero vuole indirizzare l’olivicoltura e gli olivicoltori lungo una precisa direttrice?
Malgrado il numero esiguo di ricercatori, il CRA ISOL continua a condurre numerose ricerche e sperimentazioni attraverso le sue articolazioni attuali di Rende, Spoleto e Palermo, soprattutto al servizio del MIPAAF, del MIUR e delle Regioni olivicole Italiane. Le ricerche in corso, in sintonia con la missione del Centro e con il Piano triennale dell’Ente, si possono suddividere in ordinarie e straordinarie. Esse, riguardano:
la descrizione morfo-bio-agronomica e molecolare delle varietà di olivo e la caratterizzazione dei loro prodotti (olio ed olive da mensa); il miglioramento genetico con tecniche tradizionali (incrocio, selezione varietale e clonale); la biologia dell’olivo; la propagazione e le tecniche colturali; la difesa fitosanitaria; la chimica degli oli; le olive da mensa; i sottoprodotti dell’industria olearia.
Negli ultimi anni, particolare attenzione è stata rivolta ad alcune ricerche riguardanti l’olivicoltura biologica e gli oli da agricoltura biologica, e la rintracciabilità sia dell’identità genetica del genotipo rispetto all’olio prodotto che dell’origine pedoclimatica degli oli. Tale interesse è stato coronato dal coordinamento e finanziamento di importanti progetti nazionali. In particolare, il sottoscritto è attualmente coordinatore dei sette progetti sull’agricoltura biologica finanziati dal MIPAAF con il bando del 2002.
Elaiografia e miglioramento genetico
L’elaiografia ed il miglioramento genetico rappresentano temi ancora di grande attualità ed importanza strategica per l’olivicoltura e l’elaiotecnica nazionale. Infatti, da un lato, l’erosione del germoplasma tradizionale richiede oggi un’azione di salvaguardia, conservazione e ricerca di fonti alternative di variabilità dei caratteri al fine di incrementare le produzioni, migliorarne la qualità ed acquisire nuove fonti di resistenza; dall’altra l’incerto numero di varietà in Italia e la presenza di numerosi casi di sinonimia ed omonimia rendono tali ricerche di grande attualità. Tali considerazioni rilanciano il ruolo delle varietà locali, tradizionali e minori per la loro diversità dal punto di vista geografico, genetico ed ecologico. Per l’olivo la valutazione e la definizione del vasto patrimonio genetico italiano non è ancora ad uno stadio soddisfacente. L’attività di identificazione e descrizione delle numerosissime cultivar, infatti, deve essere razionalizzata, intensificata e resa più organica con l’ausilio di tutti i metodi oggi disponibili. L’Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura da anni ha avviato un lavoro di raccolta e caratterizzazione con metodi morfologici, chemiometrici, biometrici, biochimici e molecolari di cultivar ed accessioni di olivo italiane sia note che minori e tradizionali. In particolare, in questi ultimi anni, ha rivolto la sua attenzione alla individuazione e valorizzazione del germoplasma olivicolo di diverse Regioni italiane, in parte rappresentato presso il grande campo collezione che l’Istituto ha realizzato in questi ultimi quindici anni a Mirto Crosia.
Il miglioramento genetico dell’olivo con le tecniche tradizionali degli incroci controllati è reso arduo dalla lunga fase giovanile che caratterizza tale specie. Per questo motivo esso è poco praticato dai ricercatori. Analogamente, la difficoltà di induzione della morfogenesi, dell’organogenesi e della rigenerazione della pianta mediante tecniche in vitro ha di fatto reso impraticabile il miglioramento genetico con tecniche basate sulle moderne biotecnologie. Di conseguenza, molte ricerche sono circoscritte al miglioramento genetico mediante selezione di individui o presunti cloni con caratteri migliorativi rispetto a quelli dello standard della cv-popolazione corrispondente.
I titoli delle ricerche ordinarie ancora in corso, anche se prive per quest’anno di finanziamento da parte del CRA, che sono classificabili all’interno di quest’area sono i seguenti:
1/90 Identificazione e valorizzazione delle Varietà di Olivo italiane;
3/90 La resistenza dell’olivo agli stress biotici ed abiotici ed isolamento di piante tolleranti;
1/01 Selezione, descrizione e valutazione di vecchie e nuove varietà di olivo.
Accanto alle ricerche ordinarie, ve ne sono altre straordinarie, nel seno che sono finanziate non dal CRA, ma da altri Enti, Istituzioni o Imprese. Tra queste ricordiamo:
Certificazione volontaria del materiale di moltiplicazione vegetale dell'olivo;
Programma interregionale “Biodiversità”
Programma di Assistenza Tecnica e Divulgazione 2004-2006 Ispettorato Provinciale Agricoltura di Brindisi, Regione Puglia
Selezione, valutazione e valorizzazione di materiale genetico nell'ambito della popolazione olivicola marchigiana
Progr. triennale 2004-2006 Convenzione MIPAF/CRA Implementazione nazionale Trattato Internazionale risorse fitogenetiche FAO per l'alimentazione e l'agricoltura
Zonazione dell’olivo in Umbria per la produzione di oli varietali
Salvaguardia e valorizzazione degli olivi antichi per la promozione dell’olio e del territorio in Umbria.
Biologia dell’olivo
Attualmente a tale argomento afferisce una sola ricerca ordinaria che riguarda lo studio delle micorrize dell’olivo.
Propagazione e tecniche colturali
Le diverse tecniche di propagazione dell’olivo sono ormai ampiamente diffuse in tutti gli ambienti olivicoli italiani e non solo, mentre ancora stenta a diffondersi a livello vivaistico la propagazione in vitro di questa specie. Le ricerche, infatti, sulla possibilità della micropropagazione dell’olivo sono relativamente recenti, soltanto in questi ultimi anni sono stati messi a punto, per alcune varietà, protocolli efficienti ed è stato dimostrato che le piante prodotte sono simili a quelle ottenute con tecniche più tradizionali e non manifestano differenze nell’architettura, nella morfologia, nella produzione, risultando geneticamente uguali alla pianta madre. Non tutte le cultivar però rispondono con livelli di produzione e costi idonei per il settore commerciale, limitando il trasferimento di questa tecnica al mondo dell’imprese. La possibilità invece di ottenere in tempi brevi un elevato numero di piante utilizzando poche piante madri selezionate consentirebbe, a livello vivaistico, di rispondere alle esigenze del mercato nazionale e soprattutto a quello internazionale. Molti Paesi, anche non tradizionalmente olivicoli, in questi ultimi anni stanno impiantando, per le ben note caratteristiche nutrizionali del prodotto (soprattutto olio), estese superfici ad olivo ma impongono un periodo di quarantena del materiale importato rendendo ardua e difficoltosa la commercializzazione delle produzioni vivaistiche italiane ottenute con le convenzionali tecniche di propagazione. Quindi, risulta di estremo interesse scientifico e tecnologico migliorare, ampliare ed applicare questa biotecnologia ad un più ampio numero di cultivar.
In Italia, un reale recupero di produttività dell’olivo potrà essere ottenuto solo con il superamento dei tradizionali sistemi di coltivazione a favore di tecnologie moderne, iniziando dai metodi di moltiplicazione delle piante fino alla realizzazione di nuovi oliveti ad elevata densità di piantagione, con elevata produttività, limitato impiego di manodopera e tolleranza alle maggiori avversità biotiche ed abiotiche. Le scelte di cultivar da impiantare e del sistema di raccolta da adottare sono prioritarie a tutte le altre e tali da condizionare il risultato economico dell’impresa poiché incidono, in modo decisivo, su quantità e qualità della produzione e sulla formazione dei costi. La scelta varietale condiziona anche la composizione chimica dell’olio e, di conseguenza, le sue caratteristiche sensoriali. In un mercato sempre più globalizzato, un olio con qualità certificata e garantita (DOP) o con peculiari caratteristiche compositive (tipico), può essere più facilmente collocato presso le migliori fasce di consumatori. Gli olivicoltori italiani sono favoriti nella gestione del settore commerciale dell’olio di qualità tipica, per la disponibilità di un elevato numero di genotipi (oltre 500), che non hanno riscontro in nessun altro Paese olivicolo, dalla cui coltivazione sembra ipotizzabile la produzione di oli qualitativamente differenti (DOP e tipici), adatti alle attuali necessità di mercato.
Per migliorare sia l’aspetto economico che quello qualitativo dell’olivicoltura si dovrebbe, quindi, disporre di una nuova coltura circoscritta ad ambienti “vocati”, completamente meccanizzabile, con piante di ridotte dimensioni allevate in condizioni d’intensificazione colturale. Tale modello di coltivazione è basato sulla limitata capacità di crescita degli alberi, sull’elevata densità di piantagione, sulla precoce entrata in produzione degli oliveti, sull’elevata e costante produttività, sulla resistenza alle principali avversità e sull’impiego di macchine per la raccolta delle olive. Questo nuovo scenario, necessitando della tradizionale piattaforma varietale, trova nell’assenza di genotipi adatti il principale ostacolo al suo conseguimento. Infatti, è tuttora difficile ottimizzare il complesso rapporto tra le caratteristiche vegeto-produttive delle piante di molte delle varietà tradizionali, le caratteristiche delle macchine per la raccolta dei frutti e le attuali esigenze agronomiche e di mercato. Allo stato attuale, quindi, il miglioramento genetico dovrebbe concentrarsi sulla selezione di portinnesti capaci di modificare il comportamento agronomico del nesto poiché non è più pensabile una diffusa riconversione varietale che privilegi pochi nuovi genotipi.
Per quanto concerne la Propagazione e le tecniche colturali, i titoli delle ricerche ordinarie in corso sono i seguenti:
1/88 Studio dei problemi agronomici dell’irrigazione dell’olivo e prove di fertirrigazione
4/91 Resistenza dell’olivo all’acqua salmastra
3/93 Prove di inerbimento nell’oliveto
1/03 Confronto tra forme di allevamento in olivicoltura
1/04 Micropropagazione dell’olivo
1/88 Studio dei problemi agronomici dell’irrigazione dell’olivo e prove di fertirrigazione
4/91 Resistenza dell’olivo all’acqua salmastra
3/93 Prove di inerbimento nell’oliveto
1/03 Confronto tra forme di allevamento in olivicoltura
1/04 Micropropagazione dell’olivo
Difesa fitosanitaria dell’olivo
Le ricerche relative alla difesa riguardano lo studio della biologia e della lotta a Bactrocera oleae (mosca delle olive), per l’aspetto entomologico, e Spilocea oleagina (occhio di pavone),e le principali malattie dell’olivo, per l’aspetto fitopatologico.
Nel settore entomologico già da diversi anni il CRA ISOL è impegnato in ricerche attinenti la difesa fitosanitaria dell’olivo in relazione ad applicazione di metodi e sistemi innovativi ed ecocompatibili. Anche nello specifico settore dell’olivicoltura biologica, negli ultimi anni sono stati sperimentati alcuni principi attivi compresi nella normativa che la regola; in particolare sono stati saggiati il piretro (insetticida naturale) ed il silicato di sodio (repellente) nel 1997 e 1998, il rotenone (insetticida naturale) dal 1998 ad oggi e la azadiractina (regolatore di crescita) dal 1999 ad oggi. I primi due principi attivi (piretro e silicato di sodio) non hanno mostrato efficacia di azione contro le infestazioni di B. oleae. Il rotenone e la azadiractina, impiegati contro lo stesso fitofago, hanno evidenziato un buon livello di contenimento delle infestazioni, queste ultime mantenutesi, in seguito ai trattamenti, entro limiti compatibili con l’ottenimento di un prodotto (olio) di qualità. Tuttavia non è ancora noto l’impatto ambientale che queste molecole provocano nell’ecosistema, soprattutto in relazione ai rapporti biocenotici tra parassiti e antagonisti naturali. Inoltre il rotenone, impiegato sotto forma di estratto di Derris elliptica, ha mostrato allarmanti livelli di residui nelle olive e nell’olio, anche 12 giorni dopo il trattamento.
L’ISOl da un decennio svolge ricerche sull’impiego di metodi biotecnici, mediante cattura massale di B. oleae. Dalle prove iniziali (1990), effettuate con mezzi rudimentali (tavolette in truciolare immerse in una soluzione con insetticida di contatto ed innescate con attrattivi alimentari e sessuali). Tale metodo ha compiuto notevoli sviluppi, con conseguenti migliori risultati sul piano dell’efficacia e dei costi, ed oggi può contare su nuove tecnologie costruttive ed applicative.
Nel settore della lotta agronomica ha svolto ricerche sulla ottimizzazione dell’epoca di raccolta di diverse cultivar in differenti ambienti, allo scopo di sfuggire gli attacchi autunnali del citato fitofago senza ricorrere ad alcun trattamento. Tale metodo è basato sulla rilevazione di alcuni dati fisiologici della pianta (inoliazione, peso del frutto, resistenza al distacco, cascola) per individuare il momento opportuno di raccolta (spesso anticipata) ed evitare le infestazioni autunnali, più pericolose e dannose. Nello stesso ambito di lotta agronomica ha svolto indagini sulla suscettibilità dei genotipi più importanti e diffusi nei confronti della “mosca”e dell’ “occhio di pavone”. Queste ricerche hanno evidenziato una correlazione esistente tra grado di attacco di B. oleae e presenza di oleuropeina nelle drupe. La maggiore presenza del glucoside, caratteristica legata al genotipo, inibisce lo sviluppo preimmaginale del dittero, con conseguente minore infestazione dei frutti. Ha inoltre svolto una notevole mole di ricerche riguardanti le correlazioni tra i diversi attacchi parassitari e la qualità dell’olio prodotto, fattori tra loro strettamente interdipendenti, soprattutto in relazione al livello di infestazione di B. oleae e di infezione di M. cladosporoides. Ha condotto specifiche ricerche sulla presenza di residui di fitofarmaci nell’olio dopo trattamenti con rotenone.
Nell’ambito della coltivazione convenzionale, sono state svolte numerose ricerche sulla possibilità di una più razionale lotta chimica alla mosca, con riferimento a nuove molecole impiegabili e sperimentazioni sulla drastica riduzione delle concentrazioni dei principi attivi già collaudati ed efficaci.
Una notevole attività, infine, ha riguardato i risvolti tossicologici conseguenti ai trattamenti. In particolare sono stati studiati i livelli di residui tossici presenti nel prodotto (olive ed olio) sia in relazione ai fitofarmaci chimici che ai biocidi naturali autorizzati in coltivazione biologica.
Nel settore fitopatologico desta particolare apprensione il diffondersi recente della verticilliosi, malattia in forte espansione soprattutto sulle cultivar più suscettibili. Ricerche sono stata effettuate negli ultimi anni circa l’epidemiologia e la lotta, dove interessanti risultati sono stati conseguiti mediante impiego di alcuni fitofarmaci (fosetil-aluminium, dodina e altri) somministrati tramite iniezioni al tronco. Anche sull’occhio di pavone ultimamente si sono compiuti passi avanti nella modulazione della lotta, riducendo le concentrazioni dei p.a. utilizzati nell’ambito di una maggiore salvaguardia ambientale. Per entrambe le fitopatie sono stati compiuti studi sulla diversa suscettibilità delle cultivar nei confronti degli attacchi di tali malattie fungine.
Il rinnovamento degli impianti olivicoli costituisce uno degli interventi fondamentali per lo sviluppo della olivicoltura meridionale e nazionale. Infatti, gran parte delle zone olivicole sono in condizioni di marginalità per natura ed orografia dei terreni, per varietà, per età avanzata degli alberi, per forma di allevamento, per distanze di piantagione, per difficoltà di meccanizzazione. In queste condizioni gli oliveti non riescono ad esprimere una elevata produzione e di qualità, ed una gestione economica e sostenibile, debbono perciò essere profondamente rinnovati.
Le ricerche ordinarie che afferiscono a quest’area di ricerca sono le seguenti:
2/91 Indagine sulla diffusione della tracheoverticillosi e del cicloconio. Studio dei meccanismi eziologici, ricerca di fonti di resistenza
3/94 Lotta integrata a Bactrocera oleae (Gmel.) con metodi alternativi impiegabili anche in coltivazione biologica
3/94 Lotta integrata a Bactrocera oleae (Gmel.) con metodi alternativi impiegabili anche in coltivazione biologica
Elaiochimica
Le ricerche che riguardano la chimica degli oli occupano un posto di rilievo nelle attività del CRA ISOL a causa del crecente interesse per le proprietà nutrizionali, sensoriali e salutistiche degli oli vergini di oliva, riconducibili alla loro peculiare composizione chimica. Tale interesse è giustificato dal valore aggiunto che queste sostanze possono fornire al produttore ed al confezionatore. In particolare, l’attenzione è oggi posta sulla frazione insaponificabile che, pur rappresentando dallo 0,5 al 2%, dell’olio vergine d’oliva, contiene numerosi composti che determinano le caratteristiche merceologiche, nutrizionali e sensoriali degli oli vergini d’oliva. L’interesse verso questi composti è crescente anche perchè alcuni di essi possono essere utilizzati come markers dell’origine degli oli e perché hanno notevole impatto sensoriale. Le sostanze fenoliche, idrofile degli oli vergini di oliva sono le molecole sulle quali si concentra il maggiore interesse dal punto di vista salutistico. Tali composti possiedono un ampio spettro di attività biologiche, importanti per la salute umana, che comprendono proprietà antiossidanti, antitumorali, antinfiammatorie, antinfettive e immunoregolatrici. Naturalmente, altri fattori che concorrono alla determinazione delle qualità salutistica e sensoriale degli oli di oliva vergine comprendono le tecniche agronomiche e la difesa fitosanitaria.
Il titolo della ricerca ordinaria riguardante la chimica degli oli è il seguente:
1/99 Rintracciabilità degli oli di oliva Italiani.
I titoli dei progetti straordinari sono invece i seguenti:
Sviluppo di sistemi di produzione di OLIo di oliva da agricoltura BIOlogica competitivi, sostenibili, tracciabili, sicuri e di alta qualità (OLIBIO);
Olivicoltura biologica (OLIVIBIO);
Valutazione di selezioni ottenute da incrocio per i caratteri vegeto-produttivi, qualitativi degli oli, delle drupe destinate al consumo diretto e di resistenza genetica ai parassiti (SEINOLTA);
Competitività del sistema olivo in Italia (COM.SI.OL);
Miglioramento delle proprietà sensoriali e nutrizionali di prodotti alimentari di origine vegetale relativi alla prima ed alla seconda trasformazione;
Verso un corretto rapporto fra acidi grassi delle serie omega-3 e omega-6 negli alimenti.
Olive da mensa e sottoprodotti dell’industria olearia
La produzione e trasformazione delle olive da tavola rappresentano un’importante realtà economica per molti paesi del Mediterraneo compresa l’Italia. Nel nostro paese i prodotti più tradizionali sono relativi alla produzione di olive deamarizzate per via fermentativa (deamarizzazione biologica). Le condizioni operative del processo non sono però standardizzate e questo comporta problemi legati sia alla sicurezza alimentare che alla qualità salutistica e sensoriale del prodotto. Gli aspetti della sicurezza sono riconducibili alla mancanza di efficienti sistemi di controllo della flora microbica spontanea che può comprendere sia microrganismi patogeni sia alcuni produttori di composti potenzialmente nocivi quali le ammine biogene. Gli aspetti della qualità salutistica sono da ricondurre alla composizione in sostanze fenoliche delle olive la cui concentrazione è legata ad aspetti agronomici quali la cultivar ed il grado di maturazione del frutto e tecnologici, relativi alla conduzione del processo di deamarizzazione per via fermentativa. Altro aspetto importante riguarda la gestione dei reflui relativi al processo di deamarizzazione che, a causa dell’elevata carica fenolica e salina, risultano essere molto inquinanti e rappresentano quindi un notevole problema nei confronti dello smaltimento.
Lo smaltimento ecocompatibile dei reflui di frantoio è un argomento di notevole importanza economica ed ambientale. In un’ottica di recupero di risorse e di sostenibilità dei processi produttivi, i reflui di frantoio possono essere efficacemente utilizzati come biomasse di elevato valore agronomico. Essendo costituiti da sostanza organica vegetale priva di metalli pesanti, inquinanti tossici ed organismi patogeni, costituiscono una preziosa risorsa nelle strategie di ripristino della fertilità organica dei suoli agrari, risolvendo potenzialmente anche il problema del loro smaltimento; la somministrazione dei reflui di frantoio nei suoli permette inoltre di ridurre gli input nutrizionali di sintesi, nei piani di concimazione degli oliveti.
Per quanto la normativa vigente consenta lo smaltimento dei reflui di frantoio sul terreno, rientrando questi ultimi nella classificazione degli ammendanti organici naturali, la letteratura riporta risultati contrastanti circa i benefici dell'applicazione dei reflui oleari "tal quali" sul suolo, anche in funzione delle modalità e delle dosi di somministrazione.
L'applicabilità dei reflui di frantoio al terreno è confermata da molti studi da cui risulta che la sostanza organica così apportata origina acidi umici simili a quelli normalmente presenti nel terreno, e frequentemente comporta incrementi di resa, particolarmente su olivo, vite e cereali.
Altri autori, invece, considerando il carico inquinante e l’effetto inibente sulla germinazione, sconsigliano l’uso agronomico delle acque di vegetazione, per l’alta concentrazione di sali minerali, l’acidità e la presenza di agenti fitotossici.
Prove di smaltimento in campo delle sanse umide hanno evidenziato un notevole miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del suolo, per una maggiore presenza di azoto, fosforo e carbonio organico. L’alta fermentescibilità dei reflui oleari suggerisce, tuttavia, il ricorso a semplici processi di stabilizzazione aerobica (compostaggio), eventualmente miscelati con altre matrici, al duplice scopo di ottenere un ammendante organico direttamente destinabile all’uso agricolo, e di risolverne potenzialmente il problema dello stoccaggio e dello smaltimento.
La sperimentazione eseguita in tal senso negli ultimi anni, tuttavia, non ha sempre prodotto risultati univoci, sia in ordine alla più opportuna metodica da seguire nel processo di compostaggio, sia in relazione alle matrici ligno-cellulosiche da aggregare al refluo, sia in rapporto alla economicità del processo, sia, infine, relativamente alle caratteristiche chimiche, biologiche ed agronomiche del prodotto finale.
Per quanto la tecnica del compostaggio di biomasse sia ormai definita, il CRA ISOL reputa necessario continuare a studiare, attraverso opportune prove sperimentali, le possibilità di trasformazione e di utilizzazione agronomica delle diverse tipologie dei reflui oleari, al fine di valutarne l’efficacia nutrizionale e la effettiva sostenibilità della metodica, nell’ottica di una maggiore ecocompatibilità dei processi produttivi agricoli.
In questo campo, le ricerche ordinarie sono le seguenti:
1/96 Lavorazione delle olive verdi con metodi alternativi;
1/02 Prove di compostaggio di reflui di frantoio;
mentre esiste un solo progetto straordinario denominato:
Innovazioni nella filiera delle olive da mensa (IFOM)

Infine, un cenno particolare merita il Progetto straordinario “Ricerca ed innovazione per l’olivicoltura meridionale” (RIOM), sia per l’importo del finanziamento accordato, sia per la completezza e complessità delle tematiche affrontate. Esso è stato promosso e finanziato dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali utilizzando fondi CIPE - Programma di sviluppo per il Mezzogiorno d’Italia: ricerca ed innovazione tecnologica (del. n. 17/2003, punto 1.1) – 2005-2007; a sostegno e per la promozione dello sviluppo delle Regioni ad obiettivo 1 (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna).
Il progetto ha l’obiettivo strategico di contribuire a migliorare la competitività del comparto olivicolo-oleario delle Regioni dell’obiettivo 1 attraverso interventi di ricerca, sviluppo e trasferimento dell’innovazione al fine di conseguire assetti produttivi compatibili con le prospettive di mercato. Pertanto, lo scopo generale del progetto è quello di promuovere ricerche per nuove e più approfondite innovazioni e conoscenze nei vari ambiti disciplinari che afferiscono all’olivicoltura e all’elaiotecnica che facilitino la ricaduta delle acquisizioni tecnico-scientifico nei confronti delle imprese e sviluppino sistemi di produzione di oli vergini di oliva più economici e competitivi, sostenibili, sicuri, tracciabili e di alta qualità, adatti alla realtà olivicola delle regioni meridionali, in grado di favorire lo sviluppo rurale e multifunzionale delle imprese olivicolo-olearie di queste regioni. L’ambizione è che i risultati del progetto siano propedeutici alla elaborazione ed alla adozione di nuovi provvedimenti legislativi, regionali e nazionali, e al varo di un Piano Olivicolo Nazionale che oggi più che mai è indispensabile per il rilancio degli investimenti, la redditività della coltura, l’affermazione degli oli italiani sui mercati internazionali e per l’occupazione nel comparto olivicolo.

- Come giudicate la prossima chiusura dell’Istituto per l’Elaiotecnica di Città Sant’Angelo (PE)? E’ un segnale di allarme che può coinvolgere anche il vostro Istituto? Vi sono in programma riduzioni di personale e di mezzi a disposizione dell’Istituto oppure, viceversa, si prevede un aumento degli investimenti e dei trasferimenti da parte dello Stato?
Le voci relative ad una presunta chiusura del CRA Istituto Sperimentale per l’Elaiotecnica di Pescara (CRA ISE) sono infondate. Infatti, il Piano di riordino territoriale del CRA, il cui testo è consultabile sul sito del CRA, prevede solo che il CRA ISE formi, assieme al CRA ISOL di Rende e Spoleto, il nuovo Centro per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, precisando ed indicandolo come “sede di pari dignità scientifica” rispetto a Rende.
Ch’io sappia, non sono programmate riduzioni di personale e di mezzi a disposizione degli Istituti ma, al contrario, sono da più parti auspicati ed invocati nuovi investimenti, soprattutto per il reclutamento di giovani ricercatori, tecnici e personale amministrativo. Naturalmente, però, ciò dipenderà dalle prossime leggi finanziarie e dalle disponibilità delle casse dello Stato.