L'arca olearia

Olivicoltori del Sud Italia, il vostro non è più olio extra vergine di oliva

Olivicoltori del Sud Italia, il vostro non è più olio extra vergine di oliva

Raccolta precoce, varietà e cambiamenti climatici mettono a rischio la classificazione di molti oli del Mezzogiorno che potrebbero diventare semplici oli vegetali. Si aspetta l'intervento di Bruxelles e del Consiglio oleicolo internazionale

04 febbraio 2022 | T N

Molti produttori sono alle prese con un problema drammatico: il loro olio non è extra vergine di oliva, non è neanche vergine o lampante ma semplicemente olio vegetale.

Tutta colpa di un parametro: gli steroli totali.

Si tratta di un parametro di purezza e, come tale, il non rispetto dei limiti riportati in normativa comporta una sola variazione della classe di apparenza per gli oli estratti dalle olive ma lo fa uscire, facendolo diventare un olio vegetale.

Non è infrequente, quest'anno, vedere analisi di oli con valori degli steroli totali inferiori ai 900 mg/kg, quando il limite è 1000 mg/kg. Lo sforamento del limite è facilmente risolvibile da confezionatori ed industriali in fase di blend. Non lo è per gli olivicoltori e i frantoiani, specie coloro i quali voglio produrre oli monovarietali, che hanno possibilità limitate per miscele con diverse origini e varietà.

Per approfondire il tema abbiamo interpellato Maurizio Servili, professore del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e ambientali dell'Università di Perugia.

- se un produttore trova che il suo olio ha steroli troppo bassi cosa può fare?
Purtroppo non ci sono molti interventi possibili: solo il blend con oli extravergini caratterizzati da valori degli steroli superiori ai 1000 mg/Kg per arrivare a ottenere la conformità oppure la vendita della partita a un commerciante che, allo stesso modo, dovrà eseguire una miscela per venderlo come extra vergine.

- basta quindi sforare questo singolo parametro?
Gli steroli totali sono un parametro di purezza, inseriti nella classificazione merceologica deli oli estratti dalle olive negli anni 1990, riguarda tutte le classi commerciali, ed è un indicatore di eventuali miscele fraudolente di oli vergini con oli di altra origine genetica (ex. semi), sottoposti alla desterolizzazione. Oggi è in realtà un parametro che ha perso una larga parte del proprio significato, per gli oli vergini extra, perché abbiamo come parametro per questa tipologia di frodi l’analisi degli stigmastadieni. Quest’ultimo è senza dubbio più sensibile ed efficiente nel segnalare l'adulterazione, ma il parametro degli steroli è rimasto immutato.

- non è allora possibile eliminare proprio il parametro?
E' possibile ma molto complicato visto che lo contemplano la normativa del Consiglio oleicolo internazionale (COI), quella dell'Unione europea ma anche le norme del Codex alimentarius. La questione è comunque in discussione al COI da circa tre anni. C'è chi ha proposto l'introduzione di un albero decisionale ma si tratta di una soluzione poco praticabile. Innanzitutto la continua introduzione di alberi decisionali rischia di far diventare i regolamenti delle foreste inestricabili, poi sarebbe di difficile applicazione data l’estensione dell’areale produttivo nel quale questa anomalia può manifestarsi che comprende di fatto l’intero Mediterraneo del nord. La soluzione più pratica, quindi, sarebbe quella di abbassare il limite.

- il problema resta, gli organi preposti purtroppo hanno tempi di reazioni relativamente lenti nell’ adattare le norme alle mutate condizioni produttive ed il prezzo ricade sugli olivicoltori
So che il Ministero delle politiche agricole italiano ha posto anche il problema a Bruxelles. Ma, come dicevamo, non è solo l'Italia interessata dal fenomeno. Valori di steroli bassi sono emersi anche in oli prodotti in Spagna e in Grecia a partire da cultivar tradizionali di tali Paesi.

- ma a cosa è dovuto questo sforamento del limite?
Tre fattori principalmente: raccolta precoce, cambiamenti climatici e adattamento della varietà ai suddetti cambiamenti climatici. Non necessariamente nell'ordine in cui li ho elencati. Non esistono studi scientifici completi sul tema, quindi è possibile solo fare delle ipotesi basate però sulla realtà dei fatti. In Italia ne siamo a conoscenza dall'istituzione della Dop Terra di Bari (ndr nel 1997 è stata registrata la Dop) poiché gli oli di Coratina hanno spesso valori di steroli totali sotto al limite normativo, ma oggi il problema sembra interessare anche la Nocellara del Belice, la Peranzana e forse l'Ottobratica. Non è più un fenomeno locale. Anche per questa ragione l'albero decisionale non può funzionare soprattutto perché alla variabilità genetica ed ambientale Italiana dobbiamo aggiungere quella Greca a Spagnola.

- mi sembra di capire che, per questa campagna olearia, gli olivicoltori e i frantoiani non possano aspettarsi novità. Come possono difendersi nella prossima?
Le armi a disposizione sono davvero poche, una potrebbe essere il ritardo nella data di raccolta ma non sempre funziona e soprattutto non è sempre applicabile. Pensiamo alle produzioni biologiche, ed è poi in contrasto con la ricerca dell’alta qualità. Abbiamo fatto di tutto, negli ultimi decenni, per applicare variabili agronomiche e tecnologiche volte al miglioramento qualitativo, tra queste anche l’anticipo della raccolta ed ora si assiste al paradosso che oli di assoluta qualità salutistica e sensoriale e di altrettanto assoluta genuinità, rischiano di essere declassati ad oli vegetali (altri oli diversi dall’oliva), perché risulterebbero contraffatti sulla base del valore degli steroli totali. Va in oltre osservato che il valore di 1000 mg/Kg venne fissato all’inizio degli anni novanta, facendo riferimento ad oli vergini che per variabili di produzione sia agronomiche che tecnologiche e condizioni ambientali di coltura dell’olivo, nulla hanno a che vedere con la situazione produttiva attuale. Il parametro è invecchiato ed andrebbe di fatto modificato.

- quindi il problema non è di oggi...
E' stato posto in evidenza qualche anno fa, ma sta esplodendo solo ora, anche perchè olivicoltori e frantoiani entrano sempre più nella GDO e vanno sui mercati internazionali. Spesso, in passato, l'analisi degli steroli non veniva neanche eseguita da olivicoltori e frantoiani perchè sicuri dell’origine e della purezza delle loro produzioni ma attualmente le cose sono cambiate e di fatto la problematica sta diventando pressante in quanto sempre più spesso GDO e importatori richiedono il referto del laboratorio su tutti i parametri del reg. 2568/91, quindi anche sugli indici di purezza, facendo emergere l'anomalia.

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Matteo Storelli

07 febbraio 2022 ore 17:30

Il problema degi oli anomali ha radici remote. Oli irregolari a livello normativo ma tuttavia “genuini secondo natura “ . La loro esistenza è stata ignorata per molto tempo e parzialmente riconosciuta negli ultimi tempi dai regolanti attraverso l’utilizzo degli alberi decisionali .Il legislatore di più non ha voluto o saputo fare. La loro natura anomala ha diverse origini : cultivar, clima sicuramente ma possono essercene altre. Gli organi di controllo hanno le mani legate, da parte loro rema un regolamento che non ammette dubbi di interpretazione . Un parametro fuori e si boccia pesantemente il campione definendolo per ciò che non è : altri oli vegetali per l’anomalia sterolica , olio lampante per il parametro K232 e via dicendo . Quando però c’è la possibilità di dibattito e la verità è per così dire nascosta da uno di questi parametri alterati bisogna far di tutto per far sì che questa venga fuori . La scelta principe risulta agire a livello preventivo tenendo sotto controllo tutti i parametri analitici in fase di produzione e ricorrendo successivamente a blend nei casi in cui sia possibile farlo . Nel caso malaugurato che uno di questi oli anomali by passi questa fase e finisca nella lente di ingrandimento dei controlli non bisogna strapparsi i capelli perché è sempre possibile difendersi secondo le indicazioni suggerite da prof Vujovic .L’aforisma secondo cui “la natura crea secondo le proprie leggi e non seguendo i regolamenti “ se sostenuto da comprovate evidenze scientifiche e rintracciabilità può risolvere il problema in sede di controversia riportando la questione nei propri contorni . Per alcuni parametri come betasitosterolo, acido eicosenoico e K232 esiste una discreta letteratura che può risultare risolutiva per risolvere controversie di questo tipo.

ALESSANDRA CERASO

06 febbraio 2022 ore 11:46

Buongiorno Signori,
pur con una laurea in Chimica che mi indurrebbe ad interagire sul piano tecnico , quale imprenditore agricolo ed olivicoltore, sento la necessità di porre la questione prevalentemente in relazione al serissimo problema della sostenibilità della nostra olivicoltura.
Questo potrebbe essere il colpo di grazia finale assestato dal binomio Burocrazia-Imbottigliatori (da non confondersi con i PRODUTTORI !) all'agricoltura oleicola. Tutti brillano per la totale inerzia ed il risultato negativo trova riscontro nel progressivo abbandono degli uliveti e nella crescente chiusura di tante aziende MA NULLA CAMBIA ! Il Ministero non svolge un'azione efficace e coerente con la preoccupante realtà dell'olivicoltura nazionale, Bruxelles ancora peggio, condizionata totalmente dal COI che, per i non addetti, in quanto “Comitato Oleicolo Internazionale” potrebbe essere considerato l'organizzazione che “tutela gli olivicoltori di qualità”, quando invece , a sua volta fortemente condizionato dalle multinazionali della Grande Distribuzione, tutela i soli industriali.
Ora questa singolare novità del valore totale degli steroli si aggiunge all'altra trovata del semaforo rosso o verde attribuito ai prodotti alimentari in funzione della percentuale di grassi contenuti che classificherebbe l'olio e.v.o. come alimento non sano !
Nessuno si domanda quanto a lungo possano sopravvivere gli olivicoltori seri continuando a lavorare in perdita senza aiuti concreti da parte del Governo, anche in caso di calamità naturali, senza essere protetti dalla concorrenza sleale di numerosi imbottigliatori che importano oli di qualità discutibile mettendoli sul mercato , con l'avallo del COI e delle norme comunitarie, con la stessa denominazione merceologica, "olio extravergine d'oliva" che DOVREBBE invece essere attribuita al solo olio veramente EXTRA V. Perchè non rivedere seriamente i parametri di classificazione (vedasi l'acidità limite oggi veramente generosa , anzichè arrivare al paradosso di penalizzare ulteriormente gli oli di qualità raccolti precocemente !!!).
Una rigorosa e più stringente revisione dei parametri e della denominazione merceologica potrebbe certamente contribuire ad una più trasparente e corretta classificazione dei prodotti consentendo al Consumatore una più chiara distinzione tra i prodotti offerti dal mercato, proteggendolo anche dalla straripante "pubblicità ingannevole" che trova il suo maggior sostegno proprio nei limiti della classificazione attuale che "troppi interessi" non vogliono modificare.
L’aspetto più grave è che la progressiva criticità della situazione, unità alla consueta “INERZIA E LENTEZZA” deI Governo e di Bruxelles, ha ormai cancellato la SPERANZA in un futuro migliore per la nostra olivicoltura.

Alfredo Marasciulo

05 febbraio 2022 ore 07:14

Purtroppo il valore degli steroli totali al di sotto del limite di legge non è l'unico problema. In oli prodotti soprattutto nelle fasi iniziali della campagna da olive pre invaiate si assiste spessissimo ad un valore di spettrofotometria al limite e/o fuori limite. In particolare il valore di K268. Tale fenomeno è molto frequente in olio di altissima qualità prodotti da olive perfette e con grande cura, ed a valori limite di spettrofotometria corrispondono invece valori bassissimi di perossidi, quindi appare evidente come la lettura dello strumento sia influenzata da qualcosa che non ha niente a che vedere con fenomeni di natura ossidativa.

alessandro vujovic

05 febbraio 2022 ore 03:15

Qualora gli Organi di Controllo contestassero al produttore questa anomalia del parametro "steroli totali", il produttore dovrebbe chiedere al Giudice l'intervento del Consulente Tecnico d'Ufficio per l'olio di oliva il quale avrebbe altri parametri di purezza su cui formulare un giudizio come gli stigmastadieni. Chiaramente relazionando con riferimenti bibliografici che possano avvalorare quanto ora riportato dal Prof. Servili. Poi è il Giudice che si esprimerà, caso per caso, su questa anomalia di un parametro, rispetto ai valori di riferimento, pur essendo un EVOO di qualità. Alessandro Vujovic CTU del Tribunale di Perugia per l'olio di oliva

Alfredo Marasciulo

05 febbraio 2022 ore 13:41

Gent.mo Professore, quanto lei sostiene è tecnicamente corretto ma di difficile realizzazione e dagli esiti incerti.
Io, piuttosto, suggerirei di invertire i termini della questione. Troppo rischioso (sia in termini economici che di eventuali conseguenze penali) aspettare una sanzione per poi fare ricorso, senza contare che il giudice potrebbe confermare la sanzione con ulteriore aggravio di costo.
La strategia migliore è analizzare preventivamente le partite di olio sfuso ed in caso di problemi effettuare blend con altre partite di olio extra vergine con i parametri a norma in modo tale da porre in commercio solo oli extra vergini di oliva in regola con i parametri chimici ed organolettici. Purtroppo anche questa strada non risulta sempre praticabile, ad esempio perchè un produttore potrebbe avere tutte le partite prodotte con problemi analitici. La storia insegna che lo stesso problema accadeva in passato con oli prodotti in precise zone geografiche aventi il betasito totale inferiore ai limite di legge o con problemi ad uno o più acidi grassi. Da quanto mi risulta le sanzioni arrivavano ed erano confermate dai tribunali. I cambiamenti nel clima, nelle pratiche di coltivazione e di trasformazione influenzano la composizione chimica dell'olio e la legge dovrebbe tenerne conto senza però aprire pericolosi spiragli a chi potrebbe approfittarne in maniera fraudolenta.

alessandro vujovic

05 febbraio 2022 ore 20:26

Gentile Prof Marasciulo, sono d'accordo che la soluzione più percorribile sia correggere i parametri con un evoo che possa compensare la discrepanza quantitativa. Certo quello che ho prospettato io per quei casi che, pur avendo un evoo di qualità, hanno problemi di valori fuori range, ebbene qui interviene il CTU come figura tecnica che può aiutare il Giudice che non ha una preparazione tecnica sull'argomento, ribadisco che sono soluzioni estreme. C'è tutta una bibliografia scientifica che spiega certe discrepanze dai valori di riferimento, ben distinti dall'insorgenza dei difetti o peggio ancora dalle alterazioni fraudolente. Come non è corretto avere parametri con riferimenti con maggiore variabilità perché potrebbero aprire pericolosi spiragli, come giustamente dice lei.